Nella grotta di San Teodoro i resti fossili di un intero elefante Antonino Sarica Cultura (12/09/2010) gazzetta del sud
La Grotta di San Teodoro in Acquedolci, nella costa tirrenica della provincia di Messina, non finisce di sorprendere. Essa ha rivelato finora «tre importanti fasi della preistoria siciliana che si collocano tra 200mila e 11mila anni fa». Archeologi e paleontologi, hanno lì messi in luce e raccolti preziosi reperti, in parte poi esposti nel municipio di Acquedolci a cura della Soprintendenza ai beni culturali messinese, auspici l'Ateneo peloritano e la locale amministrazione comunale. Molto si deve anche al signor Calogero Magrì, proprietario della grotta e dei terreni adiacenti, che a lungo e con vivo interesse badò spontaneamente alla protezione dei depositi. «I risultati delle ricerche – spiega Laura Bonfiglio, docente ordinaria di Paleontologia nella facoltà di Scienze dell'Università di Messina e protagonista delle campagne di scavo condotte in Acquedolci tra il 1982 e il 2006 – sono stati via via pubblicati su riviste internazionali e presentati in congressi». L'ultimo dei quali, su «I mammut e la loro famiglia», s'è tenuto in Francia, a Le Puy-en-Velay, dal 29 agosto al 5 settembre scorsi. A studiosi di tutto il mondo, in tale occasione, la professoressa Bonfiglio e la dottoressa Gabriella Mangano, anche lei paleontologa dell'Università di Messina, hanno reso nota la più recente eccezionale scoperta all'interno della Grotta di San Teodoro: i resti fossili di un intero elefante, peraltro in un ambito particolarissimo. Ma diremo meglio dopo. La Grotta di San Teodoro si trova alla base di un'alta parete rocciosa calcarea. Ha un ingresso relativamente ridotto, è però molto estesa: 60 metri di lunghezza, 20 di larghezza, fino a 20 di altezza. L'Homo sapiens sapiens l'abitò intorno a 14.000-11.000 anni fa, ossia in una fase tarda del Paleolitico superiore, quanso si seppellivano già i morti, «accompagnando la sepoltura con forme rituali». Dalla seconda metà dell'Ottocento, diversi studiosi descrissero ed esplorarono l'antro: Anca (1860), Vaufrey (1929), Maviglia e Graziosi (dal 1941 al 1946)... I segni della frequentazione umana preistorica si colgono a profondità compresa tra 20 centimetri e 1 metro. Abbondanti i tipici manufatti di selce e quarzite e gli avanzi di pasto (asino e bue selvatici, cinghiale, cervo, volpe). Aspetto di rilievo, nella Grotta di San Teodoro sono state localizzate le prime sepolture paleolitiche siciliane, cinque crani e due scheletri completi. Davvero sorprendenti le altre due fasi preistoriche indagate a fondo in anni più vicini, per identificare taluni copiosi depositi paleontologici. Dapprima, alla base della parete rocciosa di Pizzo Castellaro, presso la grotta, precisa la professoressa Bonfiglio, «abbiamo messo in luce i depositi ghiaiosi e limosi di un antico bacino lacustre, 200.000 anni fa popolato da ippopotami. I cui resti fossili, moltissimi, sono stati recuperati in buona parte per lo studio; ma tanti altri sono stati lasciati in posto nei sedimenti per realizzare un percorso museale». Successivamente, in sedimenti più profondi, all'interno della grotta, ecco un inatteso, quanto raro, deposito. «La caratteristica di questo deposito – osserva la dottoressa Gabriella Mangano – è data dalle abbondantissime evidenze della frequentazione della grotta da parte di popolazioni di iene, più o meno 40.000 anni fa, che vanno dai resti scheletrici all'impressionante quantità dei loro inconfondibili crupoliti, cioè escrementi fossili». Insomma, un giacimento faunistico di grandissimo valore paleoambientale. Proprio in questo deposito, lo scheletro di elefante di cui dicevamo. «È un caso unico – aggiunge la professoressa Bonfiglio – che un intero elefante appaia compreso nello stesso livello di una tana di iene. Un caso che va dunque considerato con la massima attenzione». E conclude la studiosa: «Le ricerche archeologiche e paleontologiche in Acquedolci, ferme da troppo tempo per mancanza di risorse, meritano d'essere riprese senza indugio. La Grotta di San Teodoro e i terreni contigui promettono ancora rivelazioni di notevole livello scientifico».
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