Esproprio comunale anche per i beni tutelati Donato Antonucci
Anche un bene tutelato può essere espropriato dall'amministrazione comunale, dopo aver acquisito il nulla osta da parte della soprintendenza competente. È questo l'innovativo principio affermato dalla VI sezione del Consiglio di Stato (27 luglio 2010, n. 4890), nel respingere l'appello proposto dai proprietari di un palazzo storico, che – in primo grado – avevano impugnato un decreto di occupazione d'urgenza del giardino antistante l'edificio, anch'esso vincolato. Il provvedimento era stato emesso da un comune per la realizzazione sul giardino di una pubblica piazza e a sostegno dell'impugnativa gli interessati avevano contestato, tra l'altro, l'incompetenza del comune a procedere all'esproprio, stante la presenza di un vincolo storico-artistico sull'intero complesso immobiliare. I giudici di Palazzo Spada, nel confermare la sentenza di primo grado (Tar Campania-Salerno, I sezione n. 258/2005), hanno evidenziato come i poteri espropriativi attribuiti al ministero per i Beni e le attività culturali, prima dal Testo unico n. 490/1999 (articoli 91 e seguenti) e oggi dal Dlgs 42/2004 (articoli 95 e seguenti), perseguono una finalità ben specifica: il miglioramento delle condizioni del bene tutelato e la sua più ampia fruibilità da parte della collettività. Il che corrisponde, quindi, a una causa di pubblica utilità tipica e del tutto differente rispetto a quella della realizzazione dell'opera pubblica che l'amministrazione comunale voleva eseguire, rispetto alla quale l'amministrazione centrale risultava del tutto estranea. Di conseguenza, l'assoggettamento di un bene privato a un vincolo storico artistico non fa di per sé venire meno gli ordinari poteri ablatori di un comune, che potranno essere esercitati nel rispetto delle finalità di tutela – finalità che, è bene sottolinearlo, costituiscono soltanto dei parametri in relazione ai quali va valutato l'impatto dell'intervento costruttivo che si intende attuare a seguito dell'esproprio. Giunta competente Nel caso esaminato dalla sentenza, il Consiglio di Stato, richiamando precedenti orientamenti (sentenza n. 3067/2001) coglie anche l'occasione per affermare la competenza della giunta municipale nell'approvazione del progetto preliminare dell'opera pubblica, rilevando come questo non avesse comportato alcuna variante allo strumento urbanistico generale, per cui doveva escludersi che la materia rientrasse nelle attribuzioni del consiglio comunale, così come delineate dall'articolo 42 del Dlgs n. 267/2000, bensì in quelle di tipo generale e residuale spettanti all'organo esecutivo, secondo quanto previsto dall'articolo 48 del medesimo decreto. Tre ipotesi di «ablazione» È utile ricostruire, a questo punto, la disciplina dell'esproprio di beni culturali appartenenti a privati, introdotta nel nostro ordinamento già dalla legge n. 2359/1865 (articolo 83) e poi dalla legge n. 1089/1939 (articolo 54) e è finalizzata a evitare il deperimento del bene tutelato per scarsa o inadeguata conservazione da parte dei proprietari. La successiva evoluzione legislativa, largamente trasfusa nel Testo unico n. 490/1999, ha ampliato l'ambito dei beni espropriabili, introducendo anche quelli mobili, e i casi in cui era possibile ricorrere alla procedura ablatoria. Attualmente il Codice dei beni culturali, approvato col Dlgs n. 42/2004, contempla tre ipotesi di esproprio per pubblica utilità da parte del Ministero. La prima, delineata dall'articolo 95, consente l'espropriazione di beni culturali, sia immobili che mobili, quando ciò risulti indispensabile per «migliorare le condizioni di tutela ai fini della fruizione pubblica dei beni medesimi». In questa eventualità il Ministero può procedere direttamente all'esproprio, oppure autorizzare regioni e altri enti pubblici territoriali o altri enti ed istituti pubblici che ne abbiano fatto richiesta, ovvero disporre l'espropriazione in favore di persone giuridiche private senza fini di lucro. Il secondo caso, disciplinato dall'articolo 96, è quello dell'espropriazione per fini strumentali di edifici e aree non vincolate, ma poste in ambito contiguo al bene tutelato, e si giustifica con la necessità di «isolare o restaurare beni culturali immobili, assicurarne la luce o la prospettiva, garantirne o accrescerne il decoro o il godimento da parte del pubblico, facilitarne l'accesso». Infine l'articolo 97 ammette il ricorso all'espropriazione di immobili al fine di eseguire ricerche e scavi, o interventi di interesse archeologico.
www.ilsole24ore.com/ http://www.ilsole24ore.com/art/economia/2010-09-06/esproprio-comunale-anche-beni-080116_PRN.shtml
|