I due Bondi Il Foglio 18/9/2010
Il ministro si confonde con il poeta, e arrischia giudizi temerari su arte e popolo
Bondi, il ministro, invoca l'autenticità dell'arte, a detto, in un'intervista a Panorama, a proposito dei film italiani al Festival di Venezia: Manca un'autenticità delle sceneggiature, dei linguaggi e della stessa interpretazione degli attori. Dell'arte, un ministro, soprattutto se è un ministro dei Beni e delle attività culturali, deve mostrare di non sapere nulla, al massimo deve fingere di credere che sia un'attività essenziale al benessere della società. Il compito di un ministro non è di emettere giudizi opinabili sulle opere, sui movimenti, sulle tendenze. Il suo compito è di trovare i modi e di reperire i mezzi per mettere gli artisti nelle condizioni di lavorare nella pi piena libertà e per valorizzare il loro lavoro. Un ministro, perciò, può permettersi di chiedere agli artisti autenticità o di rimproverarne la mancanza, sapendo, o non sapendo, poco importa, di non chiedere nulla, di fare un discorso vuoto. Bondi poeta, invece, non ignora, non può ignorare, che arte è radice di artifizio, che autenticità in arte può significare al massimo autografia. Cosa può essere mai l'autenticità nella rappresentazione, nell'interpretazione di un attore, se non una contraddizione in termini? Bondi poeta, invece, può affermare: Ferma restando l'autonomia della Biennale, siccome i finanziamenti sono dello stato, d'ora in avanti intendo mettere becco anche in queste scelte (come la scelta del presidente della giuria, ndr), a nome del popolo che il governo rappresenta . Un poeta non è tenuto a tenere conto del principio di realtà né dell'aridità degli statuti, Può dare voce e forma ai suoi desideri, alle sue pulsioni, può riplasmare il mondo e le istituzioni come pi gli piace. Bondi ministro avrà finto di non sentire quello che diceva Bondi poeta, perché Bondi ministro sa benissimo che le istituzioni, anche quelle futili come i festival, hanno loro statuti, e che un ministro, anche se sgancia il conquibus, il becco più di tanto non può mettercelo. Soprattutto Bondi ministro sa che mettere il becco nella cultura con la pretesa di rappresentare i sentimenti del popolo è molto delicato e in passato non ha portato bene. Bondi poeta può essere davvero ferito dal fatto che la giuria di Venezia, con il suo presidente in testa, abbia ignorato i film italiani in concorso. I poeti sono anime sensibili, si commuovono per i deboli e soprattutto non sono tenuti alla coerenza. Anche se sono privi di autenticità, i film italiani non meritano di essere giudicati da un Quentin Tarantino, espressione di una cultura elitaria, relativista e snobistica, che non tiene in alcun conto i sentimenti e i gusti del popolo e della tradizione, considerati rozzi e superati . Bondi ministro, che magari avrà visto Kill Bill uno e due, avrà trovato l'affermazione imbarazzante.
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