All’asta palazzo Barberini e Nisida Luciano Di Domenico Il Messaggero 11/12/2002
Palazzo Barberini e l'ex Forte Ardeatino a Roma, gli isolotti della Laguna di Venezia, le isole di Pianosa e dell'Asinara, il bosco di Capodimonte, il bosco di Castel Porziano, le foreste Casentinesi, tra le più preziose e pregevoli in Italia. E ancora l'isoletta di Nisida, nel golfo di Napoli, che ospitò nel tempo personaggi come Lucullo, Cassio, Bruto, Cicerone; il carcere dell'Isolotto di Santo Stefano (quello dove venne rinchiuso tra gli altri anche il giovane Sandro Pertini); i Forti di Genova e il Forte Santa Sofia a Verona; il sito archeologico romano, Alba Fucens, a due passi dalle grandi antenne paraboliche di Telespazio nella Marsica. Sono solo alcuni dei tesori italiani che secondo Legambiente sarebbero contenuti nella lista, ancora incompleta, che circolerebbe negli uffici del Ministero dell'Economia e riferita ai beni pubblici che per primi verranno messi all'incanto, per rinsaguare le casse statali. Verrebbero in realtà trasferiti dallo Stato alla “Patrimonio spa", la società a capitale interamente pubblico istituita con il decreto Tremonti, divenuto legge nel giugno scorso, per gestire al meglio i beni pubblici di valore artistico e paesaggistico, vendendo nel contempo quei beni demaniali che tale valore non hanno, il tutto per incamerare quattro miliardi di euro. Di fronte all’allarme lanciato da Legambiente, che rinnova quelli che da più parti si levarono l’estate scorsa alla vigilia della conversione del decreto in legge, il ministro dei Beni culturali, Giuliano Urbani reagisce seccamente bollandole come «Notizie inesatte» che, «oltre che diffondere allarmismo ingiustificato», causano «all'estero un danno d'immagine per l'Italia che non giova proprio a nessuno». In un comunicato, il ministero ribadisce che «l'elenco dei beni immobili di proprietà dello Stato appartenenti al patrimonio indisponibile e disponibile, apparso sulla Gazzetta Ufficiale del 6 agosto scorso e a cui probabilmente fa riferimento la nota diffusa da Legambiente, era ed è da considerarsi puramente ricognitivo». L'elenco, precisa ancora il ministero, «ha una finalità meramente contabile legata all'esigenza di accertamento della proprietà e di rappresentazione dei beni dello Stato in modo tale da permetterne un'analisi economica, come richiesto dalle leggi in materia di ristrutturazione del bilancio dello Stato e del conto generale del patrimonio, e non riveste alcun significato di proposta di vendita, come peraltro si può desumere da un'attenta lettura». L'elenco dei beni demaniali pubblicato la scorsa estate «è certamente ricognitivo, come ha ricordato il ministro Urbani». Sottolinea Giovanna Melandri, ex ministro per i Beni culturali nel governo di Centrosinistra «Ma in assenza di regole certe e chiare», il sospetto che il governo «voglia utilizzare la svendita del patrimonio per fare cassa» è «più che legittimo». Per l'ex ministro «esiste un solo modo per superare il problema, come lo stesso ministro Urbani sa molto bene: trasformare in norma di legge le disposizioni contenute nel regolamento del ministero fatto approvare nel 2000 dall'Ulivo che individua chiaramente quali sono i beni di valore storico artistico assolutamente inalienabili e pone regole chiare. In questo senso l'Ulivo ha presentato un emendamento alla Finanziaria. Il Governo - conclude Melandri - lo accetti e lo appoggi». Ed intanto mentre divampa la polemica Legambiente ha proclamato per sabato prossimo una giornata di mobilitazione nazionale “contro la vendita dei beni pubblici". Sit-in di protesta sono previsti nelle zone dove sorgono alcuni dei tesori “minacciati". Così gli abruzzesi già si sono dati appuntamento ad Alba Fucens,il sito archeologico a 40 chilometri dall’Aquila, “prezzato" 40 mila euro. In Sardegna manifestazioni a Capo Caccia a nord, e Capo Teulada a sud. E così lungo tutto lo stivale. |