Gli etruschi patrimonio dell’umanità - Le necropoli di Tarquinia e Cerveteri e la Val d’Orcia nell’elenco dell’Unesco Danilo Maestosi Il Messaggero
Salgono a trentanove i siti del Bel Paese da proteggere. E l’Italia diventa la nazione al mondo che ne ha di più
ROMA - Festa doppia nelle sale del Ministero dei Beni culturali in via del Collegio Romano. Per annunciare l’ingresso di due nuovi siti italiani nel prestigioso elenco Unesco dei tesori del mondo da proteggere: le necropoli di Tarquinia e Cerveteri e le colline senesi della Val d’Orcia punteggiate di monumenti e architetture medievali e rinascimentali. E per celebrare uno storico sorpasso, perché con quest’aggiunta l’Italia supera la Spagna e diventa la nazione più rappresentata nella mappa dell’Unesco che ingloba oltre settecento aree da proteggere, sparse nei cinque continenti. Una lista record di 39 segnalazioni, che si è aperta nel 1979 con i gioielli d’arte rupestre della Valcamonica per poi includere monumenti e meraviglie naturali di ogni tipo: dai trulli di Alberobello alle insenature della costiera Amalfitana, dal paesino industriale di Crespi d’Adda ai centri storici di Roma, Firenze, Venezia, Ferrara, Verona, Napoli, Siena, dalle rovine greche e romane di Agrigento e Pompei al villaggio nuragico di Barumini, dai Sassi di Matera alle architettura barocche della Val di Noto, dal maniero di Castel del Monte alla reggia borbonica di Caserta e alle residenze di casa Savoia. E che dovrebbe ulteriormente arricchirsi in futuro, perché il Ministero ha già raccolto e sta istruendo un’altra quarantina di candidature che hanno alte probabilità di superare l’esame d’ammissione ed entrare nel libro d’oro. E di riuscirci più in fretta di prima, perché il sottosegretrio ai beni Culturali Nicola Bono, coordinatore dell’operazione Unesco, sta premendo per allargare la cruna dell’ago, che riserva a ogni paese non più di un nuovo ingresso all’anno. Quest’anno la quota è raddoppiata. Anche se il caso della Val d’Orcia va considerato come un ampliamento, perché estende ad altri quattro comuni del comprensorio il privilegio già concesso a Pienza. E’ invece una novità assoluta l’approdo al traguardo delle due necropoli laziali di Tarquinia e Cerveteri: ottiene il riconoscimento per la prima volta anche la raffinata civiltà degli etruschi. Comprensibile l’esultanza di Anna Maria Moretti, soprintendente per l’Etruria meridionale, che proprio in questi giorni ha messo a segno due colpi di grosso richiamo: il restauro dell’Apollo di Veio, capolavoro sommo della scultura etrusca, e la mostra degli affreschi della tomba Francois nel museo di Vulci. La speranza è che in futuro la corona dell’Unesco porti più fondi e più attenzione per valorizzare e difendere il patrimonio affidato alla sua custodia. Speranza che il sottosegratario Bono sta cercando di ancorare ad appigli più concreti di decollo economico e turistico. Promuovendo per ogni luogo già entrato in elenco o che bussa per entrarci un adeguato piano di gestione, che garantisca risorse e programmi adeguati. Un modello collaudato per la prima volta a Noto nel 2002 che sarà esteso entro l’anno a tutti i 39 siti. Quello messo a punto per le necropoli etrusche ha già delineato i primi obiettivi. A Cerveteri il Comune ha messo a disposizione un antico palazzo che stava ristrutturando per ospitare un centro per l’accoglienza dei visitatori. E sta per attivare un trenino che consentirà ai turisti di attraversare e ammirare le vaste e impervie zone delle necropoli escluse dall’attuale recinto di visita. A Tarquinia il municipio ha deciso di riconvertire un fabbricone in disarmo per farne un’anticamera di raccordo tra il paese e l’area delle tombe, più distante dall’abitato.
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