La svendita è già cominciata La nuova ecologia
L'invettiva dell'onorevole ed ex sottosegretario ai Beni culturali Vittorio Sgarbi durante un confronto con Ermete Raelacci e Sebastiano Venneri. «A chi pensa di rassicurarmi dicendo "Figurati se vendiamo il Colosseo, non lo vogliamo mica vendere" rispondo: "D'accordo, ma la legge dove sta?"». Oggi la manifestazione di Legambiente.
Realacci. Non è ancora ben chiaro quanti e quali dei beni pubblici compresi nella lista pubblicata la scorsa estate saranno effettivamente alienati e dunque cosa, concretamente, questa operazione produrrà nel futuro. Quel che è certo per il momento è un grave segnale di svalutazione del ruolo del patrimonio storico, culturale e ambientale, che viene trattato con un approccio ragionieristico. Nei mesi scorsi hai denunciato la vicenda con grande decisione e proprio su questo, mi pare, sei arrivato al dissenso con il ministro Urbani che ti ha portato a rimettere le deleghe e poi alla rimozione dal ruolo di sottosegretario ai Beni culturali.
Sgarbi. Quello tra me e Giuliano Urbani era un dissidio radicale e un confronto fra l'essere e il nulla, cioè fra una proposta contestabile ma costruita e strutturata con l'esperienza che ho fatto nel corso di tanti anni e, dall'altra parte, il buio assoluto in cui annaspava Urbani cercando di trovare dei punti di riferimento attraverso i suggerimenti più casuali per comporre in un mosaico una visione a lui ignota. Finché sono stato il suo principale fornitore di nozioni gli ho indicato come il nostro compito fondamentale fosse la tutela dell'identità e la difesa fisica dei beni culturali. Con la nomina di Francesco Bonami a direttore della Biennale di Venezia Urbani ha dimostrato di procedere letteralmente "a tentoni" e con lo stesso atteggiamento ha accolto la meteora della Patrimonio Spa: non si è espresso in nessun modo se non con una patetica, oltre che tardiva, letterina di risposta a Romiti pubblicata sul Sole 24 ore e un'elusiva intervista al Corriere della Sera. In questo caso ha avuto ragione la Melandri a dire che il vero ministro dei beni culturali è Tremonti. Lo stesso Berlusconi, probabilmente, non ha capito bene e si è accontentato di far prevalere la visione economicistica.
Realacci. Economicistica sul breve periodo, aggiungerei. Che si tratti di una buona operazione, anche dal punto di vista economico, è tutt'altro che probabile. Non credo che cedere un sito archeologico o un'area naturale a un investitore che intende utilizzarlo, magari, per costruirci quattro palazzine sia un buon affare, in prospettiva.
Sgarbi. Non lo è, indubbiamente. Tempo fa ho partecipato a un incontro, a Cagliari, fra imprenditori e rappresentanti della cultura. Renato Soru ha fatto un ottimo intervento riguardo la proprietà della Crespi in Gallura, spiegando che l'investimento migliore in quelle terre è il lasciarle come sono. Tra una tenuta in cui ci sono pochi ruderi antichi nella natura e una zona come Porto Raphael vale di più la prima perché "valorizzazione", in realtà, significa spesso "consumo" di un luogo: lo si utilizza, ci si fanno dei soldi per un po' ma se ne perde l'identità ambientale, naturale e culturale. Paradossalmente il vero valore è quello di chi non pensa a valorizzare. E un privato come la Crespi, o Renato Soru, possono svolgere questo compito meglio dello Stato. Io non parto dall'idea che non si debba vendere nulla, ma semplicemente che non si deve vendere ciò che qualifica lo Stato in quanto tale, e che ciò che si vende deve essere venduto con la garanzia di opportuni vincoli. Lo Stato non è soltanto lo Stato, ma anche le regioni, le province, i comuni. E i privati. Un privato che tiene un bene o che svolge un servizio pubblico è Stato. Ci può essere un privato che fa un bene pubblico e uno Stato che privatizza un bene.
Venneri. Vorrei però sottolineare un problema: in Italia di Soru, o di Crespi, non ce ne sono molti.
Sgarbi. Vero. Ma è altrettanto vero che i privati che gestiscono beni di pubblico interesse sono sottoposti a un controllo più efficace di quello con cui lo Stato controlla sé stesso. Detto questo, resta chiaro che non si può dire «metto tutto in vendita, niente mi riguarda, niente mi interessa, niente mi rappresenta». E' una follia. A chi pensa di rassicurarmi dicendo «figurati se vendiamo il Colosseo, non lo vogliamo mica vendere» rispondo «d'accordo, ma la legge dove sta?». La legge prevede che ci sia una certezza, che si sappia cosa si vende e a quali condizioni.
Venneri. Invece per il momento regna l'ambiguità, a partire dal superelenco dei beni "alienabili e non". Non si capisce quali dei beni nominati verranno effettivamente alienati, né quando.
Sgarbi. La svendita è già cominciata. Il presidente della Patrimonio Spa, Ponzellini, ha già dato a Tremonti circa sette miliardi di euro ottenuti dalle banche dando in garanzia una serie di immobili. Per il momento si tratta di beni privi di valore storico, ma Tremonti vuole realizzare una somma di quell'entità ogni sei mesi e presto Ponzellini dovrà cedere anche il patrimonio storico e ambientale. Il problema più grave è che con questa manovra di cartolarizzazione molti beni per cui la garanzia dipendeva unicamente dal fatto di appartenere allo Stato non sono più coperti da vincoli.
Realacci. Domani la nostra associazione organizza una serie di iniziative su questo problema sotto lo slogan "L'Italia non è in vendita". Ci piacerebbe che tu partecipassi.
Sgarbi. Si, assolutamente. Sono rimasto colpito, in questi anni, dal fatto che molte delle posizioni che ho sostenuto avessero come interlocutori associazioni legate in qualche modo alla sinistra. E' strano che la destra italiana sia stata così sprovveduta da far diventare "di sinistra" valori che sono di tutti.
Venneri. Non sono sicuro che si tratti propriamente di sprovvedutezza; che la destra, semplicemente, non si sia accorta di questi valori e di questi problemi. Credo invece che la Patrimonio Spa nel caso di Urbani e lo svuotamento della procedura di Valutazione di impatto ambientale nel caso di Matteoli siano operazioni ben ponderate per cui non a caso sono stati scelti due ministri poco impegnati a presidiare l'uno il settore dei beni culturali e del paesaggio e l'altro l'ambiente.
Sgarbi. E' probabile. Ma sono e restano operazioni scellerate. E questa storia della cartolarizzazione è un errore di immagine gravissimo.
Realacci. E' anche un grave errore economico. Mettendo in vendita tanti beni si abbassano i prezzi e diventa una grande svendita, il saldo di una brutta stagione. E' un principio elementare del mercato e dimostra che forse a Berlusconi, continuando nel paradosso, oltre che il senso della comunicazione manca anche il senso degli affari.
Sgarbi. Io la penso così, e non credo che sia un pensiero di sinistra. Direi che si tratta solo di un ragionamento intelligente. Inizialmente sembrava intelligente anche Berlusconi. Peccato.
13 dicembre 2002
http://www.lanuovaecologia.it/iniziative/campagne/764.php
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