Monumenti in vendita? Allarme per Un decreto legge in discussione al senato Francesco Erbani La Repubblica 29/05/2002
Come un capofamiglia con l'acqua alla gola, lo Stato potrebbe andare al Monte di Pietà a impegnare i suoi pezzi migliori. Scuole, caserme e ospedali, ma anche musei, palazzi storici e siti archeologici. L' allarme viene lanciato da tutte le principali associazioni ambientaliste (Wwf, Legambiente, Italia Nostra, Fai, Comitato per la bellezza, Greenpeace e altre ancora). Contestazioni arrivano dalla Corte dei Conti. Molto critica è l' Associazione dei Comuni. Si mobilita l' Assotecnici (che riunisce i funzionari delle Sovrintendenze). Alcuni sovrintendenti manifestano preoccupazione. L' Ulivo e Rifondazione annunciano battaglia. Monumenti in vendita? Gli occhi sono puntati sul decreto legge che porta il nome del ministro per l' Economia Giulio Tremonti (n. 63 del 2002) e che da ieri ha iniziato il cammino per essere convertito in legge al Senato, dopo l' approvazione un paio di settimane fa alla Camera. E' un testo molto complesso, riguarda la riduzione del deficit pubblico. Ma l' attenzione si fissa su due articoli, il 7 e l' 8. Il primo prevede l' istituzione di una società, la Patrimonio S.p.A., che ha il mandato di «gestire, valorizzare e alienare» l' intero patrimonio dello Stato. Fra le possibili destinazioni dei beni dello Stato anche la Infrastrutture S.p.A. (ne parla l' articolo 8), che a sua volta potrebbe venderli per finanziare opere pubbliche. E' un gioco a incastro, denunciano le associazioni ambientaliste, in cui, per ipotesi, una residenza reale di proprietà dello Stato potrebbe essere venduta su iniziativa del ministero dell' Economia o per contribuire a ridurre il deficit oppure per tirar su un viadotto. Il ministro per i Beni Culturali Giuliano Urbani giudica infondato ogni allarme: «Le nostre competenze non sono affatto modificate: nel decreto legge sono state inserite norme che subordinano il trasferimento dei beni di particolare valore storico e artistico all' intesa con il ministero». Ma le precisazioni del ministro non tranquillizzano Pietro Giovanni Guzzo, sovrintendente di Pompei ed Ercolano: «Mi preoccupa che si possa misurare il valore di un bene culturale solo perché monetizzabile. E' una visione completamente opposta a quella che abbiamo nutrito finora, e che caratterizza molta parte della civiltà moderna. I Greci non avevano dubbi sul fatto che l' Acropoli dovesse restare pubblica e solo dopo le guerre del Peloponneso e la peste fusero l' oro della statua di Atena e lo vendettero. Mi domando: siamo anche noi ridotti in queste condizioni di bancarotta?». Urbani insiste: nessuno vuol vendere il Colosseo. E' l' auspicio di tutti, replicano le associazioni: «Ma perché le norme non contengono limiti alla cessione dei beni? Perché non si specificano categorie di beni assolutamente invendibili?». Il matrimonio fra pubblico e privato è stato celebrato anni fa, con la legge Ronchey. Ha partorito altre leggi e altri regolamenti. In molti casi funziona bene. Male in altri. «Ma una cosa è gestire l' acc oglienza, i servizi, i parcheggi o i bookshop», aggiunge Guzzo, « altra è garantire la tutela». Quindi l' opposizione non è ai privati, «ma all' uso che un privato farebbe di un' area archeologica, per esempio, mirando al massimo profitto e non al binomio tutela più valorizzazione». Giovanna Melandri, ex ministro dei Beni Culturali, se la prende con il suo successore: «Urbani accetta che le politiche culturali tornino a quel ruolo ancillare che avevano in passato, quando a dirigere il ministero mandavano i socialdemocratici. Durante i governi di centrosinistra ci fu più di un attrito fra Beni Culturali e Tesoro, ma siamo sempre arrivati a soluzioni accettabili. Qui comanda Tremonti. Il patrimonio artistico e paesaggistico viene considerato uno strumento per fare cassa, non un fine» . Ieri davanti al Senato si è svolto un sitin organizzato dai Verdi e da altre associazioni ambientaliste. La maggioranza ha fretta di approvare il decreto, pena la sua decadenza. «Ma perché non si è scelta la strada del disegno di legge? Che fretta c' era? E poi: non si potevano almeno stralciare i due articoli che riguardano la Patrimonio S.p.A.?», replicano le opposizioni, alle quali si sono aggiunti esponenti del Polo come Teodoro Bontempo. I problemi spuntano e si moltiplicano. «I vantaggi economici sono tutt' altro che certi, come ha denunciato la Corte dei Conti», spiega Gaetano Benedetto, vicepresidente del Wwf. «E' insensato mettere a rischio il nostro patrimonio senza avere la sicurezza di raggiungere l' obiettivo». Il vento soffia, ma qualcuno corre ancora più veloce. Il Consorzio di Bonifica del Basso Volturno ha messo in vendita il Casino reale di Carditello, a pochi passi da Caserta. Si tratta di un edifico tardo settecentesco, realizzato dallo stesso architetto di San Leucio. Qui Ferdinando IV di Borbone custodiva le razze pregiate di cavalli. La residenza, un gioiello, è molto malandata e ospita un Museo della civiltà contadina. «Ma che ne sarebbe se finisse in mano ai privati?» si domanda inquieto Francesco Canestrini di Italia Nostra. La Regione Campania si dichiara disponibile ad acquistarla: ma cosa succederà se passa il decreto Tremonti?
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