Musei e retribuzioni dei direttori. Lo stipendio della cultura Andrea Kerbaker Corriere della Sera - Milano 14/9/2010
Sul Corriere di lunedì, la notizia dell'imminente concorso per l'assunzione di un direttore del Museo del Novecento pareva essere sotto tutti gli aspetti una di quelle positive: decine di curricula qualificati presentati da tutto il Paese, una cinquantina di profili scelti, per un concorso pubblico che, per una volta, sottrae una posizione di rilievo alla chiamata per assunzione diretta, male oscuro che affligge nel profondo la nostra civiltà della raccomandazione. Purtroppo però la sensazione di positività era destinata a durare poco. Perché alla voce «stipendio» l'articolo riporta una cifra di 2.000 euro al mese, tanto modesta per un incarico di questo livello che siamo andati a controllare sul bando, pensando a un refuso. Macché, è tutto vero: per la precisione, si tratta di 41.968 euro lordi all'anno, integrati da una «retribuzione di posizione» e una «di risultato», non specificate, ma certamente non in grado di aumentare la cifra fino a stravolgerla. Uno stipendio di questo tipo è quello che riscuote un bravo trentenne, laureato, che muova i primi passi in un'azienda, senza essere ancora divenuto dirigente. Ma la retribuzione non è elevata neppure per il settore pubblico: all'interno della stessa amministrazione comunale, molti direttori e dirigenti guadagnano, giustamente, cifre decisamente più alte. Se ne deduce quindi che, nelle intenzioni dell'estensore del bando, il direttore del Museo conta assai meno di parecchi responsabili del Comune. Il che cozza, e molto, con le ambizioni della nuova struttura: aspettata da anni, centralissima nella posi- rione, direttamente affacciata sulla Piazza del Duomo; cioè con tutte le caratteristiche giuste per divenire in fretta un centro propulsore nella vita culturale della città. Una missione che, per essere svolta adeguatamente, deve avere un direttore in grado di coprire compiti di alta responsabilità, dalla manutenzione alla tutela delle opere esposte, dall'ideazione delle mostre e delle iniziative alle strategie di immagine. Per posizioni analoghe, all'estero gli stipendi sono infinitamente più elevati. Giusto per fare un termine di paragone, ad agosto sulla prima pagina del New York Times impazzava una polemica estiva sui bonus dei direttori dei principali musei cittadini che, oltre a essere retribuiti con un paio di milioni di dollari all'anno, fruiscono abitualmente di appartamenti nell'Upper East Side, uno dei quartieri più ambiti della città. Certo, Milano non è New York; e in Italia la cultura non riesce a divenire un'azienda, quindi ha stipendi molto compressi. E poi la crisi, la necessità di contenere i costi eccetera. Tutto vero, sacrosanto; lungi da noi difendere la civiltà dello spreco pubblico, assai praticata in un passato neppure troppo remoto. Ma che cultura dobbiamo aspettarci da chi le attribuisce valori così totalmente fuori mercato?
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