Serve chiarezza sui beni statali Ledo Prato Tempo 18/12/2002
Tempo di convegni e seminari. Se daranno un contributo alla chiarezza, se indicheranno la via da perseguire, sarà stata una stagione feconda. Dopo il seminario di Napoli promosso dalla Confìndustria e dal Premio Impresa e Cultura, in cui le questioni prevalenti hanno riguardato la leva fiscale come strumento per promuovere l'intervento dei privati, a Firenze si sono successivamente confrontati i rappresentanti del Ministero, delle Regioni e dei Comuni con il contributo degli imprenditori. Toni misurati e molto merito. A partire da Urbani che in quella cornice ha fatto due dicniarazioni interessanti: la costituzione di un comitato di esperti per affrontare alcuni nodi delicati : (che indicheremo più avanti) e la individuazione delle Fondazioni quale strumento più idoneo per affrontare il tema dei rapporti fra pubblico e privato. Cominciamo dalla prima. Più volte su questo giornale abbiamo evidenziato che tra stato, regioni, province e comuni dopo il nuovo testo costituzionale contenuto nel Titolo V, andavano cercate forme di relazione che potessero scongiurare un permanente conflitto senza sbocchi. Ora il Ministro sembra passare all'azione costituendo un comitato di esperti con il compito di definire compiutamente il ruolo di ciascuno e, di conseguenza, i terreni di collaborazione. In questo ambito andranno affrontati i nodi relativi alle politiche di fruizione e valorizzazione del patrimonio, senza dimenticare la gestione dei beni statali che, con la normativa vigente, può essere trasferita appunto a regioni, province e comuni. Su questo versante specifico continuo a ritenere che sarebbe opportuno che il ministero indicasse chiaramente quali ritiene siano i beni di interesse statale, per i quali non prevede il trasferimento della gestione. Una tale soluzione sgombrerebbe il campo al lavoro del comitato di esperti che, in caso contrario, rischia, sul tema, di fare la fine della cosiddetta commissione paritetica che da anni discute senza arrivare ad una conclusione apprezzabile. Altro tema affidato agli esperti è quello relativo al rapporto fra pubblico e privato. Crocevia di dispute ideologiche ormai da decenni. Da quando cioè la fruizione del beni culturali non è stata solo appannaggio di cultori ed esperti ma di milioni di persone. Qui l'assenza di un economista della cultura potrebbe condizionare l'esito dei lavori. Perché per affrontare questo tema bisognerebbe non solo preoccuparsi del quadro giuridico ma anche di una analisi delle esperienze fin qui fatte. Magari tenendo conto delle stesse affermazioni del Ministro a proposito di una solare verità: con la gestione dei beni culturali non si fanno profitti. Da tempo andiamo sostenendo che senza una politica organica di incentivi, di sostegni è assai poco probabile che si formi la fila degli imprenditori dietro la porta di Urbani. Per intanto accontentiamoci di quanto il Ministro ha detto a proposito delle Fondazioni, indicate come il primo livello al quale si può guardare con efficacia per sviluppare il rapporto tra pubblico e privato. L'esperienza che presto prenderà il via a Torino con il Museo Egizio è sicuramente un buon segnale. Qui sono stati coinvolti regione, provincia, comune, fondazioni bancarie, oltre al ministero. Presto dovrebbero fare il loro ingresso anche le imprese. È costato tempo, fatica e pazienza ma ora siamo sul punto di partenza. Così come dovrebbe avvenire in Campania con la Reggia di Caserta, Castel Sant'Elmo, la Certosa di Capri se non faranno resistenza piccoli interessi di bottega, al centro come in periferia. Ma la lista dei pretendenti è già fitta. A Ravenna sono pronti con la Fondazione per Sant'Apollinare in Classe, a Roma con i Fori e così via. Ora, se la Fondazione è una via possibile, due cose si potrebbero fare. Procedere laddove le condizioni ci sono, senza attendere ulteriormente. Rivedere la Convenzione a suo tempo stipulata tra Ministero e Confindustria per orientare gli impegni delle parti a favore dell'uso di questo strumento. In altri termini torna la vecchia questione: le riforme si fanno dall'alto o accompagnando i processi là dove essi si sviluppano?
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