CAMPANIA - archivio dell’Eremo dei Camaldoli 05/02/2010 il mattino
Aprire una porta chiusa da secoli e trovarsi di fronte a un mistero. Un giallo lungo quattrocento anni e che annoda (per caso?) la sua storia con il mistero napoletano per eccellenza, quello del miracolo di San Gennaro. La porta che si è aperta è quella dell’archivio dell’Eremo dei Camaldoli; durante alcuni lavori di sistemazione fu ritrovata, custodita in una teca, un’ampolla contenente un liquido rossastro. «Qualcosa insomma - spiega il professor Geraci - di assolutamente assimilabile all’ampolla del sangue di San Gennaro». Il ritrovamento, casuale, è avvenuto circa dieci anni fa. L’ampolla e la teca erano senza alcun cartiglio e senza alcun elemento che potesse farne comprendere l’origine; anche nell’archivio dell’abbazia non c’è traccia di questa reliquia. L’ampolla fu quindi consegnata alla Deputazione della Cappella di San Gennaro che ritenne di offrirla come elemento di studio al professor Geraci. «Prima di tutto - spiega il biologo molecolare della Federico II - ho cercato di appurarne la storicità ma c’erano pochissimi elementi. Questa reliquia pareva spuntata dal nulla». Il professor Geraci ha esaminato le reazioni del liquido rossastro contenuto nell’ampolla in diverse circostanze poi ha costituito una commissione di studio con un genetista, un biologo e un esperto di datazione chimica. «Abbiamo aperto l’ampolla e abbiamo verificato che all’interno c’è sangue umano, sangue che muta stato». La datazione del sangue, attraverso la verifica scientifica, è fissata intorno al 1600. Il mistero sull’ampolla, nonostante l’apertura, resta. In mancanza di aiuti da parte della scienza il professor Geraci ha cercato supporto in storici e storici dell’arte. «Ho portato la teca al direttore del museo di San Martino, il professor Teodoro Fittipaldi - spiega lo scienziato - La datazione coincide con quella ricavata grazie ai test sul sangue contenuto». Resta un ulteriore elemento da valutare: un sigillo in ceralacca apposto sulla teca e che potrebbe rivelare qualcosa in più rispetto a questo giallo. Gli unici dati certi sono la data e il fatto che contenesse sangue. Il resto è un mistero che dà spazio a una serie di supposizioni. Il complesso dei Camaldoli venne fondato nel 1585 da Giovanni d’Avalos, figlio di Alfonso d’Aragona. Fu eretto sul luogo dove esisteva una chiesa dedicata alla Trasfigurazione, in seguito intitolata al Santissimo Redentore. L’anno di fondazione coincide, quindi, con il periodo cui risalgono teca e ampolla. C’è, quindi, l’ipotesi di una reliquia «prodotta» o acquisita in coincidenza con la fondazione. Magari ai Camaldoli proprio per la fondazione. Il sangue nell’ampolla potrebbe appartenere a un religioso (magari in odore di santità) cui i confratelli avevano intenzione di tributare onori ma che poi è caduto nell’oblio. Potrebbe, di contro, essere un vero e proprio «corpus sancti», una reliquia di un Santo cui si è persa la classificazione e dimenticata per secoli nell’archivio. sa. sa.
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