La proprietà non è in discussione. Intervista al sottosegretario Bono r. r. La Stampa 18/12/2002
Sottosegretario Bono, il governo vuole affidare ai privati non soltanto i servizi «aggiuntivi» ma l'intera gestione di musei e luoghi archeologici?
«Ma quale è la novità? Già nella legge dello scorso anno era previsto l'affidamento di musei, aree archeologiche e aree paesistiche. Ma attenzione: un conto è la gestione e un conto è l'alienazione di questi beni».
Che ovviamente non è in discussione?
«Certo che no. La proprietà non è in discussione, ma estendere ai privati alcune funzioni è un principio sul quale siamo d'accordo da tempo: a legislazione vigente - e dunque senza modificare la Costituzione – si cerca di chiarire meglio i termini di fruizione dei beni culturali, fermo restando che tutto ciò che attiene la proprietà è competenza dello Stato». Ma è proprio sul termine «gestione» che può crearsi un equivoco: ammetterà che una cosa è gestire un bar o uno scaffale di libri patinati, altra cosa è «accudire» beni di valore inestimabile... «Lo ripeto: il principio della gestione diretta dei privati è già stato votato lo scorso anno. C'è l'esigenza di mirare meglio alcuni termini che si sono prestati all'equivoco. Occorreva ripulire alcune ambiguità». L'ex ministro Melandri invoca i paletti «piantati» lo scorso anno da maggioranza e opposizione assieme... «Ma quali paletti? Lo scorso anno l'opposizione ha riscritto in maniera più sofferta e articolata l'emendamento governativo. L'anno scorso passò una norma che richiamava a regolamenti attuativi. Ora si chiariscono i confini di competenza. Dello Stato rispetto ad altre entità pubbliche. Se poi qualche esponente dell'opposizione vuole vender fumo per prendersi qualche merito, questo fa parte del gioco politico». Ma lei crede per davvero che affidando i beni culturali ai privati si possa ottenere al tempo stesso un po' di risparmio e una migliore gestione? «Basta guardare i musei italiani e quelli di altri Paesi nei quali vige una forte partecipazione dei privati alla gestione. Ma attenzione: quando dicia- mo privati, non pensiamo ad imprenditori assetati di profitto, ma a fondazioni di spessore e di grande affidabilità» In Italia non ci si fida mai, si è sempre diffidenti delle novità... «I numeri parlano chiaro: negli ultimi 10 anni abbiamo più o meno mantenuto il livello dei visitatori dei nostri musei, nell'ordine dei 25-30 milioni l'anno, negli Stati Uniti nello stesso periodo siamo passati dai 94 milioni del 1990 agli 865 milioni del 2000. Il che vuoi dire che, investendo 4 miliardi e mezzo di capitali privati, creando 150 nuovi musei, si è dimostrato che l'incremento del capitale aumenta la domanda. Il nostro obiettivo è poter liberare risorse aggiuntive per la tutela e la sorveglianza». Nella denuncia dell'opposi-zione lei vede soltanto propaganda? I privati sono il bene in sé? «Ma la nostra sinistra si chiede come mai i nostri musei sono nella gran parte invisitabili? Cosa ne pensano di quelle bacheche con le scritte soltanto in italiano? E perché mai nei nostri musei non c'è mai una sedia? Nei nostri musei o ti sdrai per terra o altrimenti puoi anche morire...». . Vero, ma a comprare un po' di sedie sarà capace anche lo Stato, o no? Io dico che sinora i beni culturali sono stati gestiti da grandi studiosi che però non hanno a cuore le esigenze del visitatore. Il punto vero è proprio questo». |