La dismissione degli immobili pubblici La lezione del passato e le novità della legge n.410, 23 novembre 2001 Salvatore Parlato, Giacomo Vaciago Quaderni ref., n. 8, maggio 2002
INTRODUZIONE
Il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico costituisce una costante della politica economica dell'ultimo decennio. In quest'arco di tempo, i vari Governi che si sono succeduti hanno cercato, con discutibile successo, di arginare il progressivo declino del valore del patrimonio immobiliare pubblico, mediante interventi di valorizzazione e/o dismissione degli immobili della Pubblica Amministrazione. L'ambito in cui tali politiche si sono mosse, inoltre, ha coinvolto diversi aspetti legati alla "questione immobiliare", tra i quali il sostegno per la formazione di un mercato immobiliare efficiente, la creazione di fondi immobiliari che rendano conveniente l'investimento immobiliare, lo sviluppo e il coinvolgimento di operatori specializzati nella gestione e valorizzazione degli immobili, la sfruttamento economico del patrimonio storico culturale dello Stato contestualmente alla sua conservazione e salvaguardia. L'esperienza storica ha messo in luce alcuni nodi cruciali per l'effettivo raggiungimento di tali obiettivi, la cui analisi sembra necessaria per poter valutare l'efficacia del recente dispositivo. L E STRATEGIE DI PRIVATIZZAZIONE Il passato L'attività di cessione degli immobili di proprietà dello Stato rientrava fino a tempi recenti (inizio degli anni '80) nell'ordinaria gestione del patrimonio statale, non attribuendosi ad essa un particolare significato sotto il profilo economico-produttivo. Vi è anzi da rilevare che tutta la legislazione allora vigente attribuiva alla gestione del patrimonio statale una connotazione di carattere pubblicistico e sociale, più che economico e produttivo, perseguendo la gestione il primario obiettivo del soddisfacimento degli interessi pubblici. A titolo di esempio, per il passato più lontano, possono essere citate le istruzioni ministeriali per i beni patrimoniali approvate con d.m. n. 2984 del 24.8.1940, e in particolare l'art. 606, che, in maniera assolutamente discrezionale, attribuiva alla Pubblica Amministrazione il potere di dare in concessione beni immobili in favore di "Enti" non meglio specificati e ad un canone meramente ricognitorio. Altrimenti, l'art. 1 Page 4 3 della legge di contabilità generale dello Stato che attribuisce priorità, nella gestione dei beni, alle assegnazioni in uso governativo a titolo gratuito. Venendo a tempi più recenti, si può ricordare la legge 11.7.1986, n. 390, che consente concessioni e locazioni di immobili demaniali e patrimoniali in favore di Enti pubblici territoriali, Istituzioni culturali, Ordini religiosi ed Enti ecclesiastici, con canone estremamente ridotto rispetto a quelli di mercato. La medesima legge è stata successivamente integrata, anche in anni più recenti, da altre disposizioni normative che hanno esteso ad una molteplicità di soggetti il beneficio della riduzione del canone d'uso (legge 1.6.1990, n. 134, d.P.R. 9.10.1990, n. 309, legge 24.3.1993, n. 75, legge 30.5.1995, n. 203, legge 29.11.1995, n. 507). A questi indirizzi dettati dal legislatore si sono dovute ovviamente conformare la gestione dei beni pubblici e l'organizzazione della Pubblica Amministrazione, con le relative risorse ed i relativi strumenti conoscitivi. Gli anni '90 Con gli anni '90, invece, si è venuto affermando con sempre maggiore insistenza un indirizzo politico-legislativo ispirato alla gestione produttiva del patrimonio immobiliare pubblico. Con la legge finanziaria per il 1990 e con il Documento di programmazione economico-finanziaria relativo alla manovra di finanza pubblica per gli esercizi 1991-1993 è stato per la prima volta previsto, per lo Stato, l'obiettivo di avviare il processo di "privatizzazione immobiliare". In particolare, il predetto Dpef prevedeva, che "un punto qualificante dell'azione di risanamento della finanza pubblica è il ricorso alla dismissione di una parte dell'ingente patrimonio dello Stato e una profonda revisione delle procedure di gestione dei beni immobili che resteranno di proprietà dello Stato". Con la legge finanziaria per il 1990 venivano concretamente quantificati gli effetti finanziari sul bilancio annuale, conseguenti alla vendita di beni immobili inservibili e ad una migliore gestione economica del patrimonio immobiliare. Venivano previste entrate derivanti da alienazioni e dalla gestione di beni patrimoniali per 500 miliardi di lire nel 1990, per 1.000 miliardi nel 1991 e nel 1992. Peraltro, le concrete possibilità di realizzazione di tali previsioni di entrate erano connesse alla prevista, ma non realizzata, conclusione Page 5 4 dell'iter parlamentare di uno specifico disegno di legge (Atto Camera n. 5000, X legislatura), concernente disposizioni per la gestione produttiva dei beni immobili dello Stato e, in particolare, per l'alienazione del patrimonio disponibile dello Stato. Le dismissioni immobiliari venivano così delimitate ai beni del patrimonio disponibile dello Stato. Una notazione preliminare riguarda la tecnica legislativa adoperata per regolamentare la materia in argomento. Infatti, sia l'avvio del processo di "privatizzazione" immobiliare, sia le fondamentali revisioni dei canoni di concessione, sia il restringimento del numero dei soggetti beneficiari sono inseriti in modo frequentemente del tutto casuale e anonimo nel testo delle leggi finanziarie e dei relativi provvedimenti collegati (come nel caso delle leggi finanziarie e dei Dpef del 1990, 1992, 1995-2000, che contengono espresse previsioni sull'avvio del processo di dismissione immobiliare), quando non addirittura in testi di decreti legge in isolati articoli degli stessi aventi tutt'altro oggetto. Ad esempio, il D.L. 2 ottobre 1995 n.415 riguarda "proroga di termini a favore dei soggetti residenti nelle zone colpite dagli eventi alluvionali del novembre 1994 e disposizioni integrative del D.L. 23 febbraio 1995 n.41, convertito con modificazioni...", che a sua volta si riferiva a "misure urgenti per il risanamento della finanza pubblica e per l'occupazione delle aree depresse"; la stessa rubrica dell'art.5 D.L. 415/95 - "altre disposizioni fiscali urgenti e di contenimento della spesa pubblica" non segnala in alcun modo la presenza all'interno dell'articolo di disposizioni concernenti "entrate" dello Stato, quali sono i canoni percepiti dalla concessione o locazione ai terzi dei suoi beni patrimoniali. In altre parole, per tutto quel periodo è mancata una riflessione sistematica ed esauriente sul problema immobili pubblici, preliminare ad ogni disposizione normativa. Si è invece proceduto a tentoni, senza una chiara linea d'intervento e con delle sovrapposizioni dettate da una non univoca interpretazione del fenomeno dismissioni, che si sono risolte in un groviglio di leggi che si sono ostacolate tra di loro. I PRINCIPALI TENTATIVI DI DISMISSIONE / VALORIZZAZIONE DEL PATRIMONIO PUBBLICO La legge n. 35 del 29 gennaio 1992 Il provvedimento dettava specifiche disposizioni per l'alienazione di beni patrimoniali suscettibili di valorizzazione. In particolare, l'art. 2 di tale legge autorizzava il Ministro delle Finanze a costruire, avvalendosi di consorzi di banche Page 6 5 nonché di altri operatori economici o di società, una mappa dei beni immobili dello Stato alienabili, corredata, tra l'altro, di dati catastali ed ipotecari, nonché di elementi per la determinazione del valore degli immobili stessi ai prezzi di mercato correnti. Con deliberazione del 31 marzo 1992, il CIPE stabiliva, su proposta del Ministro delle Finanze, le modalità e le finalità della società a capitale misto da costituire per l'alienazione e la gestione dei beni immobili del patrimonio disponibile dello Stato. Nella deliberazione CIPE, veniva individuato l'IMI quale soggetto promotore della costituenda società; era previsto che la quota maggioritaria fosse sottoscritta e versata da enti pubblici economici e da soggetti controllati direttamente o indirettamente, nonché da società a partecipazione statale diretta o indiretta. L'holding, prevista dal CIPE, avrebbe dovuto operare attraverso società per azioni da costituire appositamente conservandone la partecipazione maggioritaria, nonché sulla base di articolazioni regionali proprie. Lo stesso IMI era stato autorizzato ad anticipare, in acconto sui proventi derivanti dalle alienazioni e dalle gestioni, un importo pari al 50% sino alla concorrenza di 3.000 miliardi; i soggetti affidatari dovevano anticipare allo Stato, in acconto sui proventi derivanti dalle alienazioni e dalle gestioni, un importo non inferiore al 50%. Al 31 dicembre 1992 era fissato il termine per il versamento all'Erario dei proventi delle alienazioni. Un Comitato di Ministri doveva sovrintendere all'attuazione dei programmi di gestione e di vendita, con l'emanazione delle direttive occorrenti per l'accelerazione delle procedure, avvalendosi, per il concreto esercizio della vigilanza, di un comitato tecnico appositamente istituito. In linea con l'orientamento della legge n. 35/92, con la legge n. 359 dell'8 agosto 1992 si prevedeva di destinare gli introiti derivanti dalla vendita di beni dello Stato alla copertura degli oneri derivanti dal debito pubblico in funzione di riequilibrio di bilancio. Il sistema delineato dalla citata legge n. 35 del 1992, con la previsione di deleghe di funzioni a società per azioni ed a forme di delegificazione nell'alienazione dei beni patrimoniali, era stato espressamente autorizzato ad operare in deroga alla normativa di contabilità generale dello Stato. Il complesso meccanismo, che rimetteva alla holding l'alienazione e la gestione dei beni per un periodo non preventivamente determinato e con poteri che facevano riferimento ad un mandato conferito dal Ministero delle Finanze, richiedeva comunque tempi di realizzazione non brevi. Page 7 6 In ogni modo, tranne che per l'iniziale autorizzazione al Ministro delle Finanze a stipulare la convenzione con Immobiliare Italia, Comitato dei ministri e Comitato tecnico non hanno mai concretamente operato. Così come non è mai entrata alla fase operativa la stessa società Immobiliare Italia. La bozza di convenzione, che non sarebbe mai stata stipulata, e alla cui definizione si addivenne soltanto nel settembre del 1993, prevedeva l'individuazione, da parte del Ministero delle Finanze, dei beni suscettibili di alienazione per la successiva comunicazione alla medesima società, il conferimento di un mandato con rappresentanza per l'esecuzione di specifiche operazioni di alienazione, nonché l'erogazione (obbligatoria, a parere del Ministero, ai sensi della legge n. 35 del 1992) di anticipazioni da parte della società al bilancio dello Stato, in acconto sui proventi derivanti dalle alienazioni e dalle gestioni, di almeno il 50% del valore dei beni o diritti parziali da alienare. La procedura subì, però, un primo fermo per le perplessità sorte circa l'opportunità di consentire le predette anticipazioni con tassi di interesse che risultavano superiori rispetto al normale costo dell'indebitamento a breve dello Stato. Venne pertanto proposta una modifica della normativa, poi concretatasi nella disposizione dell'articolo 14 del decreto legge 31 marzo 1994, n. 216, che rendeva facoltativo il precedente obbligo dello Stato di chiedere la predetta anticipazione e si affidava al Ministro del Tesoro la determinazione dei tassi di interesse, con riferimento a quelli di mercato. Si poteva, così, dare inizio alla richiesta dei pareri al Consiglio di Stato ed ai Ministeri competenti, che si risolsero con una serie di rimandi e richieste di chiarimenti successivi, che portarono il Consiglio di Stato ad emettere soltanto un parere interlocutorio nel marzo del 1995 con il quale vennero richiesti una serie di atti e chiarimenti. In relazione al parere interlocutorio emesso dal Consiglio di Stato, il Ministero delle Finanze prospettava ulteriori perplessità in ordine al conferimento dell'incarico ad Immobiliare Italia, chiedendo in merito anche l'avviso del Ministero del Tesoro. A seguito della formalizzazione delle perplessità davanti al Consiglio di Stato, la società Immobiliare Italia prendeva atto dell'impossibilità oggettiva di addivenire al perfezionamento della convenzione e del conseguente venir meno della condizione per Page 8 7 mantenere in vita l'iniziativa. Ciò anche in considerazione che, le mutate condizioni soggettive di alcuni azionisti ed il mutato quadro normativo, che aveva visto la nascita dei fondi immobiliari, avrebbero in ogni caso dovuto condurre ad un ripensamento delle modalità fino ad allora ipotizzate per procedere all'alienazione ed alla valorizzazione del patrimonio immobiliare dello Stato. Con una lettera inviata il 4 dicembre 1995, l'Amministratore Delegato della società informava il Presidente del Consiglio che "i soci erano pervenuti alla determinazione di considerare esaurito il ruolo di Immobiliare Italia come società candidata alla gestione del processo di dismissione quale delineato dalla legge 35 del 1992" e che gli stessi soci intendevano informare il Consiglio di Amministrazione di tale decisione, "mentre qualcuno di loro si riservava di valutare la convenienza di mantenere in vita la Società per eventuali iniziative nell'ambito dei rispettivi programmi aziendali, con gli opportuni adattamenti dell'oggetto sociale". Non avendo ricevuto alcun riscontro dal Governo, su unanime decisione del Consiglio di Amministrazione, il 1° marzo 1996 la Società comunicava formalmente al Ministero delle Finanze la rinuncia a proseguire le trattative per la stipula della proposta Convenzione. Ripercorrendo l'iter di questo primo progetto di privatizzazione immobiliare, va sicuramente riconosciuto che il suo fallimento sostanzialmente dipese dalla inadeguatezza iniziale del progetto stesso. Non si può, però, non rilevare come siano occorsi cinque anni per rendersi conto che l'iniziativa andava abbandonata e che fino all'ultimo il ruolo attivo sia stato esercitato dalla società candidata all'affidamento dell'incarico di procedere alle alienazioni. La Pubblica Amministrazione e lo stesso Governo si sono, infatti, limitati ad un ruolo passivo e circospetto, con evidenti diversità di orientamento fra i dicasteri interessati, che non hanno, però, dato luogo a confronti espliciti e chiarificatori, che avrebbero consentito molto tempo prima di porre termine al progetto, ma si sono, invece, manifestati in via indiretta e mediata, attraverso richieste di parere e suggerimenti di richieste di parere al Consiglio di Stato, compiutamente investito, da parte sua, del complesso delle questioni solo quando il fallimento era divenuto ormai a tutti evidente. Page 9 8 La legge n. 662 del 23 dicembre 1996 Un deciso cambiamento di strategia nel processo di "privatizzazione immobiliare" è avvenuto con le disposizioni contenute nell'art. 3, commi da 86 a 119, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, che ha disposto, con l'abrogazione della legge n. 35 del 1992, nonché del comma 6 dell'articolo 32 della legge n. 724 del 1994, l'abbandono dell'originario progetto di dismissione del patrimonio immobiliare disponibile. Con le citate disposizioni della legge n. 662 era stato previsto un doppio regime per la gestione dei beni immobili dello Stato. A) I beni di maggiore rilevanza economica dovevano confluire nell'ambito dei fondi immobiliari pubblici, istituiti ai sensi dell'art. 14-bis della legge 25 gennaio 1994, n. 86, residuando per i restanti beni immobili la possibilità di vendita diretta da parte dell'amministrazione finanziaria. In applicazione di tali disposizioni, il Ministero del Tesoro è stato autorizzato, per l'attivazione del processo di dismissione del patrimonio dello Stato, a sottoscrivere quote di fondi immobiliari mediante apporto di beni immobili e di diritti reali dello Stato aventi significativo valore (almeno due miliardi), nonché mediante apporti in denaro. A tal fine, entro il 31 dicembre 1997 - termine prorogato di sei mesi dalla legge n. 449 del 1997 la Commissione presieduta dal prof. Vaciago, nominata dal Ministro delle Finanze, doveva trasmettere al Ministero del Tesoro un elenco, comprensivo dei dati necessari per la loro individuazione e classificazione, dei beni immobili e dei diritti reali su immobili, appartenenti al patrimonio dello Stato e suscettibili di valorizzazione e di proficua gestione economica. In base alla normativa in esame, l'elenco doveva contenere la descrizione dei beni e dei diritti con tutti i dati necessari alla loro individuazione e classificazione, compresi la natura, la consistenza, la destinazione urbanistica, il titolo di provenienza, con relativa certificazione catastale ed una sintetica relazione sull'attuale condizione di diritto e di fatto rilevate. Inoltre, entro il mese di febbraio 1997, le amministrazioni statali avrebbero dovuto comunicare al Ministero delle Finanze le situazioni di utilizzazione a qualunque titolo, anche per usi governativi. La mancata comunicazione avrebbe comportato la presunzione di cessazione delle esigenze di pubblico interesse all'utilizzazione del bene e la sostituzione, da parte del Ministro delle Finanze, delle Amministrazioni inadempienti, agli effetti dell'attivazione del processo di dismissione immobiliare. Per la gestione dei fondi immobiliari, entro il 30 giugno 1997, il Ministero del Tesoro avrebbe dovuto promuovere la costituzione di una o più società ed assumere, Page 10 9 direttamente o indirettamente, partecipazioni nel relativo capitale. In base alla citata normativa, era prevista la dismissione, anche graduale, della partecipazione nella società di gestione in relazione al trasferimento delle quote di partecipazione ai fondi sottoscritte dal Ministero del Tesoro mediante apporti in natura. Banche, società di intermediazione mobiliare, imprese assicurative e società immobiliari avrebbero potuto sottoscrivere la restante quota del capitale della società di gestione. Veniva affidata al Ministro del Tesoro la determinazione delle condizioni di cessione delle quote dei fondi immobiliari. Il complesso processo di applicazione della disciplina per la sottoscrizione di fondi immobiliari, contenuta nelle citate disposizioni, si arenò nella sua fase iniziale. L'evidente complessità della selezione degli immobili oggetto del previsto processo di valorizzazione indusse il legislatore, come si è già detto, a prorogare al 30 giugno 1998 il termine entro cui la Commissione nominata dal Ministero delle Finanze doveva completare la predisposizione del predetto elenco degli immobili. Sebbene la Commissione risultava aver concluso, per quella data, una prima fase dei propri lavori, con la trasmissione di un elenco di beni immobili al Ministero del Tesoro, il quale avrebbe dovuto procedere ad una valutazione dei beni stessi agli effetti degli adempimenti per l'attivazione dei fondi immobiliari pubblici, questi ultimi non sono stati mai istituiti. B) Per i beni immobili ed i diritti reali su immobili appartenenti allo Stato che non siano stati conferiti ai fondi, e quindi di valore catastale inferiore ai 2 miliardi di lire, veniva consentita la possibilità di alienazione, direttamente dall'Amministrazione finanziaria, qualunque fosse il valore di stima, mediante asta pubblica, o in caso di asta deserta, mediante trattativa privata, sulla base del miglior prezzo di mercato (art. 3, comma 99). Il prezzo di vendita di tali immobili doveva essere determinato sulla base di documentate indagini di mercato eseguite a livello locale, tenuto conto dei valori rilevati dall'Osservatorio del mercato dei valori immobiliari istituito presso il Dipartimento del territorio. Era demandata al Direttore generale del Dipartimento del territorio l'approvazione dei contratti di vendita per importi superiori a 2 miliardi di lire; per importi tra 600 milioni e 2 miliardi essa spettava al direttore centrale del demanio, e, per importi fino a 600 milioni, ai direttori delle direzioni compartimentali del territorio. Risultava altresì che, per effetto dell'articolo 14, comma 12, della legge n. 449 del 1997, il comma 99 dell'articolo 3 della legge n. 662 del 1996 era stato sostituito con la Page 11 10 previsione di norme dirette ad accelerare le procedure delle dismissioni immobiliari. In base a tali disposizioni, i beni immobili e i diritti reali immobiliari appartenenti allo Stato non conferiti nei fondi immobiliari potevano essere alienati dall'Amministrazione finanziaria, a trattativa privata, quando il loro valore di stima, determinato sulla base del miglior prezzo di mercato, non avesse superato i 300 milioni di lire, ovvero mediante asta pubblica e, qualora quest'ultima fosse andata deserta, mediante trattativa privata, con apposita disciplina diretta a garantire il diritto di prelazione dei comuni, per importi superiori ai 300 milioni. Tale disciplina attribuiva, in sostanza, all'Amministrazione finanziaria l'individuazione del regime da applicare per la gestione dei beni immobili dello Stato, tenuto anche conto che ad essa competeva l'attribuzione dei valori per i beni immobili privi di valore catastale. Risultava, quindi, ancora una volta determinante, ai fini del conferimento ai fondi immobiliari ovvero per l'affidamento all'Amministrazione finanziaria ai fini della possibile vendita, la determinazione, oltre che l'aggiornamento, da parte della medesima Amministrazione finanziaria, del valore catastale dei beni del patrimonio disponibile dello Stato. Ai fini dell'espletamento dei compiti affidatigli, l'Amministrazione, se si eccettua la rilevata mancanza di una banca dati aggiornata e quindi affidabile, non è sembrata preoccupata dei problemi organizzativi. Ha considerato, invece, essenziale un ulteriore snellimento delle procedure, non ritenendo sufficienti l'eliminazione del parere obbligatorio del Consiglio di Stato e la diversa articolazione delle competenze. Le misure suggerite comprendevano, a titolo esemplificativo: a) la diminuzione dei tempi e dei costi della pubblicità degli avvisi di gara; b) la possibilità per l'Amministrazione di introitare il prezzo di vendita al momento dell'aggiudicazione (invece che dopo l'approvazione e la registrazione della Corte dei conti); c) l'estensione della possibilità di vendita a trattativa privata oltre i limiti sopra consentiti, in modo da evitare l'esito negativo della procedura dovuta ad asta andata deserta, nel rispetto, naturalmente, della trasparenza e dell'uniformità di comportamento degli uffici. In linea con l'esigenza di individuare i beni immobili di maggiore rilevanza economica, l'art. 14 del decreto legislativo 7 agosto 1997, n. 279 ha successivamente Page 12 11 previsto l'introduzione, nel conto generale del patrimonio, di una classificazione dei beni e dei diritti dello Stato in grado di consentire l'individuazione dei beni suscettibili di utilizzazione economica; tale disposizione, che va raccordata con quella relativa al conferimento nei fondi immobiliari dei beni immobili di valore catastale superiore ai 2 miliardi di lire, doveva contribuire ad orientare le scelte di dismissioni mobiliari ed immobiliari. Complessivamente, alla data del 30.6.98, la Commissione aveva individuato e proposto per il conferimento ai fondi immobiliari 158 immobili di valore significativo (oltre i due miliardi), per un valore complessivo di circa 2.000 miliardi di lire. Contestualmente, l'attività di vendita diretta da parte dell'Amministrazione demaniale, nell'anno 1998, si era concretizzata con la vendita di 447 beni per un valore di circa 43miliardi di lire, obiettivo peraltro assegnatole in quell'anno. Le alienazioni in esame hanno interessato soprattutto beni immobili di valore inferiore a 300 milioni e sono state attuate con ricorso sia all'asta pubblica, sia alla trattativa privata. In quest'ultimo caso, gli immobili in vendita sono stati pubblicizzati anche su Internet. I risultati dei lavori della Commissione rivelarono, rispetto alle attese, la modestia dell'entità dei beni c.d. valorizzabili. Ciò, in larga parte, è imputabile, come s'illustrerà in seguito, all'incompletezza dei tabulati, elaborati dalla concessionaria SOGEI sulla base dei dati raccolti dalle indicazioni degli uffici periferici, rispetto alla reale entità del patrimonio disponibile dello Stato. La legge n.448 del 23 dicembre 1998 Il provvedimento riduce ulteriormente il peso assegnato alla dismissione del patrimonio dello Stato, dando enfasi all'obiettivo di valorizzazione. In tal senso, si distinguono gli immobili in uso (a) e gli immobili non in uso (b). Titolate all'acquisto o alla gestione degli immobili di tipo (a) sono esclusivamente le società per azioni, alla cui costituzione possono partecipare anche le amministrazioni pubbliche. Gli immobili al punto (b) possono essere affidati in concessione a privati o amministrazioni pubbliche che presentino relativo progetto di ristrutturazione o ricostruzione ai fini di una proficua utilizzazione del bene in oggetto, dietro corresponsione di un prezzo. Vengono sospesi i vincoli temporali, precedentemente introdotti, per l'individuazione degli immobili da alienare e per la costituzione dei fondi immobiliari, non tanto per operare uno snellimento o un'accelerazione delle procedure, ma come frutto di una chiara Page 13 12 ricognizione delle difficoltà incontrate con la normativa precedente. Inoltre, l'esclusione degli immobili semplicemente d'interesse storico e artistico, comporta, anche se solo teoricamente, vista l'indeterminatezza degli elenchi, una contrazione della lista degli immobili suscettibili di valorizzazione o alienazione. Nel complesso, l'innovazione della norma riguarda solo l'obiettivo generale la valorizzazione, anziché la dismissione lasciando pressoché invariate le problematiche incontrate negli anni precedenti. Difatti, a consuntivo, i risultati si sono rivelati di gran lunga inferiori agli obiettivi. La legge n.488 del 23 dicembre 1999 La normativa ripropone come obiettivo principale la dismissione del patrimonio immobiliare, estendendo il provvedimento all'intero settore pubblico (essenzialmente si aggiungono gli enti previdenziali). Si modifica l'impostazione di vendita frazionata, cercando di incentivare la dismissione a blocchi, grazie all'utilizzo di intermediari. Per agevolare le operazioni di vendita, il Tesoro si avvale di consulenti scelti con procedure competitive per la stima dei valori dei beni oggetto della dismissione, vietando a questi di partecipare a qualsiasi titolo all'operazione. Inoltre, si procede ad uno snellimento e velocizzazione delle procedure, eliminando in capo a chi vende l'onere della consegna dei documenti relativi alla proprietà e prevedendo misure di controllo e di penalizzazione nei confronti degli enti inadempienti. Viene ridotto, imponendo un vincolo temporale di risposta, l'ostacolo del Ministero dei Beni Culturali. La normativa prevede che, oltre alla dismissione, si provveda a dar vita alla cartolarizzazione dei crediti dei canoni di locazione per gli immobili degli enti previdenziali. Pur costituendo un notevole passo in avanti nel tentativo di operare una gestione produttiva del patrimonio pubblico, anche questo tentativo non è stato foriero di risultati incoraggianti. In particolare, i vincoli di tempo per la rivendita, superati i quali gli intermediari che partecipano alla dismissione rispondono della mancata vendita, sembrano aver costituito un significativo disincentivo alla partecipazione all'operazione da parte delle società specializzate. In generale, permangono anche in questo caso i problemi di fondo, discussi di seguito, della gestione del patrimonio pubblico. Page 14 13 L E PROBLEMATICHE DI FONDO PER LA DISMISSIONE DEL PATRIMONIO PUBBLICO Carenze e difficoltà tecniche per la ricognizione del patrimonio immobiliare Già nella prima fase del processo di dismissione sono apparse subito evidenti gravi carenze in ordine alla effettiva possibilità di completa conoscenza, in sede centrale, dell'andamento complessivo della gestione. Ciò si spiega con la circostanza che il sistema informativo non era in realtà predisposto per monitorare l'attività di alienazione immobiliare, ma solo per avere il quadro aggiornato della consistenza in essere (a onor del vero neanch'esso disponibile ancora fino al 1998). In questo modo, quando si verificava un'alienazione, l'ufficio periferico competente si limitava - quando lo faceva - ad annullare la scheda del bene stesso, che veniva così ad essere espunto dal numero dei beni in carico e di esso restava memoria solo in un generico archivio "storico", non accessibile direttamente, relativo alle informazioni pregresse, nel quale non venivano peraltro introdotti i dati relativi all'alienazione stessa. A causa, poi, delle omissioni e dei ritardi nell'annullamento delle schede dei beni alienati, non era neanche possibile ottenere un elenco completo di tali annullamenti ipotizzabili come dismissioni, in modo da poter procedere all'acquisizione manuale dei dati desiderati. Poiché non c'era nessuna possibilità di avere un elenco delle alienazioni attraverso il sistema informativo automatizzato, in quanto l'archivio vivo riguardava i soli beni in carico e l'archivio storico non comprendeva tutti i beni effettivamente alienati, un bene, anche se venduto, poteva risultare comunque in carico. Pur disponendo di un sistema informativo sofisticato e costoso, le informazioni relative alla vendita dei beni immobili dello Stato erano fruibili da parte del Ministero delle Finanze in modo analitico solo su supporto cartaceo e previo laborioso censimento ad hoc dei beni effettivamente venduti presso le Direzioni compartimentali e gli Uffici del registro. Ed anche qui l'acquisizione dei dati non avveniva per via telematica, ma con la compilazione manuale di schede di rilevazione trasmesse a mezzo posta. Dalle indagini della Corte dei Conti relative al periodo 1992-98, inoltre, emergeva che: "indipendentemente dal sistema informativo, appare inadeguato anche il database apprestato dalla SOGEI utilizzando i dati propri della Direzione Centrale del Demanio, quelli del sistema informativo ed i dati già acquisiti dagli uffici periferici. Mancano, infatti, del tutto i dati riferiti a estensione in mq. delle pertinenze, eventuale indizione Page 15 14 d'asta e relativo valore base, eventuali indennizzi ed oneri accessori, spesa totale e modalità di pagamento. Sono poi quasi sempre assenti (nel 90% o più dei casi): data di determinazione del valore d'inventario, precedente utilizzazione, destinazione piano regolatore, consistenza venduta in vani, codice fiscale e precedente posizione giuridica dell'acquirente rispetto all'immobile. Per il 30% dei casi, infine, mancano anche le informazioni relative a: consistenza vani, consistenza metri quadri, consistenza venduta in mq., valore e data di stima del bene, titolo e data di provenienza, tipologia del bene, modalità di assegnazione, eventuali vincoli normativi alla vendita, numero e colore della scheda. Dati più o meno completi sono, in definitiva, disponibili solo per: regione, provincia, direzione compartimentale, comune, denominazione dell'immobile, cognome e nome o ragione sociale dell'acquirente e prezzo di vendita dell'immobile. Anche per il valore d'inventario, infatti, i dati mancano nel 17,8% dei casi (per 73 beni su 410). A quest'ultimo proposito va, peraltro, tenuto presente che, anche quando i dati di inventario riferiti ai beni immobili sono disponibili, essi coincidono puramente e semplicemente con i prezzi di vendita, e ciò in quanto l'Amministrazione finanziaria, al momento di effettuare la vendita, e quindi dopo aver già individuato i beni da alienare (secondo criteri che non è stato possibile rilevare), procede all'aggiornamento degli stessi dati inventariali rapportandoli a quelli base per la vendita. Il panorama che se ne ricava è quello di un'amministrazione che spesso ignora tanto il valore di ciò che amministra, quanto l'esatta individuazione dei beni nominativamente intesi." A tal proposito, si può sin da ora osservare che il quadro normativo è stato sicuramente rivoluzionato con l'entrata in vigore del d.lgs. n. 513 del 1998 che riconosce validità ai documenti elettronici ed alla firma digitale. Con tale provvedimento sono venute a cadere le difficoltà normative per l'aggiornamento e la corretta tenuta degli archivi informatizzati. Così come per le registrazioni automatizzate da parte degli Uffici del Registro delle riscossioni relative alle vendite immobiliari. C'è però da chiedersi se in realtà, non rimanga un vincolo di ordine culturale: la registrazione - magnetica o manuale che sia - viene probabilmente vista solo come un adempimento esclusivamente finalizzato a dare validità legale alla registrazione stessa, mentre sembra, invece, mancare la consapevolezza che si tratta di un presupposto essenziale per l'effettivo monitoraggio e governo dei fatti gestionali. Page 16 15 Nel processo di spostamento delle competenze e delle relative funzioni dal centro alla periferia, inoltre, si segnala la semplificazione del procedimento di presa in consegna degli immobili di proprietà dello Stato e il potenziamento dei relativi compiti di sorveglianza. Alla fine del 1998, la consegna di detti beni immobili per esigenze istituzionali da parte di altre Amministrazioni Statali o della stessa Amministrazione Finanziaria doveva essere autorizzata dal Ministero. Ora, invece, è la Sezione Staccata che provvede direttamente a tale compito. Questa nuova procedura dovrebbe consentire una rapida valutazione decentrata e, quindi, una veloce presa in consegna del bene in questione da parte delle Amministrazioni richiedenti. Anche l'istituzione della figura dell'Ispettore Demaniale, che ha compiti di sorveglianza e di verifica sugli eventuali abusi a danno dei beni demaniali e sulla effettiva destinazione dei beni presi in consegna dalle altre Amministrazioni, ha messo fine al vuoto giuridico verificatosi nel periodo successivo alla soppressione delle Intendenze di Finanza. Tuttavia, l'elemento innovativo di maggiore rilevanza è stata la riforma del Ministero delle Finanze, che ha comportato la trasformazione dei tre dipartimenti in quattro agenzie (entrate, dogane, territorio, demanio e patrimonio dello Stato), e rappresenta l'occasione per realizzare il nuovo modello decentrato di gestione. All'Agenzia del demanio, infatti, nel decreto legislativo n.300 del 30 luglio 1999, viene attribuita "l'amministrazione dei beni immobili dello Stato, con il compito di razionalizzarne e valorizzarne l'impiego, di sviluppare il sistema informativo sui beni del demanio e del patrimonio, utilizzando in ogni caso, nella valutazione dei beni a fini conoscitivi, criteri di mercato, di gestire con criteri imprenditoriali i programmi di vendita, di provvista, anche mediante l'acquisizione sul mercato, di utilizzo e di manutenzione ordinaria e straordinaria di tali immobili". Alla stessa Agenzia sono anche attribuiti "i servizi estimativi in precedenza svolti dagli uffici tecnici erariali, che può offrire direttamente sul mercato". Sulla base di questo schema, l'Agenzia può, infine, "stipulare convenzioni per la gestione dei beni immobiliari con le regioni, gli enti locali ed altri enti pubblici". Lo stesso decreto legislativo conferma, quindi, che - diversamente da quella delle altre agenzie, le quali sono chiamate ad esercitare funzioni, il cui espletamento richiede necessariamente il prioritario rispetto di ben precise garanzie di legalità e di imparzialità - l'attività dell'agenzia del demanio viene ad assumere marcate connotazioni Page 17 16 economico- imprenditoriali, con il corollario di doversi, ovviamente, ispirare ad oggettivi criteri di economicità e di efficienza, sia nella produzione, sia nella distribuzione dei servizi. Per quanto riguarda l'organizzazione interna e le innovazioni che sono state introdotte nei rapporti centro periferia, si rimanda allo Statuto dell'Agenzia del Demanio, che tra le altre cose, prevede lo sviluppo di un sistema informativo interno (la cui messa in opera è prevista per il marzo di quest'anno) e una struttura organizzativa suddivisa per ambiti di responsabilità e competenza, articolata su due livelli: gli organi periferici, le Filiali, cui spetta l'esercizio concreto dei compiti di amministrazione attiva; la strutture centrale, la Direzione Generale, cui fanno capo i soli compiti della pianificazione strategica e del controllo di gestione. I problemi della gestione del patrimonio Il contenzioso - L'applicazione dei provvedimenti finalizzati al recupero della redditività dei beni, mediante l'uso di nuovi criteri di determinazione dei canoni, ha creato situazioni di diffuso contenzioso giurisdizionale, specie con riguardo agli immobili urbani destinati ad uso abitativo. Tali norme, che hanno sollevato dubbi di costituzionalità per il fatto di applicarsi anche ai contratti già in essere al momento della loro entrata in vigore, si sono rivelate di difficile interpretazione e di ancor più difficile applicazione. Nella maggior parte dei casi, o non si è proceduto affatto all'aggiornamento, oppure l'aggiornamento ha dato luogo ad un insostenibile contenzioso giudiziario instaurato dagli usuari (in special modo dipendenti pubblici assegnatari di alloggi), con numerose richieste di sospensioni dei pagamenti, che hanno accentuato le difficoltà gestionali degli enti preposti. Siccome, però, questi ultimi già faticavano ad emettere tempestivamente le proprie valutazioni tecniche, non è infrequente il caso, che i canoni vengano comunicati oltre il quinquennio di prescrizione. Più in generale, l'applicazione delle nuove regole in materia di rivalutazione dei canoni, per il fatto di richiedere ad un'amministrazione già caratterizzata da ridotta capacità operativa uno sforzo straordinario di istruttoria e valutazione da svolgersi caso Page 18 17 per caso, ha finito per rivelarsi nella pratica scarsamente attuabile e non ha dato buoni risultati. Di fatto, gli importi determinati secondo le nuove regole non vengono pagati quasi da nessuno, sicché l'atteso incremento di redditività non si è verificato. Morosità - La già segnalata inadeguatezza del sistema informativo non consente di conoscere appieno le situazioni di morosità. Alla voce "ultimo importo riscosso", i tabulati SOGEI espongono cifre che possono riferirsi tanto a singoli ratei, quanto ad arretrati, anticipi o conguagli. Quando poi si tratti di un canone, non ne viene indicata la cadenza. Pertanto, se è possibile accertare quali siano gli usuari morosi, non è invece facile conoscere di quali somme siano debitori. In caso di sospensione della riscossione a seguito di contenzioso, non viene effettuata alcuna verifica da parte dell'Ufficio del Registro circa lo stato di quest'ultimo. Accade pertanto che il canone non venga riscosso anche per periodi di tempo molto prolungati. D'altra parte, gli Uffici che amministrano i beni ignorano l'attività svolta dagli Uffici del registro (competenti alla riscossione fino al 31.12.1997), poiché di essa vengono informate mensilmente soltanto le Ragionerie. In assenza di qualsiasi collegamento telematico tra settori della stessa amministrazione finanziaria, la "copia letterale" viene materialmente trasmessa agli uffici gestori solo in caso di espressa richiesta, o comunque viene trasmessa non sistematicamente. Si noti che, qualora gli Uffici del registro omettano di segnalare tempestivamente l'insolvenza, le Sezioni, che effettuano la verifica diretta delle situazioni di morosità con cadenza solo quinquennale, restano all'oscuro del fenomeno, e perciò non danno inizio alla procedura di riscossione coattiva. Abusivismo - Anche in questo caso è utile riportare i lavori della Corte dei Conti che, grazie al fatto che i beni pubblici non possono essere occupati o utilizzati senza l'espletamento delle procedure previste dalla legge a tutela di interessi individuali e collettivi, ha potuto richiedere dati ed informazioni relative alla destinazione d'uso dei singoli immobili censiti: "In primo luogo possono essere evidenziate le dimensioni del fenomeno dell'abusivismo a livello di aree geografiche: nel Lazio, su 126 campioni esaminati, sono stati accertati 38 casi di abusivismo vero e proprio, pari al 30 %, e 52 casi di titoli Page 19 18 precari (interruzione della concessione imposta dall'amministrazione); in Molise risultano occupati abusivamente il 27 % circa del totale complessivo degli immobili censiti, con una particolare proliferazione del fenomeno nel territorio della provincia di Campobasso; a Firenze, sui circa 250 alloggi gestiti dall'Ufficio del Territorio, n.25 sono risultati occupati "sine titulo" e n.88 occupati da usuari in possesso di titolo contrattuale scaduto e non rinnovabile, di cui 55 dipendenti pubblici. Preoccupante è anche il caso della Campania, dove su un totale di 3.154 beni censiti appartenenti al Demanio e al Patrimonio dello Stato, ben 761 (pari al 24%) sono risultati ufficialmente occupati "sine titulo". I dati appaiono ancor più preoccupanti se si considera anche l'elemento temporale oltre a quello quantitativo; nel Lazio, per esempio, sono stati riscontrati casi di abusivismo precedenti al 1960 e in Molise addirittura al 1935. Per quanto concerne le categorie tipologiche di beni immobiliari che hanno registrato la frequenza più elevata di abuso, esse non hanno una connotazione particolare. Lo stato insoddisfacente delle conoscenze oggettive dei beni pubblici riguardano in special modo l'uso e le eventuali occupazioni dei beni aperti all'uso comune, per i quali la normativa non prevede la possibilità né di usi economici, né di alienazione. Un dato costante è, poi, l'inadeguatezza delle iniziative intraprese dalle amministrazioni competenti nei confronti degli occupanti abusivi, sul cui esito, spesso, non sono state fornite notizie, o addirittura si è accertato che l'amministrazione si è attivata solo dopo le istanze della Corte." Tutto ciò, in riferimento ad una fattispecie le cui cifre sono destinate a salire, se si pensa che si tratta di un fenomeno per sua natura occulto, e perciò spesso quantificabile nella sua effettività solo mediante accertamenti diretti. Altro problema riguarda le concessioni emesse a sanatoria di occupazioni sine titulo, ed è particolarmente grave, in quanto, viene a premiare con un riconoscimento di legalità un comportamento abusivo, protratto a detrimento innanzitutto dello Stato e poi di altri potenziali beneficiari, e spesso con il riconoscimento di un corrispettivo ridotto rispetto a quello che l'amministrazione avrebbe potuto pretendere se il procedimento concessorio fosse stato rispettato nella sua ritualità. Page 20 19 Il problema non è di facile risoluzione, in quanto non è possibile riscuotere coattivamente mediante ruolo le somme dovute per l'utilizzazione anche senza titolo dei beni demaniali e patrimoniali dello Stato. Ciò perché, presupposto per l'iscrizione a ruolo delle entrate derivanti dall'utilizzo dei beni immobili dello Stato, è l'esistenza di un titolo avente efficacia esecutiva (nella fattispecie: contratto, sentenza di condanna passata in giudicato). Le conseguenze che ne discendono risultano essere oltremodo onerose, poiché il giudicato definitivo del giudice ordinario giunge di consueto dopo molti anni e comporta, nelle more, la sospensiva delle riscossioni. Manutenzione - Il primo problema che si riscontra è quello dell'individuazione dei soggetti titolari della gestione, poiché gli interventi di manutenzione sono svolti dal Provveditorato Regionale alle opere pubbliche al quale è demandata l'esecuzione delle opere edilizie per conto dello Stato su edifici pubblici in uso a tutte le amministrazioni statali. L'attribuzione obbligata per legge dei lavori di manutenzione ad un altra struttura periferica dello Stato (Provv. Regionali delle OO.PP.) senza che sia stata neppure prevista una costante interazione con la struttura principalmente incaricata della gestione, ossia con il Ministero delle Finanze, ha costituito un elemento di scarsa economicità di gestione, unitamente al fatto che l'attività di manutenzione ordinaria può contare su disponibilità finanziarie molto limitate e accreditate con scansioni temporali tali da non consentire alcuna programmazione. Altro elemento negativo emerso è il ricorso per l'esecuzione di lavori di ordinaria manutenzione di immobili demaniali alla procedura d'urgenza, senza che ne esistano i presupposti. Il problema appare più evidente se si riflette sul fatto che il Ministero delle Finanze ha limitato il ricorso alla procedura di urgenza solo ai casi in cui il mancato tempestivo intervento potrebbe costituire un pericolo per la pubblica incolumità o da cui potrebbe derivare un disagio per l'utente o disfunzione per il servizio, ovvero un aggravarsi dello stato manutentivo dell'immobile tale da comportare, poi, un intervento di carattere maggiore, precisando comunque che bisogna limitarsi alla semplice riparazione del danno, astenendosi da tutte quelle opere accessorie per le quali dovrà farsi ricorso alla normale procedura. Page 21 20 Conseguenza del suesposto stato normativo è la saltuarietà degli interventi di manutenzione da parte del Provv. alle OO.PP., che ha comportato un progressivo e notevole degrado strutturale degli immobili, sia per quelli adibiti ad uso governativo, che risultano inadeguati nell'impiantistica alle vigenti norme di sicurezza, sia per quelli del Patrimonio disponibile, determinando una scarsa appetibilità degli stessi sul mercato immobiliare con conseguenze negative per la redditività dei beni. Ambiguità, frammentarietà ed incompletezza dei provvedimenti passati Una prima considerazione attiene al permanere di una situazione di ambiguità per quanto riguarda la stessa missione affidata al gestore dei beni pubblici: quanto meno a partire dagli inizi del 1990, sembrerebbe che essa sia quella di massimizzare il risultato economico della gestione stessa. Ciò risulta, però, contraddetto oltre che dai comportamenti concretamente tenuti - sia dal modello organizzativo, di tipo sostanzialmente burocratico centralistico, sia dalla persistente complessità delle procedure da seguire, sia dalla mancata progettazione di interventi concretamente preordinati a superare le principali disfunzioni rilevate e sia, infine, dal permanere di vincoli di destinazione e di prezzo spesso imposti ai gestori, nell'intento di tutelare la posizione di soggetti ritenuti deboli. L'inidoneità dei meccanismi previsti per conciliare il perseguimento di obiettivi di fatto contraddittori sui quali ha in particolare insistito l'Amministrazione pubblica (gestione produttiva dei beni pubblici, da un lato, ed utilizzo dei beni pubblici per alleviare le condizioni di disagio di fasce sociali deboli o presunte tali, dall'altro) è chiaramente evidenziata dalle difficoltà incontrate nell'azione di adeguamento dei canoni che, o non si è tradotta in concreti adempimenti sul piano amministrativo, o, quando posta in essere, si è per lo più risolta in un ampio contenzioso i cui riflessi contabili sono evidenziati dall'aumento dei residui attivi in bilancio. A far superare l'ambiguità dei fini non hanno certo contribuito la frammentarietà e la mutevolezza della legislazione, che, lungi dal basarsi su interventi organici, si è affidata all'introduzione di continue e parziali modifiche contenute in provvedimenti legislativi spesso disciplinanti altre materie, o ispirati alla logica macroeconomica propria delle manovre di bilancio. In quest'ambito si è assistito a diversi cambiamenti di direzione nella scelta degli obiettivi da perseguire, passando, nel corso dei soli anni '90, Page 22 21 dall'intenzione prioritaria di alienare in blocco parte del patrimonio pubblico, a quella di voler istruire un apparato interno di gestione e valorizzazione del patrimonio, confinando ad una minima parte la volontà di procedere ad una dismissione degli immobili, per poi riconfermare l'idea iniziale di alienazione, senza peraltro convalidarla con la costituzione delle condizioni indispensabili per poter effettuare l'alienazione stessa. Di fatto, e in conclusione, si rileva come nel corso degli anni poco spazio sia stato dato alla individuazione dei fattori che possano rendere appetibile l'acquisto di cespiti provenienti dalla Amministrazione pubblica. Un miglioramento dell'attività di dismissione dei beni patrimoniali dello Stato richiede infatti che vengano seguite metodiche che garantiscano, ad un tempo, la massima trasparenza e l'allargamento della sfera degli interessati all'acquisto, attraverso correlate prestazioni di assistenza, anche creditizia, che rendano effettivo l'accesso al mercato di un più vasto numero di soggetti, ancorché non dotati della pronta liquidità richiesta e di complesse conoscenze procedurali. Quindi, non privilegiando esclusivamente la ricerca di profili sostitutivi dell'azione amministrativa, ma generando un valore aggiunto di concorrenzialità e al contempo di appetibilità dell'investimento. L A LEGGE N .410 DEL 23 NOVEMBRE 2001 La natura del provvedimento Per valutare, già nell'impostazione di fondo, la novità del recente provvedimento, occorre osservare come, nel corso degli anni, i diversi tentativi si siano concentrati sulla risoluzione delle problematiche insite nell'alienazione o valorizzazione del patrimonio immobiliare, affrontandole nella loro interezza sin dalla fase iniziale. In questo modo, i precedenti provvedimenti legislativi si sono arenati nella loro stessa complessità ed hanno richiesto, ad ogni passaggio normativo, profonde innovazioni che, inevitabilmente, andavano ad inficiare elementi di disposti antecedenti. L'accavallarsi di interventi da parte del legislatore ha così prodotto un groviglio molto intricato, risoltosi in una situazione di completa paralisi, la cui radice può essere ricondotta nella necessità di soddisfare una molteplicità d'interessi, aggravata dalla difficoltà tecnica di rendere omogeneo un processo formato da grandezze estremamente eterogenee. Page 23 22 Il recente disposto tenta di scavalcare la fase di stallo ereditata, fondandosi su un'impostazione che, ancorché in grado di tenere conto dei diversi fattori che hanno impedito la cessione negli anni scorsi, rimane incompleta, prevedendo più fasi di produzione legislativa che di volta in volta perfezionino l'iter della dismissione. In sostanza, sulla base del principio che, innanzitutto, occorre allontanare il patrimonio dalla proprietà pubblica, si ritorna all'idea di dismissione in blocco unico del patrimonio immobiliare mediante conferimento ad una o più società veicolo appositamente costituite. Viene così ripreso il modello di intervento sviluppato all'inizio degli anni Novanta con la costituzione di Immobiliare Italia, ma si operano delle opportune scelte che tendano ad aggirare i problemi incontrati in quell'esperienza. Partendo dal presupposto che la complessità della materia impedirebbe di addivenire ex ante a soluzioni di first best, il recente tentativo di dismissione si basa sulla semplificazione degli stadi del processo, limitando gli spazi d'intervento di altri soggetti all'interno dell'apparato burocratico (viene eliminata la procedura di richieste di pareri e limitata la possibilità di apporre vincoli) o tra i potenziali beneficiari di diritti in capo ai beni posti in vendita; evitando di stabilire a priori, vincolandone il buon esito, tempi e modi della rivendita. In questo modo, naturalmente, possono crearsi dei problemi che condizionino l'operazione: - soggetti cui spetterebbero dei diritti non previsti nel disposto potrebbero interrompere l'iter facendo valere le proprie ragioni in sede giudiziaria (quanto accaduto nella prima asta); - l'incertezza sui tempi e i modi della rivendita potrebbe ridurre l'interesse all'acquisto da parte degli investitori (mancata copertura della base d'asta); - la velocità d'esecuzione e l'entità della dismissione potrebbero rivelarsi troppo ambiziose, inducendo gli acquirenti a non partecipare immediatamente nel tentativo si spuntare prezzi più bassi (eccesso d'offerta). La determinazione dell'Esecutivo La manifestazione di una chiara volontà da parte del Governo di volere procedere ad una massiccia dismissione del patrimonio immobiliare, costituisce il punto di forza della legge. Agganciando il buon esito dell'operazione al conseguimento degli obiettivi del Patto di Stabilità europeo, l'Esecutivo rende credibile l'intenzione a vendere gli Page 24 23 immobili, vincolando tutti gli organi dell'Amministrazione pubblica al rispetto delle procedure. Inoltre, impedendo l'acquisto dei beni a soggetti facenti parte del Settore pubblico, salvo nei casi di immobili non residenziali da destinare a finalità istituzionali degli enti stessi, premiando le istituzioni che garantiscano una maggiore redditività dell'operazione e penalizzando anche con la sottrazione del bene in uso quelle che ne inficiano il valore, la legge riduce l'incentivo degli enti stessi ad ostacolare la formazione degli elenchi o a rallentare la rivendita. Ovviamente, come in altri casi di fissazione di regole rigide ed automatiche, agganciate ad obiettivi il cui insuccesso non è contemplabile (in questo caso il mancato rispetto dei vincoli di bilancio), la procedura di dismissione sottopone l'Esecutivo ad una costante e pericolosa prova di credibilità. Qualora dovessero verificarsi dei ritardi nella prima parte dell'operazione, il costo da sopportare per i conti di finanza pubblica sarebbero molto onerosi, tenuto conto anche del carico debitorio dell'Italia e delle non eccellenti performance di bilancio degli ultimi anni. L'innovazione dello strumento La scelta dello strumento con cui alienare il patrimonio immobiliare è funzionale e inscindibile dall'impostazione stessa della legge: la rapida sottrazione dei beni dalla proprietà pubblica. Il disposto legislativo, infatti, prevede che una volta individuati i beni si proceda alla vendita. In particolare, le società veicolo, contestualmente al ricevimento degli immobili, anticipano allo Stato quanto stabilito con decreti del Tesoro, finanziandosi, anche in più fasi, con operazioni di cartolarizzazione dei proventi attesi dalla gestione e dalla rivendita degli immobili stessi, mediante l'emissione di titoli o l'assunzione di finanziamenti. Tale strumento di vendita presenta almeno due elementi che ne garantiscono a priori l'efficacia. Innanzitutto, esso richiede un'altissima velocità d'esecuzione, spingendo verso scelte efficienti gli organi preposti alla vendita. Difatti, per poter giungere alla fase di cartolarizzazione occorre predisporre rapidamente gli elenchi il più possibile completi degli immobili da dismettere. In questa fase, tutti i soggetti che a vario titolo dispongono di parte del patrimonio pubblico sono chiamati in causa ed incentivati, con dei meccanismi di premio sul buon esito della vendita, a fornire tempestivamente le informazioni necessarie per la formazione degli elenchi. A differenza delle passate Page 25 24 esperienze, questa forma di partecipazione tra organi periferici e il centro è coadiuvata dalla riorganizzazione già ricordata dell'Agenzia del Demanio ed è suscettibile di maggior controllo grazie ai recenti sviluppi del sistema informativo della stessa Agenzia. In sostanza, sembrerebbero esserci i presupposti per superare il problema di fondo dei passati tentativi di dismissione: la mancata conoscenza del patrimonio e la scarsa possibilità di disporne. L'altro elemento di pregio della vendita a blocchi supportata da cartolarizzazione consiste nell'economicità dello strumento per chi acquista. In prima istanza, infatti, con tale procedura vengono tutelati sia gli interessi dei piccoli acquirenti interessati a singoli cespiti, sia, e cosa molto importante vista l'entità dell'operazione, le esigenze dei grandi investitori. In questo modo, si cerca di correggere uno dei punti deboli dei passati tentativi di vendita del patrimonio, in cui scarso peso si era dato alle condizioni di appetibilità dell'investimento per una più ampia platea possibile di acquirenti. C ONCLUSIONI Il giudizio complessivo, sebbene ancora condizionato dall'evoluzione non chiara di alcuni provvedimenti, può considerarsi positivo, alla luce, soprattutto, della manifestata volontà, da parte del Governo, di trovare comunque una soluzione che allontani il patrimonio dalle maglie burocratiche, che sino ad oggi hanno condotto parte del patrimonio pubblico in uno stato di completo abbandono. L'elemento fondante la recente azione di Governo trova dei precedenti nel progetto, risultato poi fallimentare, di Immobiliare Italia e ancora prima nella dismissione operata da Quintino Sella alla fine del XIX secolo. L'idea di intervenire in modo radicale e netto sulla destinazione del patrimonio immobiliare, si giustifica con la presa di coscienza che la molteplicità d'interessi chiamati in causa difficilmente potrebbe essere soddisfatta all'interno della gestione pubblica. L'uso di strumenti "recisivi" anziché "curativi", deriva appunto dallo stato di malessere in cui versa il patrimonio pubblico. Questo, tuttavia, non implica tout court una svendita a nocumento delle finanze pubbliche, bensì la necessità di ripercorrere strade tentate in passato con l'obiettivo di correggerne i vizi che ne hanno determinato il fallimento. Il recente provvedimento si muove su queste linee, e il confronto con l'esperienza di Immobiliare Italia può far luce sugli aspetti migliorativi introdotti. Innanzitutto, i progressi sul fronte conoscitivo e le riforme delle strutture deputate alla gestione, controllo e manutenzione Page 26 25 del patrimonio, rendono adesso ipotizzabili programmi di dismissione. Il primo fattore che determinò il fallimento di Immobiliare Italia fu proprio la mancata conoscenza di quanto voleva essere alienato. Secondo, la nuova operazione di dismissione si avvale di uno strumento di vendita più veloce ed efficace, soprattutto per il fatto che non comporta la costituzione di altri soggetti (la Società Veicolo di fatto è una scatola) e permette il passaggio dei beni al patrimonio vendibile mediante la sola formulazione degli elenchi. Non è possibile, quindi, che emergano perplessità sulla natura dei soggetti che formano la società demandata alla vendita. Inoltre, con la legge 410/2001 si limitano al massimo gli spazi di interferenza di soggetti diversi dal Ministero dell'Economia e delle Finanze, impedendo che si vengano a formare grovigli di perplessità, richieste di pareri sulle perplessità, perplessità dei pareri sulle perplessità avanzate e così via all'infinito. Cruciale è l'esclusione del Consiglio di Stato dall'iter che porta alla dismissione e il ridimensionamento di poteri di Sovrintendenze e Ministero dei Beni Culturali. Infine, a differenza che nel passato, in quest'occasione sono stati fatti sforzi notevoli per garantire che l'acquisto di immobili pubblici fosse conveniente, curando aspetti non secondari per la formazione di una significativa domanda. D'altronde, da molti anni la stessa Corte dei Conti segnalava l'assurdità di alcuni tentativi di vendita di beni che nessuno avrebbe mai voluto comprare. Alcuni nodi rimangono ancora irrisolti, ma l'intenzione di agevolare cessioni di vasta entità, rivolgendosi ad operatori specializzati o favorendo la costituzione vantaggiosa di fondi immobiliari, ed impedendo una presenza massiccia di acquirenti pubblici, dovrebbe incrementare le probabilità di successo dell'operazione. Resta, tuttavia, da segnalare come, più che nel passato, l'operazione di dismissione sia vincolata dalla rapida individuazione degli immobili e dalla loro valutazione economica. Infatti, se è vero che la cartolarizzazione richiede pochi giorni per la sua esecuzione, è anche vero che essa non può avere inizio senza un'accurata ricognizione del patrimonio e dei flussi di reddito da esso generati. Si ripropongono, quindi, le difficoltà centrali nei deludenti tentativi di alienazione degli anni precedenti, determinate dal fatto che, sebbene siano state snellite le procedure e ridotti i requisiti burocratico/giuridici per l'inclusione degli immobili nell'elenco dei beni vendibili, è Page 27 26 aumentata l'ambizione del progetto in termini di rapporto entità/velocità. Tenendo fermi i risultati ottenuti nell'ultimo quinquennio (circa 7mila e 500miliardi di immobili elencati), l'attuale programmazione economica prevede una decuplicazione della performance per l'anno 2002, con una previsione di dismissione per 15mila miliardi. Si tratta di un obiettivo non esagerato a regime, viste le potenzialità dell'apparato che lo deve conseguire, ma forse troppo pretenzioso per una struttura di così recente costituzione. Di fatto, all'epoca della stesura di questo lavoro (febbraio 2002), l'obiettivo per il 2002 è stato ridimensionato ad una comunque ambiziosa previsione di cartolarizzazione per 12mila miliardi di lire. BIBLIOGRAFIA Corte dei Conti , (1998), Referto specifico su dismissioni di beni immobili dello Stato, esercizi 1995-1996 . Corte dei Conti , (1999), Indagini territoriali sulla gestione dei beni demaniali e patrimoniali dello Stato nel 1997-98 . Gazzetta Ufficiale dello Stato , diversi anni. Ministero dell'Economia e delle Finanze (ex Tesoro) , Documento di Programmazione Economica e Finanziaria, anni 1990-2001 , diversi numeri. Vaciago, G. , (1999), Il futuro degli immobili pubblici , Isae working paper n. 1
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