TOSCANA -URBANISTICA. Il politico facilitatore PIETRO JOZZELLI VENERDÌ, 05 FEBBRAIO 2010 la repubblica - Firenze
L'INCHIESTA della procura sul "territorio di Barberino piegato a fini egoistici" ha sollevato due reazioni che lasciano stupefatti. La prima (di cui fa parte anche ciò che dice Martini) risponde a un tentativo di minimizzazione: affarucci di provincia, una vacanza da 2000 euro tra amici, imprenditori un po' troppo vicini ai politici, nessuna questione morale nel Pd; la magistratura faccia il suo lavoro, vedremo se ci saranno condanne o no. La seconda proviene dall'indagato più famoso, l'assessore Cocchi, il quale ha definito il suo ruolo come quello del "facilitatore": lungi dall'aver esercitato pressioni, lui ha facilitato incontri e segnalazioni tra i protagonisti politici e imprenditoriali della vicenda: che male c'è? Non c'è bisogno di trasformarsi in giudici, di emettere sentenze anzitempo, basta questa definizione del ruolo del politico per capire che al di là della rilevanza penale del comportamento dell'assessore indagato (la magistratura deciderà) è una parola come questa che svela quanto si sia corrotta e liquefatta la concezione della politica.
Anzitutto, non è vero che si tratta di affarucci di provincia.
L'inchiesta muove da esposti di cittadini di Barberino molto attenti a ciò che stava accadendo nel loro territorio: e cioè la costruzione dell'outlet da parte di una ditta dei Fratini, la terza corsia e la variante di valico dell'autostrada del sole, il riempimento della valle di Bellosguardo dei detriti di risulta, in aggiunta lo spostamento del casello di Barberino. Questioni che coinvolgono interessi economici formidabili e attengono alle linee fondamentali dello sviluppo infrastrutturale della Toscana. Nelle intercettazioni, frammentarie e parziali che sono state rese note, non sappiamo se vi siano elementi di prova o indizi penalmente rilevanti (questo è il lavoro dei magistrati) ma di certo assistiamo a funzionari che dichiarano di non voler essere servi stupidi, che mettono in guardia contro comitati d'affari, a tecnici che ritengono di poter instradare e velocizzare le pratiche necessarie.
SONO le stesse frasi, dette da persone che ricoprono gli stessi incarichi tecnici o politici, che abbiamo letto nelle intercettazioni sullo scandalo di Campi Bisenzio, di Montespertoli, di Firenze. E' giusto affidarsi al magistrato per un giudizio finale, salvaguardando il diritto alla presunzione di innocenza degli indagati. Ma dovrebbe essere altrettanto giusto interrogarsi su perché queste stesse parole, questi stessi possibili illeciti, questo modo a dir poco arrogante di disporre dei diritti della politica di scegliere e controllare siano ormai merce corrente in così tanti comuni toscani.
E' qui che entra in gioco il ruolo del facilitatore. Nelle parole di Cocchi il facilitatore è un politico che ha abdicato alla sua funzione: che è quella di innovare e programmare, di stabilire indirizzi e controllare che le regole oggettive siano osservate. Per lui, invece, il politico sembra diventare un mediatore, magari onestissimo, tra interessi privati che devono incontrarsi con le scelte della politica. E vedi un po', in tutti gli scandali toscani (quelli che hanno coinvolto amministratori di centrosinistra e amministratori di centrodestra) la questione chiave, la grande mamma di tutti gli eventuali illeciti è il territorio declinato nella versione urbanistica o infrastrutturale, ma sempre appeso al suo valore d'uso: la rendita.
Possibile che a nessun politico IL POLITICO COME FACILITATORE (soprattutto del centrosinistra) venga in mente che proprio perché politica e rendita territoriale hanno viaggiato troppo a braccetto in questa regione, assistiamo oggi ad una crisi di proposta politica e a forme di disinteresse accentuato verso il destino dell'industria manifatturiera: quanto tempo, impegno, finanziamenti, "facilitazioni", del tipo usati per il territorio, sono stati dedicati all'economia dell'industria? Quasi nessuno.
Dunque se non di questione morale, almeno di questione politica occorre parlare. Anche perché, moltiplicandosi le inchieste, crescerà la richiesta di togliere ai Comuni i poteri di decisione sul territorio, come avveniva fino a trent'anni fa con esiti assai negativi, invocando la complessità delle leggi che tutelano difesa e sviluppo del territorio quali strumenti inservibili peri piccolie dilettanteschi consigli comunali.
Tutto è possibile, e dunque sarebbe bello che la nuova regione eletta tra due mesi partisse dalla testae non dalla coda del problema. Ovvero che si ponesse l'obiettivo di un rapido cambiamento dei criteri di selezione della classe politica dirigente.
Ma per fare questo, occorre preoccuparsi meno di caste e partiti (o di quel che ne resta) e un po' più di ridare alla politica quel compito di innovazione e di controllo che la fa essere bella. Non era questo l'obiettivo del nascente Pd?
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