UMBRIA - Fondazione Burri di nuovo nellà bufera ANNA LIA SABELLI FIORETTI CORRIERE DELL’UMBRIA – 9 febbraio 2010
Proprio alcuni giorni fa, il 23 gennaio scorso, la Fondazione Burri aveva incontrato la Commissione Servizi del Comune di Città di Castello e nel presentare i progetti futuri legati alla promozione dei Musei tifernati e alle esposizioni delle opere del Maestro (a Catania , al Moma di New York , a Los Angeles) aveva anche dichiarato pubblicamente che tutte le vicende legali che negli anni hanno travagliato e salassato le casse della Fondazione fondata dallo stesso Alberto Burri si erano finalmente concluse. Una bella notizia che ha avuto vasta eco anche sulla stampa e che ha alleggerito i cuori dell'assessore Cestini e dei membri della commissione presenti all'incontro. Finalmente è finita! avranno pensato tutti. Invece no. I rappresentanti della Fondàzione (il vicepresidente Gambuli e i consiglieri Corà, Petruzzi e Salvato) si sono dimenticati di dire che da oltre un anno (se ne parla sui giornali già dall'ottobre del 2008) pende sulla testa dell'istituzione una denuncia penale per truffa e appropriazione indebita presentata dall'avvocato Francesco Crisi per nome e per conto del notaio Paolo Biavati, uno dei creditori (ma insieme a lui sembra ce ne sono altri due) che ancora non è stato pagato per il lavoro svolto in passato. Perché dunque la Fondazione afferma invece che tutto è stato saldato? Che non ci sono più pendenze giudiziarie? Perché nella transazione fatta con gli eredi di Minsa Craig nel 2007 con la quale si è conclusa tutta la vicenda legata alla successione del patrimonio della vedova Burri, c'è espressamente scritto che gli ultimi debiti rimasti, comprese le spese di inventariato dei beni effettuata dal notaio Biavati per mandato del tribunale di Città di Castello (ha chiesto circa 400 mila euro, cifra contestata dalla Fondazione) e le parcelle dovute agli avvocati D'Agata, Nava e Fiori, se li sarebbero accollati gli eredi Craig. Spostando in questo modo l'asse delle richieste e delle eventuali controversie legali in America. Tutto ciò al notaio e ad altri due creditori non è andato giù perché un debito non è un oggetto che si può spostare tranquillamente di qua e di là. Il procedimento di liquidazione, dicono i legali, è regolato dal codice civile, art. 499 e seguenti, con la funzione di tutela dei creditori. Passa attraverso un'autorizzazione di tipo giudiziale, non si può fare a proprio piacimento. C'è stata una eredità beneficiata, quindi tutti i creditori debbono necessariamente essere informati dell'accordo transattivo, cosa che non è stata fatta, ed avere la loro soddisfazione. In pratica, c'è una lesione del diritto di credito. Da qui la denuncia di Biavati che ha portato ad un avviso di garanzia e ad una perquisizione nella sede della Fondazione, dove sono stati acquisiti documenti inerenti la famosa transazione tra Fondazione e i Craig, su mandato del pm Dario Razzi. Ma c'è anche da tener conto di un non trascurabile particolare: la transazione tra la Fondazione e gli eredi Craig, studiata nei minimi particolari e stilata dal famoso studio romano Chiomenti-Vassalli, è passata al vaglio del Tribunale di Perugia che l'ha ufficialmente autorizzata. E su questa autorizzazione la Fondazione poggia tutta la propria certezza e la sicurezza di stare dalla parte del giusto. Qual è dunque l'anello difettoso della catena? Una denuncia penale non è uno scherzo. Nel caso di vittoria del denunciante la Fondazione si troverebbe una condanna penale sulle spalle, nel caso di vittoria del denunciato il notaio e gli altri due (uno dovrebbe essere l'avvocato Nava, sicuramente il secondo non è l'avvocato Fiori, come ha tenuto a smentire) potrebbero essere querelati a loro volta per danno d'immagine. Pare comunque che questi ultimi creditori stimo prendendo in seria considerazione anche l'ipotesi di impugnare la transazione stessa rimettendo in discussione l'accordo, con il rischio per la Fondazione di perdere tutto, quindi non solo l'eredità di Minsa Graig ma anche quella di Burri potrebbe andare a finire negli Stati Uniti. Quella della donazione Burri a Città di Castello sembra essere diventata una via crucis senza fine. Può apparire quindi legittimo chiedersi se non sia arrivato il momento per la Fondazione tentare veramente di chiudere definitivamente tutti i contenziosi, magari tentando degli accordi accettabili con gli ultimi creditori in modo tale da riprendere a lavorare con animo leggero, nello spirito supremo della divulgazione dell'arte che lo stesso Maestro ha lasciato sia come testamento sia come pensiero fondamentale del generosissimo lascito fatto alla città. |