VENEZIA - Nel mirino gli «interventi» vietati Alberto Vitucci La Nuova Venezia 01/09/2010
VENEZIA. Prescrizioni molto dettagliate, firmate dalla Soprintendenza. Che vietano l’uso del gas per stendere la guaina isolante nel sottotetto. E si dovrà verificare adesso se le indicazioni allegate alla concessione siano state rispettate. Perché a quanto pare a provocare l’incendio della Salute sarebbe stata la trave surriscaldata dal cannello del gas per stendere la guaina nel sottotetto. Potrebbe essere proprio questa la causa dell’incendio del seminario della Salute, che domenica sera ha fatto trattenere il fiato alla città, nel ricordo della tragedia della Fenice. Rogo spento in tempo di record, grazie all’intervento dei vigili del fuoco e all’efficienza della rete anti incendio, e danni a quanto sembra limitati. Ma il rischio è stato molto alto. E ci si interroga su cosa abbia potuto provocare l’incendio. L’ipotesi più probabile, ora al vaglio dei periti, è proprio quella della guaina. Quasi tutti gli ultimi incendi nella storia recente della città - a parte quello doloso della Fenice - sono stati provocati dal fuoco usato per fissare le guaine. Tecnica pericolosa, e in parte ormai obsoleta, per ottenere l’isolamento del tetto. Proprio per questo di recente la Soprintendenza ha diramato direttive precise ai direttori di cantiere per le modalità di questi lavori considerati «pericolosi». Vietato dunque l’uso di fornelli e bombole del gas per stendere la guaina «a caldo». Lo stesso effetto si può ottenere con una speciale vernice di bitume stesa direttamente sulla superficie da isolare. Sistema nemmeno più costoso dell’altro. Allora perché molte aziende insistono con la tecnica «a caldo»? «Un po’ è l’abitudine, un po’ la certezza, sbagliata, che sigillando il materiale con il fornello la chiusura risulti più ermetica», dice un addetto ai lavori. Fatto sta che le fiamme, ancora una volta, sembrano essersi sprigionate proprio da una trave surriscaldata dopo i lavori al sottotetto. A differenza di quanto dichiarato nelle prime ore dopo l’incendio, qualche lavorazione era in corso in questi giorni nel cantiere aperto nel giardino del Seminario patriarcale. Adesso gli inquirenti dovranno stabilire con certezza prima di tutto l’assenza di liquidi acceleranti, come ipotizza invece l’esperto Giampietro Zucchetta, ieri nominato perito di parte della Sacaim la ditta che stava facendo i restauri. «Le fiamme erano molto alte, una cosa molto strana», aveva commentato a caldo Zucchetta. Poi dovranno accertare se l’ipotesi più accreditata - quella del fornello - sia veramente stata l’innesco del rogo di domenica. Intanto ieri i tecnici della Soprintendenza ai beni architettonici guidati dall’architetto Favaro hanno compiuto due sopralluoghi sul luogo dell’incendio. «E’ stata risolta insieme ai vigili del fuoco la questione dell’acqua che stagnava sopra il soffitto», racconta l’architetto, in questi giorni soprintendente facente funzioni, «inserendo una piccola sonda a fianco della tela del Tiziano. Nei prossimi giorni sarà valutato lo stato delle travature bruciate quando la Procura toglierà il sequestro». |