I musei potranno essere gestiti dai privati. No al ticket d’ingresso nelle città d’arte Alessandra Arachi Corriere della Sera 18/12/2002
Si discute d’arte in Finanziaria. E si litiga. Due gli emendamenti che accendono il dibattito al Senato: l’ipotesi di un ticket nelle città d’arte e la «privatizzazione» dei nostri beni culturali. Già bocciato il primo: lo avevano firmato i Ds e avrebbe voluto un biglietto per l’ingresso nei centri storici, ma anche per le presenze giornaliere negli alberghi delle nostre città prese d’assalto dai turisti. Cinque euro, cifra massima. Il sottosegretario all’Economia Giuseppe Vegas non ha avuto dubbi: «Un simile ticket avrebbe limitato il diritto costituzionale alla libertà di circolazione». Buffo: è proprio con un appello alla Costituzione che l’opposizione attacca il secondo emendamento, difeso da Vegas. Questo emendamento lo ha presentato Lamberto Grillotti, il senatore di An che è relatore della Finanziaria. Deve essere ancora votato. Forse oggi, forse domani, se non addirittura venerdì. In sintesi prevede che i privati possano gestire i beni culturali e ambientali del nostro Paese. Tecnicamente modifica l’articolo 10 del decreto legislativo del 20 ottobre del 1998 quello che prevedeva sì che i privati avessero accesso alla gestione dei beni culturali, ma soltanto in funzione della loro «valorizzazione». E’ la voce di Sauro Turroni, senatore dei Verdi, quella che si alza per prima e più forte nella protesta con, appunto, un appello alla carta costituzionale: «Che assegna alla Repubblica, e non ai privati, la gestione e quindi la conservazione, la tutela e la manutenzione dei beni culturali», esordisce infatti, prima di rilanciare, rivolto al sottosegretario: «Vegas, getta giù la maschera e rivela il piano di questo governo: dare ai privati la gestione dei beni culturali e delle zone archeologiche e non soltanto dei servizi». Ma la verità è che non c’è bisogno di «gettare la maschera». Perché è lo stesso senatore Grillotti che semplicemente spiega il suo emendamento: «Dare la gestione ai privati dei nostri beni culturali, certo. Ma per cortesia cerchiamo di non parlare a vanvera. Nessuno ha intenzione di vendere il Colosseo o di permettere alla Venere di Botticelli di essere trasportata da una parte all’altra senza regole. E’ ovvio: ai privati va soltanto la gestione. La tutela resta allo Stato. Che dunque detta anche le regole per la modalità della gestione». Non ha dubbi Grillotti: «Ci sono troppi beni pubblici alla sfascio. Di più: abbiamo tre quarti del nostro patrimonio che non sappiamo neanche dov’è. Dobbiamo tutelarlo, anche affidandolo ai privati». C’è una voce che dall’opposizione appoggia in pieno l’emendamento Grillotti. E’ quella del senatore della Margherita Egidio Pedrini: «Magari funzionasse davvero. Non è più possibile vedere certi musei ridotti così male. Ovvio che bisogna essere molto severi nelle regole della gestione, ma ben venga questa iniziativa». Che invece preoccupa, e non poco, associazioni come il Fai, il Wwf, Italia Nostra. Per questo si rivolgono direttamente al ministro per i Beni Culturali Giuliano Urbani chiedendo di sospendere questo emendamento, perché «non riteniamo che aprire ai privati con un semplice emendamento alla Finanziaria sia sufficiente a chiarire temi che meritano un confronto molto più ampio e approfondito».
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