CAMPANIA - Fondi FAS, discariche e impianti Adolfo Pappalardo 20/09/2010 IL MATTINO
Prima, siamo al luglio 2008, erano 526 milioni di euro e dovevano servire per misure compensative e interventi di risanamento ambientale in 37 comuni. Poi sono diventati 288 milioni (144 a carico della Regione e 144 dal governo tramite i fondi Fas), sempre per compensare i disagi di quelle amministrazioni che hanno ospitato discariche e impianti per il ciclo dei rifiuti.
Ma non è arrivato un solo euro. Nemmeno ad Acerra a cui sono dovuti ulteriori 19 milioni di euro, secondo l’accordo di programma siglato da Silvio Berlusconi all’inaugurazione del termovalorizzatore, perché sul suo territorio sorge l’unico impianto campano. Nemmeno un centesimo per le casse comunali come ha fatto sapere, qualche giorno fa in una missiva, il ministero dell’Ambiente che non si è visto nessun accreditamento dal Cipe a questa voce. E così gli sbandierati sgravi fiscali sulle bollette elettriche, sulla Tarsu per gli acerrani e la corsia preferenziale per l'assunzione di manodopera nell’impianto.
«Questi accordi sono praticamente carta straccia, non valgono nulla come non vale nulla la sentenza del consiglio di Stato che vieta di stoccare ecoballe nel sito di Acerra perché fuorilegge», sbotta il sindaco Tommaso Esposito che quelle somme le aveva inserite nel bilancio comunale.
Servivano per la ristrutturazione della casina Spinelli, la realizzazione del parco archeologico a poche centinaia di metri dall’inceneritore e l’allestimento nel Castello baronale del museo civico archeologico. Accordi saltati, promesse non mantenute che rischiano, nelle prossime ore, di avvelenare ulteriormente l’aria. Perché è ormai chiaro che con l’inizio del nuovo anno, se non si reperisce un’altra discarica, sarà di nuovo emergenza in tutto il napoletano. Capoluogo compreso. Serve una road map da qui ai prossimi mesi per non ritrovarsi nei giorni bui dell’emergenza. Quelli dei roghi e delle barricate ad oltranza e dei cumuli che arrivavano ai piani alti dei palazzi. Per ora due le soluzioni sul tavolo: allestire una discarica bis a Terzigno, nel cuore del parco nazionale del Vesuvio, che (ri)scatenerebbe gli strali della Ue o progettare siti provvisori di ecoballe (quando ne sono già stipate, senza sapere come smaltirle, circa 8 milioni di tonnellate). Le amministrazioni interessate a eventuali insediamenti sono già sul piede di guerra mentre nelle periferie di Napoli e nella provincia da qualche sera l’aria è di nuovo avvelenata dai roghi di immondizia. Il segnale che il delicato e fragile meccanismo si sta per inceppare. Di nuovo. Lo scenario sarà più chiaro dopo l’incontro di oggi tra i rappresentanti dei comuni, i tecnici della Regione e, probabilmente, anche con il sottosegretario Guido Bertolaso. Poco margine per la manovra anche perché i primi cittadini rivendicano quei fondi garantiti da un accordo di programma del 2008 e mai arrivati. Nonostante per strada si siano anche dimezzati. Difficilmente, quindi, accetteranno di consentire sui loro territori l’insediamento di sversatoi o siti provvisori ben sapendo che non c’è traccia dei ristori a causa del blocco dei fondi Fas a cui erano indissolubilmente legati. Sul piede di guerra, in particolare una ventina di sindaci alle prese con particolari situazioni di criticità ambientale, perché limitrofi ai siti interessati dalla realizzazione degli impianti o con discariche ormai dismesse da anni. Tra questi anche il capoluogo, alle prese da giorni con la raccolta dell’immondizia a rilento, che doveva ricevere ben 60 milioni. Servono, ha spiegato martedì scorso il coordinatore del dipartimento ambiente di palazzo San Giacomo all’audizione della commissione regionale sui rifiuti e sulle bonifiche, per la rete fognaria e le opere idrauliche attorno alla discarica di Chiaiano. Perché l’acqua scendendo lungo la collina dei Camaldoli, entra nella discarica, e si riversa avvelenata nel vicino comune di Chiaiano; dall’altro versante invece «quello sul lato Pianura, se non viene fatto il collegamento c’è un rischio molto grande» perché giù non verrebbero solo veleni ma acqua e fango. Allarmi, non di associazioni, ma di un super dirigente che nell’audizione ha fornito i numeri della crisi che verrà: «Vi riporto brutalmente i dati -: tra poco non sapremo dove smaltire circa mille tonnellate al giorno». (ha collaborato Enrico Ferrigno)
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