Il governo cerca tesori da privatizzare f. ama. La Stampa 11/12/2002
Potrebbero andare all'asta decine di tesori del Belpaese: dagli isolotti della laguna di Venezia al carcere nell'isola di Santo Stefano dove fu rinchiuso Sandro Pertini, dai secenteschi Forti di Genova a Palazzo Barberini a Roma, da Palazzo Bagnara a Napoli alla Villa della Regina a Torino, dai preziosi siti archeologici di Velia a quelli dell´Alba Fucens, dal Castello dei Duchi di Genova ad Agliè a quello delle Quattro Torri di Ivrea. E poi la splendida Nisida nel golfo di Napoli resa celebre da Edoardo Bennato, il castello degli Orsini a Sorano, nel cuore della Maremma, il bosco di Castel Porziano, sessanta ettari di terreno in Costa Smeralda, le Foreste Casentinesi. E questa, fa sapere Legambiente, «non è che la prima, parziale ed approssimativa lista che circola negli ambienti del ministero dell'Economia. Prova evidente della pericolosità di un progetto, quello incardinato sulle Patrimonio e Infrastrutture Spa, che svilisce e mercifica la ricchezza del nostro Paese». «Notizie inesatte» che, «oltre che diffondere allarmismo ingiustificato», causano «all'estero un danno d'immagine per l'Italia che non giova proprio a nessuno», ha risposto il ministro per i Beni e le attività culturali Giuliano Urbani. Quello «a cui probabilmente fa riferimento la nota diffusa da Legambiente», precisando che è «l'elenco dei beni immobili di proprietà dello Stato appartenenti al patrimonio indisponibile e disponibile, apparso sulla Gazzetta Ufficiale del 6 agosto scorso» e «era ed è da considerarsi puramente ricognitivo». Si tratta infatti di un elenco che «ha una finalità meramente contabile legata all'esigenza di accertamento della proprietà e di rappresentazione dei beni dello stato in modo tale da permetterne un'analisi economica, come richiesto dalle norme delle leggi n. 94 del 1997 e n. 279 del 1997, in materia di ristrutturazione del bilancio dello Stato e del conto generale del patrimonio, e non riveste alcun significato di proposta di vendita, come peraltro si può desumere da un'attenta lettura». «Per quanto ne so, è assolutamente impossibile che Palazzo Barberini venga venduto» conferma Lorenza Mochi Onori, direttrice del palazzo che ospita a Roma la Galleria nazionale di arte antica, che ricorda come meno di un mese fa il ministro Urbani sia andato a palazzo barberini a rassicurare tutti e annunciare lo stanziamento di «30 miliardi per restaurare il museo». Smentite e spiegazioni non convincono nè Legambiente e nemmeno l´ex ministro dei Beni Culturali Giovanna Melandri. L'elenco «è certamente ricognitivo, come ha ricordato il ministro Urbani», spiega l´onorevole Melandri, ma «in assenza di regole certe e chiare», il sospetto che il governo «voglia utilizzare la svendita del patrimonio per fare cassa» è «più che legittimo». Per l'ex ministro per i Beni culturali, «esiste un solo modo per superare il problema, come lo stesso ministro Urbani sa molto bene: trasformare in norma di legge le disposizioni contenute nel regolamento del ministero fatto approvare nel 2000 dall'Ulivo che individua chiaramente quali sono i beni di valore storico artistico assolutamente inalienabili e pone regole chiare. «Ogni bene in possesso dello Stato è in pericolo, nessuno escluso - accusa Legambiente - Ecco perché questa lista ha un valore solo indicativo e risponde probabilmente alle pressioni delle banche o di danarosi privati».».L´associazione ha dunque annunciato una giornata di mobilitazione per il prossimo 14 dicembre, dietro lo slogan «L´Italia non è in vendita».
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