ROMA — Resca: invertita la tendenza nei musei dopo la crisi. Presenze a quota 93 milioni Paolo Conti 30 giu 2010 Corriere Della Sera
L’avanzata dei turisti culturali: sono ormai 4 su 10
«Le ultime statistiche dimostrano che il turismo culturale in Italia rappresenta ormai il 40% di quel settore. Due decenni fa era appena il 14%. Ciò significa, immaginando una rapida proiezione, che in pochissimo tempo l’Italia non sarà più una meta turistica per il mare o il sole ma lo sarà soprattutto per il suo straordinario patrimonio culturale». Mario Resca, direttore generale per la Valorizzazione dei Beni culturali, parla di cifre e affronta le polemiche che lo riguardano.
Cominciamo dalle seconde. In queste ore ha rimesso mano (con l’articolo 8 del decreto sulle Fondazioni liriche, approvato ieri sera) alle gare sui servizi aggiuntivi dei musei (biglietteria, bookshop, ristorazione, riproduzioni). Una delle società leader è Electa, alias Mondadori. E Resca è consigliere di amministrazione Mondadori. Il conflitto di interessi, dove lo mettiamo? «Non c’è alcun conflitto. Il ministero indica le linee guida, il mio compito finisce oggi 30 giugno. Saranno i direttori regionali e i soprintendenti a indire e seguire le gare. Io non ho alcuna voce in capitolo nel merito. Quindi non c’è conflitto. Al momento della nomina, chiedemmo un parere alla Corte dei Conti. Il giudizio è stato proprio questo».
Possibile, nemmeno un po’ di imbarazzo, come si chiedeva Sergio Rizzo giorni fa nel suo articolo di fondo? «No. Anche perché Mondadori è presente nei musei dal lontano 1992. Per essere chiari: prima che la possedesse Berlusconi e che io sedessi in Consiglio».
E veniamo ora ai nuovi bandi per le gare, i vecchi sono scaduti dal 2007. Il ministero ha deciso per lo «spacchettamento», cioè per l’affidamento di ciascun servizio a ogni singola società. Niente più associazioni temporanee d’impresa che in gruppo offrivano tutto. C’è stata la vibrata protesta delle società. Perché questa novità, Resca? «Vorrei premettere che lo "spacchettamento" riguarderà solo i Poli museali, dotati di autonomia gestionale: Pompei, Roma, Firenze, Napoli. Sì, lo so, la reazione degli attuali concessionari è stata furibonda. Nel merito rispondo: perché vogliamo solo e soltanto i migliori per ogni singolo campo: librerie, ristorazione, audio-guide, merchandising. Nelle associazioni temporanee si rischiava di mischiare tutto». E cosa cambierà? «Ciascuno dovrà offrire il top della professionalità nel proprio campo specifico. Al museo Archeologico di Napoli, faccio un esempio, devo trovare le migliori pubblicazioni di archeologia. Chi si occupa di biglietteria dovrà essere competitivo nei rapporti con i tour operator». Un pallino di Resca (provenienza Mc Donald’s) è la ristorazione: «Spero di poter coinvolgere grandi cuochi nell’offerta gastronomica nei musei. Ho visto Filippo La Mantia, penso a Heinz Beck». C’è, dice il direttore generale, un dato molto chiaro di economia culturale da esaminare: «Ogni visitatore in Italia spende solo 3 euro dopo l’ingresso in un museo per comprare libri, mangiare, acquistare riproduzioni o affittare audio-guide, contro i 18 nei musei tedeschi o britannici. Perché disperdere altrove tanta ricchezza?»
Cosa dicono le cifre 2010 sui musei italiani? 2009 e 2008 sono stati anni di crisi ... «Abbiamo invertito la tendenza in modo clamoroso. Nei primi cinque mesi abbiamo registrato addirittura un + 10% rispetto al 2009. Se continua così, siamo all’obiettivo che mi ero fissato per il 2012... Nel primo trimestre eravamo a quota +7.4% con un +4.81% di incassi nei servizi aggiuntivi». Perché questi dati? Resca ne è sicuro: «Abbiamo puntato sulla comunicazione, sulla pubblicità, sugli eventi come la notte nei musei o il San Valentino, motivazione del personale. Solo così possiamo veramente invertire la tendenza e diventare un paese leader nel turismo culturale. Nel 2009 in Italia, tra musei statali, comunali, privati, diocesani abbiamo registrato 93 milioni di presenze. In Germania, che non ha un patrimonio paragonabile al nostro, sono a quota 125 milioni. Ma lì c’è professionalità, capacità di "vendere" i prodotti ai grandi interlocutori del turismo mondiale. Dobbiamo ottenere gli stessi risultati. Possiamo offrire una quantità e una qualità di beni unica al mondo. Ma troppo spesso non sappiamo farlo».
L’ultima battuta è una citazione di Cesare Brandi: «L’Italia è un grande museo diffuso, lo sappiamo. Ma se non cambiamo rotta, rischia di essere un patrimonio disperso e quindi dimenticato».
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