PORTOFERRAIO. Povera Elba, questi isolani distruggono tutto VALENTINA LANDUCCI IL TIRRENO 4 GIUGNO 2010
La soluzione finale per l’Elba? L’importazione di 28mila montenegrini sull’isola in grado di risanare l’isola dal cemento e dagli abusi e... l’esportazione di tutti gli elbani in Montenegro, per tutto il tempo necessario allo scopo di salvare il territorio dai danni che gli stessi residenti avrebbero commesso in questi anni. La proposta, fortunatamente scherzosa, è del presidente del Parco dell’Arcipelago, Mario Tozzi. Chissà se gli elbani la prenderanno a ridere quando la leggeranno nel volumetto “Nel nome del Parco, un anno sull’Arcipelago” pubblicato dal geologo e divulgatore scientifico a tre anni dalla sua nomina alla presidenza. Centocinquanta pagine di denuncia dell’atteggiamento degli isolani, amministratori compresi, e più in generale degli italiani nei confronti dell’ambiente. Le prime reazioni dei sindaci sono tutt’altro che divertite. «Maleducato e irrispettoso» lo bolla il sindaco di Porto Azzurro, Maurizio Papi. «Se all’Elba ci sta così male - gli fa eco il primo cittadino di Marciana Marina, Andrea Ciumei - nessuno gli chiede di restare». Ma il vero problema è un altro. «Generalizzare non fa altro che rendere difficili i rapporti con gli elbani - spiega il sindaco di Portoferraio, Roberto Peria - favorendo chi, invece, davvero intende speculare ai danni dell’ambiente». Perché proprio alla speculazione, all’ignoranza, alla malafede Tozzi attribuisce la contrarietà degli elbani alla presenza del Parco. Il geologo racconta di un’isola affetta da «bulimia costruttiva» dove «ho toccato con mano la quantità di abusi perpetrati sul territorio e ho visto i magazzini degli attrezzi trasformati in seconde case, che all’Elba superano la cifra enorme di 20mila, con incrementi locali del 400 per cento in concomitanza dei condoni». E ancora di territorio dove durante l’estate «come messicani, gli elbani dormono in amache di fortuna e si ritirano in pochi metri di stanza pur di far fruttare ogni millesimo di proprietà». Un’Elba «dalle grandissime potenzialità, nonostante tutto», scrive il geologo, ma che distrugge se stessa, è affetta da un male - se può consolare gli isolani - italico. Certo, non tutti sono cemetificatori, non tutti seguono - come spiega Tozzi - il modello del turismo di Rimini o di Ischia. C’è chi ha capito che «l’isola è a un bivio: o la qualità ambientale o il collasso e la consegna del proprio territorio alle infiltrazioni mafiose». E per evitare il collasso, ribadisce il geologo, la strada è solo una, quella offerta dal Parco. «Se non ci fosse il Parco - scrive - l’Elba assomiglierebbe già a Malta, un inferno di strade e cemento dove pure le spiagge sono ormai artificiali, gli alberghi hanno duemila camere e il tempo si trascorre solo in piscine affollate non riuscendo neppure a vedere il mare. Non è una questione di miopia, ma soprattutto di ignoranza». In tutto questo l’Elba non è che un esempio. Perché lo sguardo di Tozzi è sull’Italia dei parchi, poveri e contestati. Un «ex Belpaese» come lo definisce, dove «ogni secondo che passa un metro quadrato di territorio viene ricoperto di cemento, per un totale di 250mila ettari di cemento e asfalto all’anno». Dunque gli elbani non se la prendano troppo «se ho messo in luce - conclude Tozzi - alcuni aspetti negativi, perché ce ne sono moltissimi positivi, ma quelli li sanno tutti. E non abbiano paura: lo scambio con i montenegrini quasi certamente non si farà».
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