Una deregulation senza precedenti sta per abbattersi sul patrimonio storico , artistico e culturale del nostro paese Anna Maria Nassisi Il Manifesto, 26/06/2002
Il decreto salva-deficit approvato dai due rami del Parlamento istituisce con l'articolo 7 società la "Patrimonio dello Stato s.p.a e con l'articolo 8 una società finanziaria la "Infrastrutture s.p.a. La Patrimonio dello Stato ha come compito primario "la valorizzazione , gestione e alienazione del patrimonio dello stato (comma I). La società opera secondo gli indirizzi strategici stabiliti dal Ministero dell'Economia e delle Finanze, e le vengono trasferiti beni immobili facenti parte del patrimonio disponibile e indisponibile dello stato e cioé i beni del demanio ;vengono inoltre traferiti a detta società beni di particolare valore storico artistico e storico, d'intesa con il Ministero per i Beni e le Attività culturali (comma IO). Se il concetto di alienabilità si fosse limitato ad indicare solo beni immobili di nessun valore artistico, il problema non sarebbe così grave, saremmo cioé sul terreno del possibile . Il punto grave , che molta stampa ha già messo in rilievo, è l'estensione del concetto di alienabilità a beni di particolare valore storico artistico e storico, il diavolo sta in quel "particolare" come sottolinea Antoni Paolucci( Il sole 24 ore di Domenica I6 giugno ): non pare che siano in pericolo gli Uffizi o i Fori Imperiali (per lo meno lo speriamo) , bensì quella pletora di beni di rilevante valore artistico che fanno dell'Italia un "museo all'aperto", cioè di quel patrimonio artistico diffuso e reticolare che rendono il nostro paese un fatto inedito nella storia del mondo. Il decreto legislativo n.II2 del marzo I998 rafforza il concetto di tutela previsto dall'articolo articolo 9 della Costituzione Italiana ed estende il concetto di beni culturali intesi come "quelli che compongono il patrimonio storico, artistico , monumentale , demoetnoantropologico, archeologico, archivistico e librario e altri che costituiscono testimonianza avente valore di civiltà". La tutela di essi spetta allo stato , d'intesa con le sovraintendenze regionali alle quali vengono attribuiti compiti di archiviazione e conservazione e valorizzazione dei beni stessi. A parte l'aspetto discutibile di una separazione così netta di competenze tra Stato e Sovraintendenze regionali, tale separazione non mette ,in ogni caso, in discussione il ruolo di tutela dello stato e delle sue ramificazioni periferiche in materia di beni artici e storici, semmai rafforza ed estende il loro ruolo forte controllo su beni piccoli e grandi , che l'UNESCO ha definito "beni dell'umanità tutta". Ora la legge Tremonti apre il varco a un'operazione senza precedenti nel momento in cui prevede l'alienabilità per il tramite della cartolarizzazione (comma 11 ) cioè di un trasferimento di partecipazioni azionarie dal Tesoro alla Patrimonio s.p.a. che può emettere azioni e ottenere prestiti per la Infrastrutture s.p.a. mediante l'impegno del rendimento di qualunque bene di sua proprietà in cambio di un prestito da parte di banche o di privati per un numero di anni fissato per accordo . Alla scadenza del termine previsto , se il debito non viene restituito , la banca o il privato può fare proprio il bene immobile o il bene storico- artistico I) senza alcun controllo del Parlamento; 2) senza di fatto compiere un atto contro la Costituzione. Si annida quindi nelle pieghe di ambiguità non chiarite la pericolosità di una manovra così concepita. Solo se si abolisce il concetto di alienabilità è possibile pensare a una gestione pubblico -privato a termine del patrimonio artistico e culturale del nostro paese, di tutta quella mappatura di beni artistici diffusi sull'intero territorio nazionale . Per potere compiere un'operazione di deregulation sono state necessarie due societa (v. art. 7 e 8) che agiscono di concerto e in maniera complementare. Il nodo sta dunque in due termini "alienabilità " e "particolare" che pesano come macigni sia su un patrimonio che lo stato dovrebbe tutelare, nella sua emergenza di grandi e piccoli beni , e che costituiscono in ogni caso l'ossatura della nostra identità nazionale , espressione della nostra storia e della nostra cultura. In caso contrario rischiamo di scivolare verso una deriva che snatura innazitutto la Costituzione Italiana, in secondo luogo offende il vivere civile , l'identità e la memoria storica di milioni di cittadini di questo paese. Incrinando alla base il principio il principio della proprietà pubblica del patrimonio culturale , il decreto Tremonti desta un allarme giustificato. Non si tratta di rifiutarsi ai cambiamenti con atteggiamenti che ricordano l'Accademia della Crusca ma di trovare delle vie migliori che coinvolgano in modo nuovo cittadini e Stato nella salvaguardia di un patrimonio comune sulla scia ad esempio dell'inglese National Trust. Rivolgiamo , in chiusura, un accorato appello alle forze politiche perché si adoperino alla abolizione dell'articolo 7-8 del decreto su citato e alle forze intellettuali italiane e straniere , affinché facciano sentire con forza il proprio sdegno e la preoccupazione per il pericolo che corre lo straordinario patrimonio storico, artistico e culturale italiano.
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