Settis: «Quel governo talebano che adesso vende arte e cultura» Carlo Venturini (intervista a Salvatore Settis, Direttore della Scuola Normale Superiore di Pisa) Il Tirreno 27/12/2002
Una strenna natalizia al vetriolo, è l’ultimo libro del direttore della Scuola Normale Salvatore Settis, dal titolo emblematico «Italia Spa: l’assalto al patrimonio culturale». In questo volume, Settis traccia un panorama desolante per il futuro scenario dei nostri beni culturali alla luce della Finanziaria del 2002 (che offre ai privati la gestione di parchi e musei) e della legge Tremonti del giugno 2002 (che rende possibile l’alienazione del patrimonio dello Stato mediante la costituzione di due società: la Patrimonio e la Infrastrutture Spa). Nel libro, esplicitamente si parla di «talebani a Roma», di «Triangolo delle Bermude» e di «Stato suicida». Non manca neppure, però, la polemica con i «precedenti governi Melandri e Veltroni».
Direttore, siamo governati da talebani?
«Di talebani a Roma, ne ha parlato la presidente del Fai, la contessa Giulia Maria Crespi, poi citata e ripresa addirittura dall’autorevole «Frankfurter Allgemeine». Io nel libro, mi limito a spiegare ed ampliare il concetto, condividendo l’efficacia paradossale della definizione. Se i talebani, noncuranti di arte e religione, hanno demolito i Buddha di Bamyian, i nostri governi stanno frantumando a colpi di legge la cultura della conservazione dei beni artistici».
Perché parla di governi?
«È una questione che approfondisco nel libro con citazioni di leggi, decreti e regolamenti fatti dai precedenti governi. Se va dato atto a Melandri e Veltroni di aver fatto molto in campo di restauri e di finanziamenti, ad esempio con i contributi derivanti dal Lotto, non è meno vero che il terreno alla legge Tremonti «Patrimonio Spa», è stato preparato dalla «Bassanini bis» anche se la disposizione legislativa dell’attuale governo radicalizza ed accentua quella tendenza già presente ai tempi del centrosinistra ed anzi io la paragono ad una specie di «bomba ad orologeria» che potrebbe erodere più o meno in fretta il nostro patrimonio».
Come disinnescare questa «bomba ad orologeria» e trarre il patrimonio culturale fuori dal «triangolo delle bermude»?
«La battaglia non è né di destra né di sinistra. Il Capo dello Stato, il giorno della promulgazione della legge sulla Patrimonio Spa, ha indirizzato una lettera di monito a Berlusconi affinchè l’istituzione della Patrimonio Spa tenda alla valorizzazione dei beni artistici e culturali nel pieno rispetto della finalità pubblica degli stessi. Questo è il cuore del problema e cioè se si vuole con questa legge valorizzare il nostro patrimonio. Per come però è scritta, mi sembra però che si pongano le basi di una vendita di massa delle nostre tradizioni artistiche badando solo al loro valore economico».
Lei nel suo libro auspica una sorta di «chiamata alle armi» della coscienza e del sentire civile. È utile? Dovremmo fare i girotondi anche intorno al David?
«La società civile è il codice genetico che ci fa quello che siamo e che saremo. La presa di coscienza di questo problema da parte dei cittadini tutti, è una questione, oltre che legislativa, politica e finanziaria, fondamentalmente di civiltà. La vasta mobilitazione in atto nel paese, in risposta alle improvvide ed improvvisate iniziative di cui stiamo parlando, è una prova che i cittadini non possono essere ignorati da chi governa. Nel libro sostengo che la «cultura della tutela» fa parte del nostro «patto di cittadinanza», dell’«essere italiani». Dopo un lungo periodo di sordità, alcune recenti dichiarazioni del ministro Urbani, sembrano tener conto delle voci della società civile».
Non le sembra che i recenti tagli all’Università uniti a questa sorta di «saldi» del nostro patrimonio culturale facciano parte della stessa strategia?
«C’è sicuramente da chiederselo. I drastici tagli alle Università mettono in crisi il funzionamento delle attività ordinarie degli atenei. Si tratta però di un processo diverso rispetto alla vendita del nostro patrimonio artistico. Quello che sta accadendo ai nostri monumenti è ancora più grave. Fino ad oggi infatti, nessuno ha ancora osato proporre di vendere le Università statali ai privati, magari con il parere del Ministro dell’Università».
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