ROMA - «Vogliamo venderli o affittarli?». Il sovrintendente Umberto Broccoli: «Mettiamoli a reddito» A. Full. CORRIERE DELLA SERA 12 set 2010 Roma
La legge Ronchey prevede già espressamente che le opere d’arte possano essere date in locazione
Da settant’anni in giro per i sotterranei di Roma, dall’antiquarium del Celio, a quelli del palazzo delle Esposizioni, schivando guerra, bombardamenti, persino il crollo - era il 1939 - dei cantieri per la costruzione della metropolitana. Vicissitudini dopo le quali sono state in qualche modo dimenticate. E ora affiorano dalla memoria, grazie anche allo spazio appositamente recuperato al museo della Civiltà romana dove un intero padiglione è stato messo a disposizione del team di 12 archeologi (tra quelli del Comune e di Zetema) alle prese con lo studio delle 500 casse. Riguardo il destino del loro contenuto, il sovrintendente Umberto Broccoli - scrittore, autore di programmi Rai, un passato di direttore del castello di Giulio II di Ostia Antica – ha le idee chiare. «Sono contenitori che conservano un patrimonio talmente imponente che ben difficilmente potrebbero andare ad arricchire i nostri musei stracolmi - osserva l’archeologo -. Ma possono girare il mondo, in mostre realizzate in stretta sinergia con le istituzioni culturali internazionali». Progetti Il sovrintendente Umberto Broccoli, favorevole alla «messa a reddito»
E puntualizza Broccoli: «Torna l’idea della messa a reddito del patrimonio dei beni archeologici romani già prevista dalla legge Ronchey che prevede “l’affitto” delle opere d’arte, dandole in locazione».
Una prima, importantissima trattativa, è già in corso con l’emirato di Abu Dabhi che ha inviato in Campidoglio un emissario per studiare la possibile costruzione nella metropoli araba di una Petite Rome, alla stregua del Petit Louvre già esistente. Padiglioni, scaffali, teche, espositori potrebbero essere riempiti con il materiale conservato nei sotterranei dell’Urbe. Ma la riflessione di Broccoli èmolto più vasta, ed è indirizzata a quella colossale «massa squalificata» – l’archeologo la chiama proprio così – di reperti che stipano i magazzini dei musei italiani. «Milioni di oggetti che, una volta acclarata la loro totale inutilità scientifica», potrebbero essere «alienati». «Chiariamo bene – precisa Broccoli – qui non si parla di messa in vendita dei gioielli di famiglia, mi riferisco a frammenti di cui, una volta certificato il valore documentale, tornano sottoterra. E restano seppelliti lì. Inutilmente. Con la stessa certificazione, potrebbero essere venduti ai turisti in visita in Italia». Il sovrintendente osserva che le leggi «ora non consentono una simile proposta, questo però non significa che in un futuro prossimo non si possano rispettosamente modificare».
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