Il federalismo spariglia le carte.In cerca di soluzioni dopo il no del Consiglio di Stato alle Spa miste: «rubano» competenze alle Regioni Antonello Cherchi Il Sole 24 ore rapporti, 13/11/2002
II federalismo si è messo di traverso sulla strada del ministero dei Beni culturali. La riforma del Titolo V della Costituzione, che ha assegnato maggiori competenze alle Regioni, ha trasferito m periferia anche la funzione di valorizzazione dei luoghi d'arte. Un compito che prima era dello Stato, al quale rimane la gestione e la tutela del patrimonio culturale. La nuova ripartizione di funzioni è costata cara al regolamento che il ministero aveva predisposto per dare vita alle società pubblico-private, concepite per gestire i monumenti. Secondo il Consiglio di Stato, infatti, il regolamento si è appropriato di una competenza (la valorizzazione, appunto) che non appartiene più al ministero dei Beni culturali e pertanto il testo va riscritto. Uno stop che rischia di investire anche il regolamento attuativo dell'articolo 33 della precedente Finanziaria, nel quale è contenuto un riferimento alla valorizzazione dei monumenti (si veda l'articolo a fianco).
La bocciatura. Il "no" del Consiglio di Stato al progetto dei Beni culturali di dare vita alle Spa miste era già nell'aria fin da luglio. All'epoca, infatti, i giudici avevano trasmesso al dicastero retto da Giuliano Urbani un parere interlocutorio, con il quale si invitava il ministero a correre ai ripari. La prima versione del regolamento — sottolineavano i magistrati amministrativi — presentava profili problematici, in particolare legati ai compiti che le società avrebbero dovuto svolgere. Tra questi poteva essere individuata anche la funzione di valorizzazione del patrimonio artistico. I tecnici del ministero hanno, pertanto, rimesso mano al testo e, per quanto riguarda il punto più controverso, hanno specificato che nel regolamento non si parlava di "valorizzazione" bensì di "gestione" dei beni culturali. Una funzione neutra, hanno risposto i funzionali ministeriali al Consiglio di Stato, che si riflette sia sulla tutela sia sulla valorizzazione dei monumenti. La spiegazione non ha, però, convinto i giudici, secondo i quali «non può ignorarsi che la connessione del concetto di gestione con quello di valorizzazione appare prevalere rispetto alla connessione, pure innegabile, con il concetto di tutela». C'è, poi, il fatto che il regolamento prende le mosse dall'articolo 10 della legge 368/98, dove si parla esplicitamente di valorizzazione. Se il quadro è questo, ha spiegato il Consiglio di Stato, il ministero ha compiuto un'invasione di campo. Ha utilizzato lo strumento del regolamento per disciplinare compiti che con il federalismo sono diventati oggetto di legislazione concorrente: allo Stato spetta definire (per legge e non per regolamento) i principi, lasciando a ciascuna Regione la scelta di intervenire come ritiene più opportuno. Cosi si sarebbe dovuto fare anche nel caso delle società miste: prima delineare le linee guida e poi affidare alla periferia il compito di legiferare.
La via d'uscita. L'intervento del Consiglio di Stato obbliga i Beni culturali a trovare una soluzione che valga non solo per la questione delle Spa miste, ma anche per altri possibili interventi futuri, prima fra tutti il regolamento sull'articolo 33. Ecco perché il ministero sta valutando la possibilità di proporre al Senato un emendamento alla Finanziaria con cui si aggira l'ostacolo eretto dalla riforma federalista, Si tratterebbe di prevedere una norma che specifichi le reali intenzioni perseguite dai Beni culturali, che sarebbero quelle di gestire il patrimonio artistico, lasciando la valorizzazione alle Regioni.
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