Abbiamo imparato a gestire i musei bene quanto lo stato Simone Siliani Unità - Firenze & Toscana 30/11/2002
La discussione sul trasferimento della gestione di beni di proprietà statale che insistono sul proprio territorio, avviata dalla Regione Toscana è stata brutalmente chiusa dal ministero per i beni e le attività culturali per tutti i musei che riguardano la Provincia di Firenze. Questo il risultato di un recente incontro romano. Il documento della Regione, si badi bene, si muoveva nel solco dell’applicazione dell’art.150 della legge Bassanini, e non in quello dell’attuazione del nuovo Titolo V della Costituzione e tanto meno in quello eversivo della devolution di Bossi, che pure il centrodestra sta per votare in Parlamento. Eppure il documento della Regione aveva suscitato scandalo fra gli operatori statali, intenti a conservare un sistema che ormai mostra proprio lì le sue falle maggiori. Il soprintendente Antonio Paolucci si domandava perchè trasferire agli enti locali la gestione di alcuni redditizi musei statali, secondo il progetto della Regione. La prima risposta è perchè la Bassanini lo impone. Questa legge dal ‘98 attende di essere applicata in questo settore attraverso l’indicazione dei beni e delle funzioni da trasferire dallo Stato agli Enti locali, che è quanto ha proposto opportunamente la Regione Toscana, segnalando anche la possibilità di forme di gestione partecipata dei servizi afferenti ai beni culturali: niente di rivoluzionario, si direbbe. Eppure la chiusura su Firenze è stata totale. Ma un altro buon motivo per il trasferimento di alcuni musei dallo Stato ai Comuni risiede nel fatto che, in molti casi, gli enti locali hanno imparato a gestire i musei bene quanto - o forse più – dello Stato. Basiamoci su alcuni dati concreti: mentre nel mese di agosto 2002 i musei statali di Firenze perdevano il 7,1% dei visitatori rispetto allo stesso mese del 2001, i musei civici li vedevano crescere del 19%. Tendenza consolidata in tutto il 2002. quando i musei statali di Firenze hanno perso il l2,3% di presenze (con punte negative del 19,5% all’Accademia) mentre i comunali aumentavano del 6% I motivi del nostro successo risiedono nella scelta di puntare su un pubblico costituito da residenti e turismo non di massa e nell’apertura di nuove attività didattiche, formative e di comunicazione nei musei. Sul fronte statale invece molto è rimasto immobile. Il fatto è che questo tanto esaltato modello statale di gestione dei beni culturali non è affatto così perfetto come lo si dipinge: musei chiusi, difficoltà gestionali, vertenze sindacali, crisi di pubblico e di entrate, mercificazione dell’immagine, finanche inefficienze nella tutela sono i mali che affliggono oggi i musei statali. Di converso le esperienze dei musei civici sono cresciute, i Comuni si sono dotati di competenze specialistiche, hanno trasformato molti musei da fredde pinacoteche in luoghi in cui il visitatore può compiere una esperienza culturale e formativa complessa. Sì, perchè la ragion d’essere dei musei moderni consiste oggi nella loro funzione di servizio culturale a rilevanza sociale. Per quanto il compito di tutela possa e debba in larga parte restare di competenza statale. questo servizio culturale a rilevanza sociale noi sappiamo farlo oggi almeno quanto loro.
Simone Siliani è assessore alla cultura del Comune di Firenze
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