«Dalla natura morta alla città, questa mostra sarà come un gioco» corriere del veneto 26 feb 2010 Vicenza
M.Za.
Il curatore Guadagnini: un percorso per temi, accosteremo artisti contemporanei e moderni
Walter Guadagnini vive e lavora a Bologna, dove dal 1992 è titolare di una cattedra di Storia dell’Arte Contemporanea all’Accademia di Belle Arti. Ha diretto, dal 1995 al 2005, la Galleria Civica di Modena, con la quale ha iniziato a collaborare nel 1986, curando le mostre dedicate ai rapporti tra «Fotografia ed eventi artistici dal ’60 all’80» (1988), a Man Ray (1990), «L’eroe borghese. Temi e figure da Schiele a Warhol» (2000), «Pop Art UK - British Pop Art 1956-1972» (2004, con Marco Livingstone), «Pop Art Italia - 1958-1968» (2005). Presidente dal 2004 della Commissione Scientifica del progetto UniCredit Group per l’arte contemporanea, dal 2006 è responsabile della sezione fotografia de Il Giornale dell’Arte. Nel 2007 cura la mostra «Pop Art! 1956-1968» alle Scuderie del Quirinale, Roma; è Commissaire Unique per la sezione italiana all’interno di «Paris Photo». Antonio Donghi «Il Giocoliere». A sinistra, Mathias Bitzer «Restless Glance»
Dacuratore di mostre vivace e puntato al contemporaneo a regista di una collezione, la UniCredit Group Collection, di portata internazionale. A distanza di sei anni ecco un tris di mostre fra Austria, Italia e Turchia, un punto d’arrivo?
«Piuttosto un punto di emersione, per così dire. La collezione è un organismo complesso e articolato, l’obiettivo di renderla fruibile il più possibile è stato perseguito fin da subito ma è anche certo che questa mostra tripartita costituisce un momento di grande visibilità». Cosa si deve aspettare il visitatore di Verona? «Si deve aspettare d’essere sorpreso. Spero piacevolmente. Abitualmente le mostre seguono un percorso cronologico, poniamo, da Savoldo a oggi. Invece, qui si individuano alcuni temi come la natura morta e altri come la città. All’interno di queste sezioni quello che conta sono gli accostamenti che vengono proposti al visitatore. Savoldo, ad esempio, è collocato accanto a un giovanissimo artista viennese e l’interesse sta nel dialogo fra le due, entrambe importanti per la loro epoca. Credo sarà una mostra piuttosto divertente e che consentirà diversi livelli di lettura. Non dico che ci saranno ottanta capolavori ma 80 pezzi importantissimi, tra cui alcuni capolavori, sì. È un’esposizione concepitacome un gioco e gli accostamenti consentono di capovolgere, a volte, la prospettiva. Così come vedremo una foto di donna di inizio ’900 accostata alla donna allo specchio di Cagnaccio di San Pietro. Il famoso ritratto cinquecentesco di Savoldo che ritrae un delicato gentiluomo che suona il flauto è abbinato all’immagine iper contemporanea di un ragazzotto dei nostri giorni completamente preso dal suo hamburger. Sarà decisamente interessante cogliere le impressioni dei visitatori».
Accostamenti arditi resi possibili da una collezione che è definire eterogenea è un eufemismo.
«Questa "creatura" nasce nel 2005, con la fusione dei tre gruppi bancari, UniCredit, HypoVereinsbank e Bank Austria. Queste tre realtà avevano ognuna una propria collezione: UniCredit italiana è frutto del tipico collezionismo bancario del nostro paese, molto legato al passato e ai diversi territori in cui le banche operavano. In origine comprendeva molta pittura antica, alcune tele dell’800, raccolte con un’attenzione particolare ai singoli territori. Penso a Rolo Banca che seguiva soprattutto la scuola emiliana. Questo universo frammentato di collezioni più o meno grandi arriva al 2004, anno in cui nasce UniCredit & An Art project. A questo punto arrivo io».
Perché era necessario trovare un «padre» a un soggetto tanto complesso.
«Certo, anche perché a quel punto il Gruppo apre una campagna di acquisizioni di opere d’arte contemporanea italiana e in particolare di autori attivi a partire dagli anni ’90. Si è partiti da quello che è accaduto dopo l’esplosione della Transavanguardia. Contemporaneamente si aggiunge la collezione tedesca, dalla Mesopotamia ai giorni nostri, una tipica collezione "corporate europea", con una grande attenzione all’arte contemporanea internazionale. In molti casi parliamo di grandi nomi, ma pressocché sconosciuti al momento dell’acquisto, come ad esempio i rappresentanti della cosiddetta "scuola fotografica di Düsseldorf". Da questo mare magnum abbiamo selezionato gran parte delle opere esposte in mostra. E poi, a seguire, c’è il patrimonio portato in dote dalla banca austriaca concentrata sull’arte austriaca del XX e XXI secolo».
E poi ancora la fusione con Capitalia che ha portato un altro patrimonio molto ricco di opere d’arte antica.
«Esattamente, ma anche di moderno italiano partendo da de Chirico».
Da questo che è il passato recente, qual è la linea futura?
«Il futuro è quello di un procedere sulla linea delle acquisizioni di arte contemporanea, delle ultime generazioni. Ma passando da quello che era il nostro progetto inizialmente concentrato sull’Italia a una dimensione europea. Tant’è che la commissione originaria di 5 persone di cui sono presidente, prima era composta solamente da italiani, ora ci sono tre italiani, un tedesco e un ungherese cosmopolita».
Tradotto che significa «dimensione internazionale»? «Penso soprattutto alla collaborazione con i musei. Il gruppo vuole sperimentare altre forme di sostegno all’arte contemporanea. Alcuni capolavori di arte antica della banca tedesca sono all’Alte Pinakothek di Monaco. Vogliamo essere riconosciuti per il lavoro svolto in collaborazione con alcuni musei, dal Mart di Rovereto alMambodi Bologna al nascituro Maxxi di Roma. Faccio un esempio: invece di acquistare un’opera e darla in comodato al museo, si è deciso di lavorare molto sulla commissione delle opere facendo in modo che questa produzione abbia già il suo destino museale. Francesco Vezzoli, già enfant prodige del penultimo Padiglione Italia della Biennale è stato coprodotto dal gruppo UniCredit con un accordo con il Maxxi, al quale "mancava" un’opera importante di questo artista. Sono nuove forme di collaborazione, almeno per il nostro paese».
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