ROMA - L'arte dello stupore che valica i secoli Arianna Di Genova il manifesto 19 febbraio 2010
MOSTRE - Da oggi, Caravaggio alle Scuderie del Quirinale L'arte dello stupore che valica i secoli
Le celebrazioni dedicate al Caravaggio, nel quarto centenario della sua morte (avvenuta nel 1610), prima ancora che attraverso le molte mostre, convegni, spettacoli e concerti annunciate, si sono aperte su due fatti molto «fisici»: la riesumazione delle presunte ossa dell'artista, con tanto di mistero e leggenda che le circonda e l'appello drammatico lanciato dal direttore dell'Archivio di Stato di Roma, Eugenio Lo Sardo, sulla mancanza di fondi per salvare le carte relative all'esistenza del pittore. Se non si troveranno i soldi entro breve, del Caravaggio potrebbe non rimanere traccia. L'inchiostro ad alta acidità e a forte contenuto metallico sta per distruggere tutti i documenti, dai contratti di committenza per famose opere realizzate a Roma, all'inventario dei beni conservati nella casa romana di Vicolo di San Biagio, a Campo Marzio, fino ai «dossier» giudiziari su querele e arresti subiti a Roma per porto d'armi, ingiurie, risse e aggressioni. Sarebbe paradossale interrogare morbosamente il «corpo» e far sparire invece la vita vissuta del maestro, proprio mentre si magnifica la sua arte sublime e si propone al pubblico gran parte della sua produzione con un'infilata di opere che riemergono anche dopo lunghi restauri (L'adorazione dei pastori o L'Annunciazione del museo di Nancy). A festeggiare il suo genio, a maggio, ci proverà anche una mostra tutta incentrata sulle testimonianze cartacee «risanate», con le quali si tenterà di liberare il Merisi dall'etichetta di maudit che, a volte, ha messo in secondo piano lo studio storico delle opere e favorito il pedinamento della turbolenza sentimentale. La mostra che si inaugura oggi alle Scuderie del Quirinale, ideata da Claudio Strinati e a cura di Rossella Vodret (che sta lavorando anche a un impegnativo Atlante sulla tecnica dell'artista intitolato Michelangelo Merisi da Caravaggio. La verità svelata (quattro volumi da qui al 2013) e Francesco Buranelli, coltiva infatti una grande ambizione: quella di fare tabula rasa delle molte (e dubbie) attribuzioni per ripartire dai dipinti certi, alcuni inseriti nel percorso espositivo, altri proposti ad hoc in speciali passeggiate romane, alla ricerca di chiese e luoghi unici. Fra questi, si inserisce il Casino Boncompagni Ludovisi che interrompe la sua decennale chiusura per offrirsi al pubblico da domani. Al suo interno, c'è l'unico lavoro di Caravaggio su muro: un olio eseguito su parete per il gabinetto scientifico di uno dei suoi primi committenti, Francesco Maria Del Monte, che lì faceva i suoi esperimenti alchemici. Vi sono raffigurati tre dèi pagani e la particolarità è che Giove, Nettuno e Plutone sono completamente nudi e l'artista non ha disdegnato di prestare loro il suo stesso fisico, ritraendosi sui ponteggi attraverso uno specchio. Il catalogo caravaggesco è lievitato in maniera esponenziale, eppure il Merisi concentrò la sua produzione in meno di quindici anni. La monografica alle Scuderie vuole andare sul sicuro: solo ventiquattro le opere riunite per presentare, su due piani, un possibile rincorrersi di tematiche. La sensualità del Ragazzo con canestra di frutta (prestito della Borghese) viene così ribadito dalla Canestra di frutta della Pinacoteca Ambrosiana (alla sua prima uscita fuori sede) e collegato con il tornito Bacco degli Uffizi, ma l'importanza della mostra - più che nei suoi assunti teorici - risiede soprattutto nella possibilità di poter vedere un corpus di capolavori dispersi in diverse città italiane e all'estero. Tre i periodi in cui viene suddivisa la «carriera» prodigiosa del Caravaggio (morto a soli trentanove anni, nei pressi di Port'Ercole, quando ormai era in fuga da tempo), con tanto di pareti colorate in maniera differente per simboleggiarne le stagioni esistenziali: la giovinezza, dal 1592 (anno del suo probabile trasferimento a Roma da Milano, a bottega dal rinomato Cavalier D'Arpino) al 1599, è tutta in verde; il successo, dal 1600 al 1606, sfoggia un aggressivo rosso; la fuga, dal 1607 al 1610, ha come sottofondo emozionale un triste grigio. Più di qualsiasi altro maestro, scrive Claudio Strinati nel saggio in catalogo (edizioni Skira) Caravaggio è «oggetto di desiderio. Chiunque voglia organizzare una mostra o evento artistico vuole Caravaggio come supremo esponente dell'arte pittorica occidentale che interessa, peraltro, anche la cultura orientale ansiosa di conoscerlo...». Il motivo di tanta attrazione fatale è nell'intreccio arte/vita, in quella componente autobiografica che il pittore ha privilegiato, non semplicemente raccontando pezzi di sua esistenza (cosa che non ha mai fatto se non trasfigurando la sua esperienza in una carrellata di altri personaggi, anche religiosi) ma, in modo di gran lunga più raffinato, rendendo «estetico» l'ambiente nel quale si trovava immerso. Il suo quotidiano è divenuto momento di cronaca speciale e insieme «luogo» dell'estasi mistica. Ha dipinto in prima persona, scardinando le iconografie accredite fino ad allora e lo ha fatto a partire da sé, rivoluzionando il rapporto luce e ombra nei suoi quadri e aprendo un confronto immediato - violento quasi - con lo spettatore. In questo, dando origine a una potentissima macchina della visione, ingranaggio dello stupore e dell'orrore, Caravaggio è stato modernissimo e, insieme, profondamente seicentesco.
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