Troppi turisti, Sistina ammalata: scienziati a consulto per salvarla Fabio Isman Il Messaggero 4/9/2010
Si può soffrire anche per i troppi visitatori: a Parigi, al Louvre, hanno spostato la Gioconda da una sala all'altra, incredibile, perché avesse meno fastidi e fosse più facile controllarne il clima; chi ci va, certo non ci rinuncia: non fa davvero a meno di renderle visita. E così anche, in Vaticano, alla Cappella Sistina. Tanto pubblico significa incassi, biglietti, fama; però anche molti malanni. Ogni visitatore porta umidità (quella del sudore, o del respiro) e polveri: agenti che inquinano. In certi casi, si sono dovuti contingentare: prima di presentarsi davanti agli affreschi di Giotto, nella Cappe!la degli Scrovegni a Padova, o, a Milano, al Cenacolo di Leonardo, occorre passare per stanze di decantazione ; talora, anche se il turista non lo sa, camminare su speciali pavimenti, che catturano la polvere. L'idea, assai brillante, è stata di un mago del restauro e della conservazione, come è Giuseppe Basile. In Vaticano, tutto ci è assai più difficile. Questi pavimenti, dove metterli: magari nelle Stanze di Raffaello? e i luoghi sterili di passaggio, dove mai approntarli? e, ancora: già così è la ressa, figurarsi poi se si allungano i tempi che precedono le visite. La Sistina grande ammalata: malata d'antropia, malata del suo stesso successo. Della sua bellezza assoluta. Del feticcio che da tempo immemore è diventata, e ancora di pi dopo l'ulteriore notorietà che il restauro le ha conferito. All'allarme lanciato dal direttore dei Musei Vaticani, Antonio Paolucci, segue la conferma di un grande studioso, già soprintendente a Roma, come Claudio Strinati. «Il rischio e il timore per la Cappella sono giustificati»; non c'è luogo in Italia altrettanto sottoposto ad assalti di pubblico. Ma che fare: contingentare gli ingressi? A Roma, succede alla Galleria Borghese, proprio per come è fatta, per la sua morfologia; ma questo non accontenta certo i bilanci, né i tanti che vorrebbero visitarla, e spesso non possono. Forse, l'unica medicina possono essere degli impianti tecnologici, per ovviare, almeno in parte, ai guasti che inevitabilmente il troppo pubblico reca con sé; ma questo, significa quattrini: tanti e tanti quattrini, in tempi, per giunta, abbastanza calamitosi. Insomma, un malessere assai raro: il mal da troppo pubblico (di solito i musei soffrono di una patologia esattamente opposta); e rimedi assai complessi e difficili. Certo che quando, dopo quattro anni che non accadeva, il personale vaticano è andato a spolverare la Volta e il Giudizio di Michelangelo, ma anche i capolavori non minori di Pinturicchio, Botticelli, Perugino, Signorelli, per citarne qualcuno, autentici tesori dell'umanità tutta, di polvere ne ha trovata troppa, e oltre alla polvere anche tanto altro. In più, lo stesso esercizio dello spolvero alle opere d'arte non fa del bene: bisogna dedicarsi ad esso cum grano salis. Insomma, gran brutta situazione, e scelte davvero non facili; nonché - probabilmente - né indolori, né poco costose. Alla faccia di chi vuole sempre più persone in visita nei musei che, spesso, tanta gente non possono davvero sopportare. Il Vaticano ha allungato gli orari di apertura, anche per spalmare maggiormente nel tempo il numero dei visitatori che, sempre e comunque, non rinunciano certo alla Cappella Sistina; ma probabilmente, anche questo non basta. Per due mesi all'anno, i romani possono godere, in situazione assai privilegiata, di aperture serali ogni venerdì: quando il grosso del pubblico manca; ma per i gruppi organizzati ed i turisti, questo rimedio non ha alcun valore. Forse, nuovi impianti di deumidificazione; forse, dei rimedi che, in qualche modo, catturino le polveri al passaggio; ma qualcosa, è certo, deve essere immaginato e va messo in opera. Per fortuna che i Musei Vaticani hanno alla loro testa qualcuno che di tutela e restauro ben si intende, come Paolucci; magari, sarà il caso, come già accadde per il restauro, di mettere attorno a un tavolo tutti i massimi esperti, non soltanto italiani, del settore. Sembra incredibile, ma è così: la Sistina soffre perché è troppo amata. Quanti poi la conoscano davvero, questo è un altro discorso; nel tempo della cultura un po' pressapochista e molto dimenticata, il turista non trascorre a Roma, in media, nemmeno tre giorni. Quando invece, come diceva Silvio Negro, «non basta una vita».
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