ECCO PERCHÉ SAN SALVI NON TORNA ALLA CITTÀ FABRIZIO ROSSI PRODI SABATO, 04 SETTEMBRE 2010 LA REPUBBLICA - Firenze
Non è un´insieme di organismi architettonici, è un organismo urbano si rende visibile, si offre all´interpretazione e alla vita, e così forma le coscienze dei suoi abitanti. Per questo costruire è prima di tutto un atto morale e poi un tributo civile, non certo un fatto tecnico-economico o burocratico, qual è ridotto dalla legislazione e dalla pratica nostrana. Messa così, ogni distruzione di luoghi apparirebbe una mutilazione dello spirito e una perdita della coscienza, ma noi sappiamo che lo spirito cambia, cambiano le necessità pratiche e che, dell´eredità del passato, dobbiamo continuamente e creativamente liberarci, conservando il meglio; perciò continuiamo a trasformare, demolire e ricostruire i luoghi del nostro abitare, tramandandone la ricchezza ereditata. Per questo vedo bene un luogo della memoria a San Salvi, magari qualcosa di più interattivo che un museo, forse un centro di informazione che faccia dialogare i cittadini con la psicologia e la psichiatria, sempre più importanti nella nostra vita. E per lo stesso motivo, credo che parti importanti – forse l´intero - della morfologia urbana del quartiere vadano conservate. Ma sospetto che la patologia urbana sia più profonda, perché da tempo si discute di riportare San Salvi alla città, riconvertendolo in parte a residenze, senza che molto accada. Per quali ragioni? Tenterei una spiegazione tecnica: tutti gli organismi architettonici si adattano a certe funzioni, ma nella loro vita affrontano delle crisi, a volte la crisi è profonda e la trasformazione deve essere più radicale. La domanda allora diviene: i padiglioni si adattano alla funzione residenziale? Perché nessuno vorrebbe che fossero stravolti. E poi c´è un´altra difficoltà: San Salvi non è solo un insieme di organismi architettonici, è addirittura un organismo urbano, cioè un insieme di livello superiore che infrastruttura il paesaggio urbano; una tipologia urbana nota come ospedale a padiglioni, esito della disposizione delle baracche per i feriti dell´esercito prussiano, poi rielaborata dal pensiero razionale e classificatorio della prima modernità. Se non è positivo perdere la memoria di questa morfologia, va detto che oggi questo complesso vive come un´isola separata dal resto della città, mentre avrebbe intorno quartieri pulsanti, da via Aretina a via Rondinella, dalle scuole ai giardini di via del Mezzetta. Invece sta lì isolata e deserta, a tratti insicura. Allora qualsiasi intervento dovrà rompere in più punti i margini murati e creare più varchi e accessi possibili, inventare luoghi di interazione e di vita sociale, in modo da innervare di vitalità pulsante quegli spazi ineffabili un po´ arcadici e diradati – forse metafisici - di San Salvi. Eccoci al dilemma principale: può un ospedale a padiglioni diventare un brano di città, cioè un sistema di luoghi che vive a tutte le ore del giorno e della notte? Come risposta vedo due strade su cui la città dovrebbe interrogarsi: il modello della centralità contro il modello del tessuto urbano. Vediamoli. Nel modello della centralità dovremmo mantenere di San Salvi quanto esiste, confermare la sua specializzazione direzionale e i servizi nei fabbricati diradati nel parco, limitandoci a trasformare solo alcuni padiglioni. Questa scelta – che placa le nostre coscienze - comporta invero delle conseguenze: intanto lasceremmo a San Salvi quel carattere di lacuna un po´ spaesante nel tessuto della città, diversa dalla vivacità rassicurante dell´urbano; e poi la valorizzazione economica sarebbe limitata (con probabile ricaduta sulla sostenibilità degli interventi di riqualificazione), per le difficoltà di trasformare i padiglioni in abitazioni, viste le altezze interne e la maglia delle finestre esistenti, che non sono certo ottimali per la residenza, a meno che non si voglia stravolgere i padiglioni. Che poi è forse il problema per cui San Salvi da anni viene lasciata così come è. Di contro abbiamo Il modello del tessuto urbano: intorno a una cospicua parte di San Salvi, conservata come vera centralità di servizi e parco, si introducono delle attività o densificazioni ai margini dell´area, che ricreino quelle relazioni urbane e quella continuità con la città circostante, che oggi mancano e che riducono il complesso a un´enclave. La perdita di aree verdi, potrebbe essere compensata trasferendo volumetrie da altre periferie più bisognose di San Salvi, e ricreare lì giardini e luoghi pubblici.
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