TOSCANA - GROSSETO. «Serve un Piano per il decoro» GABRIELE BALDANZI MERCOLEDÌ, 22 SETTEMBRE 2010 IL TIRRENO
Lettera di tre associazioni al Comune per il Regolamento urbanistico «Preservare verde pubblico ed edifici storici per evitare scempi»
Ci sono saracinesche arrugginite, insegne al neon anni Sessanta che sul loggiato di piazza Dante sembrano cicatrici, cassonetti alla rinfusa, motori dei condizionatori che offendono su facciate di bugnato, cassettoni della Posta mai rimossi. E ancora una selva di linee e fili non incanalati, a volte penzolanti, tubi, parabole, numeri civici di almeno tre tipologie diverse. Insomma, il centro storico di Grosseto, che dovrebbe essere la vetrina della città, non ha il decoro che meriterebbe. Una campagna avviata da Il Tirreno nella scorsa primavera e ora ripresa da tre associazioni. L’architetto Roberto Aureli, presidente degli “Amici del centro storico”, Maria Vittoria Guglielmi del Comitato Maremma Viva e Michele Scola di Italia Nostra denunciano la mancanza di un piano del colore e di un piano del verde, cioè gli strumenti normativi da cui passa il rilancio estetico della Grosseto più antica e visitata. Lo fanno in previsione del Regolamento Urbanistico con alcune proposte finalizzate a mitigare il senso di degrado del centro storico. «Già nella variante al centro di 30 anni fa - spiega l’architetto Aureli - venivano individuati strumenti normativi paralleli per innalzare il livello qualitativo del vecchio centro cittadino: il Piano dello Mobilità, il Piano del Verde e il Piano del Colore. Dei tre strumenti solo il primo, ed in maniera parziale perché ha escluso i percorsi ciclabili, ha avuto attuazione. Per quanto riguarda il verde, nel tempo, oltre ad aver perso il giardino dell’ospedale vecchio di Via Ginori, abbiamo visto cementificare diverse corti interne agli isolati sacrificando alberature di vecchio impianto con il rischio che la stessa sorte, a breve, possano subirla anche altri scorci di verde sulle mura. C’è bisogno quindi di tre cose: censimento, catalogazione e cura». La mancanza del piano del Colore, invece - secondo Scola e la Guglielmi - permette che vengano posizionati i cassonetti dove capita, che ognuno decida dove posizionare le pompe di calore, che le insegne e la cartellonistica siano confuse e non qualificanti. La proposta è dare il via a una puntuale elencazione dei modi di uso delle strade pubbliche, di decoro e riqualificazione del patrimonio edilizio abbandonato. «Ma a monte di queste considerazioni - prosegue Aureli - c’è un altro problema: il Comune dovrebbe riconoscere e fare propri concetti basilari di moderna urbanistica, per esempio l’idea di un centro storico localizzazione di funzioni rare. Noi condividiamo il Pit toscano, in particolare l’articolo 10 dove si ribadisce che “gli strumenti della pianificazione territoriale garantiscono il permanere di funzioni socialmente e culturalmente pubbliche negli edifici, nei complessi architettonici e urbani, perché in linea al concetto di sviluppo sostenibile e coerente con il riuso citato nel contesto della lotta alle nuove edificazioni». Peccato - conclude Aureli - che le ultime ipotesi portate avanti dal sindaco di Grosseto per la rimozione della biblioteca Chelliana dallo storico edificio di via Mazzini sono in totale contrasto con le normative e gli indirizzi regionali. Al contrario riteniamo che la Chelliana - luogo di scambi culturali, depositario della memoria cittadina - diventi ancor più elemento attrattivo e qualificante l’offerta del centro storico».
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