Viaggio nell´italia di incuria e scempi Giovanni Valentini La repubblica 17/9/2010
Un libro-inchiesta di Roberto Ippolito sui tesori negletti L´abbandono di un patrimonio di valore inestimabile prezioso anche per l´industria turistica
L´immagine più emblematica e scioccante è quella della via Appia Antica, con il basolato di epoca romana e ai due lati le casette di una lottizzazione abusiva a Giugliano in Campania, provincia di Napoli. Ma nel Bel Paese maltrattato, come s´intitola il libro di denuncia scritto da Roberto Ippolito e pubblicato da Bompiani (pagg. 380, euro 18), c´è un´impressionante documentazione fotografica che illustra l´inventario dei guasti prodotti dall´incuria a danno di tanti beni artistici e monumentali italiani, da un capo all´altro della Penisola: dalla sala dei mappamondi dell´Accademia delle Scienze allagata a Torino al degrado dell´Accademia delle Belle arti di Brera a Milano; dai maxi-cartelloni pubblicitari sulla chiesa di San Simeon Piccolo a Venezia o sul Ponte Vecchio di Firenze alle sculture sporche e mutilate nei parchi di Roma; dai danni provocati dalle frane a Ischia all´invasione dei cani randagi nell´area archeologica di Pompei. Forse, più che maltrattato, bisognerebbe dire che il Bel Paese è stato violentato, sfregiato, vilipeso. Un patrimonio storico e artistico di valore inestimabile, prezioso anche per l´industria del turismo, giace in condizioni di abbandono, sottoutilizzato o addirittura inutilizzato. Ed è una responsabilità politicamente trasversale, nel senso che chiama in causa sia il centrodestra sia il centrosinistra. «L´Italia», ricorda Ippolito nell´introduzione, «è prima al mondo per il numero di siti patrimonio dell´umanità inclusi nella lista dell´Unesco, l´Organizzazione delle Nazioni unite per l´educazione, la scienza e la cultura». Su un totale di 890 luoghi simbolici scelti in tutto il mondo, il nostro Paese ne detiene 44, cioè 1 su 20. Ma spesso non vengono protetti né tantomeno valorizzati. Le ricchezze italiane in questo campo sono enormi: 4.739 musei pubblici e privati, 62.128 archivi, 59.910 beni archeologici e architettonici, 1.144 aree naturali e protette. Ecco il nostro "oro nero", la nostra risorsa primaria nazionale. Una miniera d´arte, di cultura e di ambiente che non riusciamo a sfruttare adeguatamente e che anzi continuiamo a trascurare o deturpare. Sono storie di ordinaria follia – amministrativa, urbanistica o burocratica – quelle che il libro racconta e documenta con dovizie di cifre e citazioni. Le Mura aureliane ricoperte da una foresta di piante di capperi a Roma o la statua di marmo alta quattro metri scoperta nell´ottobre del 2009 da tre infaticabili studiosi sotto Villa Madama. Le caserme dei Carabinieri e della Forestale sequestrate a Ischia perché illegali, con l´Avvocatura dello Stato che sostiene e difende l´illecito. L´invasione dei topi nella Biblioteca nazionale centrale di Firenze, abbandonata al degrado nonostante che dal 1869 riceva di diritto una copia di tutto quello che viene pubblicato in Italia. Le frane di Atrani sulla costiera amalfitana, in provincia di Salerno. I danni causati dall´alluvione e dall´abusivismo a Messina; la spazzatura dilagante fra i tesori di Bagheria, in Sicilia; oppure la Natività del Caravaggio rubata a Palermo e, secondo un pentito di mafia, mangiata da topi e maiali. E così via. C´è da inorridire di fronte a questi misfatti contro la cultura e la natura. E soprattutto contro l´identità nazionale. Tanto più che i danni si ripercuotono fatalmente sul turismo, la prima industria del Paese, colpita dalla crisi economica e dalla recessione, ma ancor più dalle inefficienze, dai disservizi e dai prezzi eccessivi. Ma la questione, evidentemente, non può essere ridotta soltanto a una dimensione economica. «La sfida», commenta l´amministratore delegato di Telecom, Franco Bernabè, nella sua qualità di presidente del Mart (Museo di arte moderna e contemporanea di Rovereto), «è che la cultura, oltre a essere un valore in sé, deve far crescere il territorio». L´economia, insomma, è importante, ma «il destino del patrimonio artistico non è quello di produrre utili».
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