Bondi: a Venezia i giurati li scelgo io Fulvia Carrara Stampa 17/9/2010
Giuria teleguidata? Se non si vincono premi, la soluzione è semplice: basta assicurarsi una giuria di parte, particolarmente attenta alla nostra produzione, scelta direttamente al ministero per i Beni culturali. L'idea è di Sandro Bondi che entra a gamba tesa nella polemica sui mancati premi al cinema italiano durante l'ultima Mostra di Venezia: «Siccome i finanziamenti sono dello Stato - dichiara a Panorama - d'ora in poi intendo mettere becco anche nella scelta dei membri della giuria del Festival». L'ultimo verdetto non ha incontrato i suoi gusti Le reazioni: Martone: «Che assurdità»; Ferrari (Warner): «Minculpop»; Luchetti: «Detesta il cinema»
«I risultati del Festival costringono ad aprire gli occhi e fare autocritica». Nel mirino il presidente della giuria, Quentin Tarantino e il direttore della Mostra, Marco Mülller che lo ha chiamato a guidare la squadra di personalità internazionali (tra cui due italiani, Salvatores e Guadagnino). Il primo «è espressione di una cultura élitaria, relativista e snobistica». Il secondo è «innamorato dei propri schemi fino al punto di non privilegiare i talenti e le novità che sono sotto gli occhi di tutti». Che ne pensano gli addetti ai lavori? Quelli che Bondi vorrebbe in questo modo tutelare? La prima reazione è di stupore: «È una sorpresa - dichiara Paolo Ferrari, presidente e amministratore delegato della Warner Bros Italia -. Una cosa del genere non poteva essere concepita nemmeno al tempo del Minculpop e comunque non è una grande idea. Il direttore che sceglie i film deve scegliere anche la giuria. E questa dev'essere libera di esprimere il proprio parere. Altrimenti il passo sarebbe breve: prima scegliamo la giuria, poi imponiamo i premi. Insomma, è una proposta che non ha alcun senso». Trasecola anche Mario Martone, autore del kolossal risorgimentale Noi credevamo che da Venezia è tornato a mani vuote: «Mi sembra un'idea completamente assurda, ci mancherebbe altro. No, nessun membro del governo deve mettere becco in questo campo. La scelta della giuria è una delle prerogative del direttore. E comunque la cultura non si indirizza, la si sostiene, che è cosa diversa». Uguale il parere di Daniele Luchetti, regista della Nostra vita (premiato a Cannes per l'interpretazione di Elio Germano), impegnato in prima linea sul fronte dei Centoautori: «Bondi - ironizza Luchetti - dovrebbe coordinarsi con il ministro della Cultura francese, che mette un miliardo all'anno a disposizione del cinema nazionale. E dovrebbe vedere se anche lui pensa di mettere bocca sulla giuria di Cannes...». Quanto a Tarantino, osserva ancora il regista, ci sono delle somiglianze: «Bondi ha sempre sparato a zero sul cinema italiano, proprio come Tarantino, forse è come lui e ancora non lo sa». Invece di formulare propositi di questo tipo, aggiunge il regista, «preghiamo Bondi di fissare un incontro con i Centoautori, di visitare il Centro sperimentale, di entrare in contatto con i luoghi dove nascono i nuovi registi e i nuovi film».
Ma all'estero funziona come al Lido Le giurie dei festival cinematografici sono frutto delle scelte dei direttori che le nominano. E così a Cannes e alla Berlinale, mentre a Toronto il problema non si pone perché la rassegna non ha carattere competitivo. Riccardo Tozzi, presidente dell'Anica, l'Associazione che riunisce i produttori, nonché della casa cinematografica Cattleya, spiega: “La composizione della giuria è uno degli incarichi più qualificanti nel lavoro del direttore di un festival». L'idea di un intervento diretto del ministero della Cultura sarebbe quindi «impraticata e impraticabile. Non avviene in nessun Paese del mondo e non mi sembra ragionevole». La formazione della giuria, prosegue Tozzi, «è una cosa estremamente delicata, un lavoro tecnico che va svolto di pari passo con quello della selezione dei film in gara. Si sceglie una giuria anche in base ai film scelti. Figuriamoci se una decisione del genere potrebbe mai essere presa da qualcuno che non dispone di una specifica professionalità».
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