Palazzo Barberini che non avete mai visto. Aperta la Galleria d'Arte antica Fabio Isman Messaggero 17/9/2010
«E’ tornata una reggia, che nessuno veniva a Roma senza visitare», dice l'architetto Mario Lolli Ghetti, direttore generale dei Beni culturali; «una giornata memorabile», aggiunge il ministro Sandro Bondi, e rende merito a tatti i predecessori che l'hanno resa possibile, a cominciare da Alberto Ronchey, che riuscì a sfrattare , dopo 50 anni, il Circolo Ufficiali; aperte e restaurate 14 nuove sale (ora sono 24), le opere esposte raggiungono le 300 e lo spazio a disposizione i tremila metri quadrati; ma, soprattutto, Palazzo Barberini diventa, davvero, la Galleria nazionale d'Arte antica che Roma, l'unica capitale del mondo a non averne una degna del nome, invocata dal 1883. Spesi finora una trentina di milioni di euro (11 solo negli ultimi due anni); per restituire le facciate e l'ultimo piano, «ce ne vogliono altri dieci, e ancora 20 mesi», dice il direttore regionale Federica Galloni; 50 restauratori all'opera, le vecchie incisioni per capire colori e decori, superfici lavorate come usava una volta, lampassi dorati nel salone di Pietro da Cortona, lo spazio per tanti capolavori. «L'obiettivo è raddoppiare i visitatori, e arrivare a 200 mila all'anno», dice Mario Resca (dirige la valorizzazione) e «come romano, mi sento fiero» aggiunge il sottosegretario Francesco Giro; «l'opera più antica che esponiamo è una Madonna advocata, circa del 1050», spiega Rossella Vodret, soprintendente dei musei romani, e «si arriva alla serie dei Caravaggeschi: nessuno al mondo ne ha quanti noi, più o meno 70», rincalza la direttrice Anna Lo Bianco. Bondi promette un'altra sede per l'Istituto Numismatico, l'unico inquilino indebito rimasto nel Palazzo; i primi a passare nelle sale abbondano in gridolini di meraviglia davanti a Caravaggio, Holbein, Lotto, Lippi e tutti i maggiori tra i nomi che vi vengono alla mente. Il valore aggiunto è l'immobile: tra struttura, arredi, soffitti affrescati, la cappella dipinta da Pietro da Cortona, prospettive, sale con la fontana e una fuga di false colonne, suppellettili, questo non è soltanto un museo, ma la residenza barocca per eccellenza, finalmente restituita. Domenica sera, ingresso libero per chiunque: fino alle 24. E attorno al Palazzo, i guasti di tanti anni di Roma; se sono tornati i giardini, «quella è ancora la terrazza della Principessa», tanti sono i prospetti diroccati («proprietà privata»), i camerieri si affrettano attorno al nuovo Circolo Ufficiali sullo sfondo, «il San Francesco di Carpineto di Caravaggio è proprietà del ministero dell'Interno, è sempre in viaggio: qui solo provvisoriamente», dice qualcuno; e «non si muoverà mai la Fornarina di Raffaello, simbolo del museo», giura Resca. Nomi importanti, nomi meno noti; ma che restituiscono il quadro della pittura d'allora. Un sensuale Cagnacci; un Poussin dell'ultimo periodo, «la mano gli tremava per il Parkinson», dice Vodret; San Girolamo di Marco Palmezzano, che è stato maestro di Caravaggio; panorami di Paul Brill; una splendida Pietà scavata nel legno da Francesco di Giorgio Martini; ecco come era a Castelfusano la Villa dei Sacchetti. Audioguide in tutte le lingue; sui cartellini, anche le collezioni originarie; sale un po' multicolore ma è questione di gusti; per restaurare, via perfino l'antico ascensore dalla scala di Bernini; «alla fine, la Galleria sarà vasta quanto gli Uffizi» (sempre Vodret); manca tanto del primo periodo, fino al Quattrocento: ma i quadri sono una sequenza davvero impressionante. Il ministro Bondi dice: «Ha ragione il Presidente Napolitano; la cultura è fattore di crescita, non c'è futuro se non si capisce il valore della cultura»; speriamo solo che qualcuno non stia intanto meditando ulteriori tagli , oltre a quelli, già calamitosi, degli ultimi tempi. Qualcuno fa i conti: 85 chilometri di cavi elettrici; 50 mila chili di tubi; 110 persone al lavoro insieme, un grande cantiere, «abbiamo fatto perfino prima del previsto» (Lolli Ghetti). E ora che la Galleria c'è, l'importante è trattarla come si merita.
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