Autorevoli Cassandre Pensiero Londinese, vol. 4, n. 2, aprile-giugno 2002
Una parte dell’editoriale apparso sull’ultimo numero di PENSIERO LONDINESE pubblicato nel lontano Marzo-Aprile 2000 recitava come segue: Internet e le Borse Siate sinceri, in cambio di un accesso ad Internet rinuncereste alla vostra macchina? All'elettricità? All'aereo? Al telefono? Tutte le precedenti innovazioni tecnologiche non hanno quadruplicato il valore della capitalizzazione di borsa. Eppure oggi il valore di aziende quali DELL, CISCO, AOL supera individualmente quello delle maggiori cinque aziende automobilistiche mondiali messe insieme. In Italia Tiscali capitalizza più della FIAT! È ormai chiaro che tante aziende legate ad Internet vengono valutate su nient'altro che sul numero delle persone che vogliono comprare le loro azioni. Sono le azioni stesse ad essere diventate una commodity! Al riguardo c'è chi propone di introdurre dei criteri di valutazione massima delle azioni scambiate in borsa. Per esempio, un rapporto p/e post tax non superiore a 50 o, alternativamente, un massimo di cinque volte il valore totale delle vendite annuali. In questo modo, un'azienda “dot.com” dal fatturato annuale di 20 milioni US$ potrebbe raggiungere un valore massimo di 100 milioni e non di 7-8 miliardi US$, come accade oggi. Suona un po' dirigistico, ce ne rendiamo conto, ma potrebbe forse evitare il brusco disamoramento agli aspetti più “disruptive” dell'economia di mercato che si prepara per tanti cosi detti nuovi investitori! Noi non ambiamo ad essere considerati delle Cassandre. Ci piace però far notare che a differenza della stragrande maggioranza degli analisti (che hanno tanti diversi interessi) e dei commentatori (che, più semplicemente, non arrivano a capire) avevamo visto giusto. A differenza di Warren Buffett non ci abbiamo neanche guadagnato sopra più di tanto! Ci auguriamo peraltro di essere riusciti a catturare l’attenzione dei tanti che non ci ritengono degni di autorevolezza per la mancanza, manifesta nelle nostre pagine, di tanta carta patinata e colorata. Il primo anno del governo Berlusconi Non è mai facile commentare l’azione di un governo veramente nuovo a soli 12 mesi dalla nascita. Per noi è prassi perché per la storia della nostra Repubblica si tratta già di un discreto spazio temporale ma non dimentichiamoci che per gli anglo-sassoni ed i maggioritari di tutto il mondo si tratta di un periodo da “Luna di Miele”. Il governo di centro-destra invece si è già dovuto scontrare duramente con gli oppositori di quelle riforme che ne hanno sancito la vittoria elettorale: per ora non ha vinto né con la CGIL né con l’ANM ma, almeno, ha tenuto il punto. Vari incidenti (Ruggero, Taormina), tragedie (Biagi) e dispetti (Tasca, Michel) ma anche tante note positive come il Berlusconi ministro degli esteri, l’autorevolissimo vice primo ministro Fini, il combattivo ministro del Welfare Maroni, il vivace ministro delle Telecomunicazioni Gasparri ed il debordante ma politicamente acutissimo Bossi. Opposto il giudizio su due tecnocrati come Tremonti e Lunardi i quali, entrambi afflitti da rilevanti conflitti di interessi, stanno dimostrando sia in tema di nomine (Scaroni escluso) che in tema di appropriazione delle risorse pubbliche, di poter fare ben peggio dei loro colleghi della così detta Prima Repubblica. La summa è la creazione di “Patrimonio SpA” ed “Infrastrutture SpA” in vista di una sventurata operazione di cartolarizzazione del patrimonio storico-artistico-culturale e demaniale italiano. (Dati i tempi di stampa, ne parleremo più in dettaglio nel prossimo numero ma non è difficile già da ora immaginare che anche su questa materia, ex post, avremo tragicamente ragione.) Insomma, la speranza di un governo veramente ed efficacemente riformatore è ancora desta ma non si può non notare il diverso passo che caratterizza il governo a seconda delle materie. Ancora una volta, una cosa è promettere di governare (in un certo modo) ed un’altra è farlo veramente. Il centro-sinistra, forte dell’appoggio di intellettuali, procure politicizzate e non-democratiche burocrazie sindacali, ha pagato lo scotto di questa differenza molto duramente ma il centro-destra, se non si sbriga a risolvere i vari conflitti di interesse e a perseguire più efficientemente il programma per il quale è stato votato, rischia anche molto.
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