Barberini, un palazzo tutto per l'arte Cesare De Seta La repubblica 18/9/2010
Un piano in più e nuovi capolavori nel museo di Raffaello e Caravaggio Domani Roma festeggia restauro e riapertura della Galleria con una notte bianca: entrate gratuite anche alla Corsini, alla Farnesina Chigi e all´Orto botanico Le nuove sale sono dedicate ai dipinti dal XII al XV secolo molti relegati fino a oggi nei depositi L´apertura dell´intero piano terreno di Palazzo Barberini è un evento eccezionale, atteso dal 2006, quando – dopo un´estenuante battaglia durata decenni – questi spazi furono finalmente liberati dal Circolo delle Forze Armate che occupava impropriamente circa metà del palazzo. Ho visitato qualche tempo fa questo nuovo bellissimo spazio con la guida competente e appassionata di Anna Lo Bianco che dirige la Galleria Nazionale di Arte Antica e ne rimasi stupefatto per la qualità e le dimensioni: l´acquisizione dell´intero piano terra, perfettamente reso al proprio uso dopo un accorto restauro, corona un ambizioso progetto museografico varato dal governo post-unitario a partire dal 1883. Roma, divenuta da pochi anni capitale d´Italia, si dotava di un palazzo, in assoluto tra i più celebri del barocco per la compresenza di Gian Lorenzo Bernini e Francesco Borromini, per farne la sua pinacoteca nazionale d´arte antica. Ciò fu reso possibile grazie alla mecenatesca donazione della famiglia Corsini della propria collezione di famiglia allo Stato e a successive acquisizioni che hanno arricchito il patrimonio delle opere. L´inaugurazione del primo nucleo risale al 1895, e dopo tanti decenni il degno progetto dei nostri antenati è finalmente realizzato. Infatti lo Stato italiano acquistò nel 1949 Palazzo Barberini, ma le condizioni erano tali che solo una piccola parte dell´immensa pinacoteca era visibile: per molti decenni i depositi della pinacoteca erano stipati di capolavori invisibili. Dire di questa collezione nella sua interezza sarebbe stolto proposito: ricordo solo che Francis Haskell nel suo classico volume su Mecenati e pittori in età barocca dedica decine di pagine a quel che conteneva questo palazzo quando fu abitato da Antonio Barberini, nipote di Maffeo poi papa Urbano VIII. Il Cardinale Antonio era attratto dalle arti figurative non meno del suo illustre congiunto: tant´è che nel 1642 fu pubblicato un catalogo riccamente illustrato. L´autore, Girolamo Teti, narra di Raffaello e Correggio, di Tiziano e Lanfranco, del Perugino e di Guido Reni oltre che di Andrea Sacchi e di Pietro da Cortona che tanto posto occupa nella decorazione del palazzo. Dico di Antonio Barberini perché il piano terreno ora reso libero è proprio quello abitato dal Cardinale nipote. Le nuove sale espositive – per rispettare un ordine museografico saggiamente cronologico – sono destinate alla pittura dal XII al XV secolo, con opere per larga parte fino ad oggi relegate nei depositi. Questa sezione che impropriamente possiamo dire dedicata ai primitivi espone numerose tavole d´altare e tele che sono parte della fioritura artistica al tempo di Cimabue e della sua cerchia. Una novità assoluta è la preziosa Croce dipinta, attribuita ad un seguace di Pietro Sotio, pittore di spoletina, attivo tra il 1100 e i primi del secolo seguente: la potenza del modellato dei corpi, la scarna espressività dell´opera ne confermano la funzione devozionale al centro di un altare. La famiglia Jacorossi ha offerto in comodato per cinque anni quest´opera rara, rinnovando così uno spirito di mecenatismo assai languente nel nostro paese. Ma in questo piano terra si potranno vedere opere celebri come l´icona Madonna Advocata con alle spalle Cristo benedicente del terzo quarto del XI sec., l´Annunciazione e due donatori tempera su tavola di Filippo Lippi del secondo trentennio del Quattrocento: Maria in piedi riceve l´omaggio dai donatori in una scena architettonica incardinata prospetticamente; il San Girolamo penitente nel deserto con Gesù bambino e San Giovannino del Perugino, con al fondo un paesaggio di sapore leonardesco dell´ultimo quarto del XV secolo; il magnifico Ritratto virile attribuito a Giovanni Bellini, del primo decennio del Cinquecento, nel quale il pittore con un´ardita zoomata mette a fuoco il bel volto del giovane su fondo bruno. Questo piano terra si conclude nella Sala delle Colonne che, accortamente restaurato in ogni sua parte superstite, adduce al magnifico giardino. Naturalmente conviene salire la scala che porta al piano nobile dove s´aprono le sale con i più celebri capolavori del museo: in primo luogo La Fornarina di Raffaello, olio su tavola di medie dimensioni del 1520, che compare già nell´inventario del Teti: qui non si sa se apprezzare più la sobrietà dell´incarnato, l´acconciatura dei capelli o la sottile ma pure esplicita vena erotica della fanciulla seduta a mezzo busto nudo, che poggia la mano sotto una mammella. L´opera, che possiamo considerare il logo della Galleria, viene esposta con una nuova illuminazione nel Salone degli affreschi di Pietro da Cortona. In questo piano nobile destinato ad opere tra Rinascimento e Barocco tornano due memorabili vedute: il Paesaggio con Villa Sacchetti a Castel Fusano di Pietro da Cortona, dove l´architettura splende come un cristallo sotto un cielo nuvoloso attraversato da lampi di luce e il Paesaggio con Agar e l´angelo, olio su tela, di Nicolas Poussin che il Louvre certamente ci invidia. Che dire del Caravaggio di Giuditta e Oloferne, così crudo nella sua brutale messa in scena e, accanto il Narciso, dove il Merisi si specchia coi suoi pensieri, forse pensando al proprio destino?
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