FIRENZE - Cosimo, il giallo del Bronzino escluso di PAOLO CONTI 29 set 2010 Corriere Della Sera
Alla mostra fiorentina manca il ritratto simbolo del legame con la Chiesa
Il significato L’opera testimonia una stagione di particolare interesse non soltanto artistico ma anche storico L’attribuzione La tipologia dello sguardo, la posizione nello spazio, il vigore e la solennità non lasciano dubbi
Questa è la storia di un Bronzino «dimenticato» dalla grande mostra fiorentina di palazzo Strozzi, la prima monografica mai dedicata ad Agnolo di Cosimo, inaugurata il 23 settembre e aperta fino al 23 gennaio con le 90 splendide opere scelte da collezioni pubbliche e private di tutto il mondo. Ma alla ricca rassegna (700 milioni di euro solo di valore assicurativo ideata da Cristina Acidini, soprintendente del Polo museale fiorentino, e curata da Carlo Falciani, grande conoscitore dell’artista, con Antonio Natali, direttore degli Uffizi) manca un pezzo che, da solo, racconta un capitolo della storia politica romana e fiorentina insieme. È il ritratto di Cosimo de’ Medici che da secoli illumina col bagliore della sua armatura il primo dei saloni di un appartamento di palazzo Ruspoli, a Roma, ora abitato dal principe Sforza e da sua moglie Maria Pia. Il ritratto di Cosimo de’ Medici del Bronzino conservato a Palazzo Ruspoli a Roma
Ma perché la tavola non è a Firenze? Don Lillio, come Sforza Ruspoli viene chiamato a Roma, diplomaticamente risponde: «Veramente non saprei. I curatori? Nessuno di loro è mai venuto a vedere il quadro anche se io stesso, avendo avuto notizia della mostra, lo avevo segnalato». Di ritratti di Cosimo attribuiti a Bronzino e al suo atelier ne sono noti più di venti. Ma questo di casa Ruspoli ha da sempre ricevuto massima attenzione e ammirazione da parte degli storici dell’arte. Wilhelm von Bode, dal 1905 al 1920 direttore generale dei musei berlinesi, ne scrisse entusiasta. Paola della Pergola, ai tempi direttore del museo Borghese, nel 1959 definì la replica «molto bella e di altissima qualità». Recentissimo un giudizio di Antonio Paolucci, ex soprintendente fiorentino ed ora direttore dei Musei Vaticani: «Nessun dubbio che si tratti di opera giovanile e autografa del Bronzino». Anzi, a giugno proprio Paolucci si augurava (così scrisse al principe) che la tavola fosse inserita nella mostra. Vittorio Sgarbi: «L’uniformità della stesura sembra escludere l’intervento della bottega».
Altro parere di tempi vicini, quello di Claudio Strinati, espresso nel luglio 2009 quando era titolare della soprintendenza speciale del Polo museale romano in una lettera a Ruspoli: «È logico che ogni studioso che esamini il ritratto di sua proprietà possa ipotizzare la eventuale partecipazione della bottega alla stesura dell’opera, così normale nel lavoro di un pittore di tal fatta. Ma questo nulla toglie alla proclamazione di autografia dell’opera perché certi elementi cruciali (la tipologia dello sguardo, la posizione nello spazio del personaggio, il vigore e la solennità della stesura) sono determinanti per essere certi della datazione e dell’autografia in quanto esclusivi del maestro. Aggiungo che l’opera è estremamente sintomatica di un momento storico-artistico importante nella storia pittorica italiana ed europea».
E qui arriviamo a un altro punto, il capitolo «politico». Palazzo Ruspoli nasce tra il 1556 e il 1586 come palazzo Rucellai, potente famiglia fiorentina di banchieri e ambasciatori. Dal 1513 al 1534, tranne un anno con Adriano VI dal 1522 al 1523, a Roma regnano due papi Medici di Firenze, Leone X e Clemente VII. Un altro Medici, Pio IV, torna sul soglio dal 1559 al 1565. Difficilissimo pensare che a Roma, in quell’ambiente, potesse circolare tra i Rucellai e i Ruspoli (acquirenti del palazzo nel ’700 quando Francesco Maria diventa uno degli uomini più ricchi d’Europa, committente di Haendel e «padrone» anche di un proprio reggimento familiare) una tavola di un Bronzino «minore». In un elenco dei «Quadri di casa Ruspoli» del 1714, ritrovato dal principe nell’Archivio segreto vaticano, si parla di «dipinto in tavola originale del Bronzino». Quindi quel ritratto di Cosimo è il testimone di una stagione romano-fiorentina di particolare interesse non solo storico-artistico, il gioiello non di un qualsiasi palazzo nobiliare ma di un’autentica reggia principesca quale era ai tempi casa Ruspoli.
Ribatte uno dei curatori, Carlo Falciani: «Non c’è nessuna ragione oscura. È vero, non abbiamo visto quell’opera se non sulle fotografie che ci ha fatto avere il principe Ruspoli. Ma per la mostra abbiamo dovuto scegliere per quanto riguardava il ritratto di Cosimo de’ Medici. C’è quello documentato degli Uffizi. E poi l’altro, in mostra, eseguito per Paolo Giovio, grande umanista che nella sua villa a Como collezionava i ritratti dei grandi del suo tempo. L’opera è stata scoperta nel 1982 da Robert Simon e ora è alla Art Gallery di Sydney». Ma non era giusto esporre anche la tavola Ruspoli, così significativa per la storia romana e fiorentina e così legata anche alle vicende del nostro Paese? «Io credo che ogni scelta per una mostra sia di per sé inevitabilmente discutibile. Ma in questo caso abbiamo privilegiato il fatto che il Cosimo proveniente da Sydney non era mai stato esposto in Italia». E non era bene comunque esaminare il ritratto Ruspoli? «Lo andrò a vedere quanto prima. Ma le foto molto dettagliate mostrano un’opera comunque bellissima ma meno eloquente di quella per la quale abbiamo optato».
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