PISTOIA. Si torna a parlare di San Lorenzo, il complesso monumentale nell’omonima zona, scrigno di opere d’arte in grandi spazi, ma perennemente chiusi ed ancora in balia di se stessi. il tirreno Roma, 4 ott 2010
PISTOIA. Si torna a parlare di San Lorenzo, il complesso monumentale nell’omonima zona, scrigno di opere d’arte in grandi spazi, ma perennemente chiusi ed ancora in balia di se stessi. Qui giace un interno mezzo restaurato e mai definto e qui dormono affreschi di pregio, risvegliati solo in rare occasioni. Per questo gran monumento una nuova giornata di studio e successiva visita si è svolta ieri grazie all’associazione “Amici dei musei e dei monumenti di Pistoia”, impegnata da dieci anni in studi su “Il patrimonio monumentale della città fra restauro, riuso e abbandono”. Argomento all’ordine del giorno “Fuori e dentro San Lorenzo”: relazioni e discussioni al mattino, nella sala sinodale del palazzo dei vescovi, con interventi vari tra cui “dispersione delle opere d’arte della chiesa di san Lorenzo”, di Alice Parri. A triste conferma di una pluridecennale noncuranza. Nel pomeriggio, dalle 15 alle 17, c’è stata un’apertura straordinaria e visita del complesso. Ma è stato ancora solo “un mordi e fuggi”, praticamente un rinvio “sine die” ad una auspicata apertura e fruizione del bene per sempre e per tutti. Ma per ora, per questo complesso in comproprietà tra il comune di Pistoia ed il Ministero per i beni culturali, non ci sono concrete buone notizie, da nessuno dei due enti. A gelare le attese, sono gli stessi assessore all’urbanistica Silvia Ginanni ed il funzionario della soprintendenza Valerio Tesi. «Di apertura definitiva neanche parlarne - risponde Tesi -: San Lorenzo è ancora un relitto che ha bisogno di molte e attente cure. E poi, Pistoia dovrà interrogarsi sulla sua futura destinazione d’uso». «Il comune da solo - gli fa eco l’assessore Ginanni - non è certo in grado di affrontare le spese che sarebbero necessarie a terminare i lavori di recupero. Abbiamo chiesto aiuto a privati e istituzioni - rivela l’asessore - ma fino ad oggi non abbiamo avuto nessuna risposta concreta». Recuperare, riaprire, creare un nuovo percorso d’arte sono argomenti stravecchi: già nell’estate del 1968 monsignor Sabatino Ferrali pose la questione nel catalogo storico descrittivo del “Patrimonio artistico di Pistoia e del suo territorio”. Oltre quarant’anno dopo siamo ancora in alto mare. Eppure, tanta storia abita lì: di preghiere, ed anche di sofferenze, di armi e di lavoro. Fondata nel 1278 dai frati agostiniani, la chiesa subì un vero e proprio stravolgimento nel Secondo Cinquecento, con la demolizione de gli altri gotici e la copertura delle pitture murali, ed ebbe il colpo mortale nel 1880, allorchè fu trasformata in distretto militare. Il complesso diventò poi ricovero e, di seguito, fonderia, falegnameria e cantiere comunale. Il periodo d’oro, quello da rimettere in luce, resta quello di transizione tra medioevo e rinascimento. Del Trecento vi si ammira, ad esempio, un san Cristoforo di Bartolomeo Cristiani, mentre nel Quattrocento Niccolò di Mariano da Siena e Bernardino del Signoraccio vi dipinsero una “Sacra Conversazione fra San Sebastiano, Tobiolo e l’angelo” e un “Presepio”.
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