L'Avaro. Valorizzare cultura e scuola è il contrario dello spreco, è politica il Foglio 9/10/2010
L’avarizia di Giulio Tremonti sta mettendo a dura prova la pazienza dei ministri, che debbono affrontare i problemi originati dalla scarsità di risorse finanziarie. Naturalmente l'esigenza di tenere sotto controllo la spesa pubblica è sacrosanta. Ma i suoi critici sostengono che Tremonti, a parte la responsabilità di evitare crescite del deficit, trae un vantaggio politico dall'essere divenuto l'arbitro della possibilità d'azione dei diversi ministeri, esercitando così di fatto la funzione di coordinamento e indirizzo che spetta invece al presidente del Consiglio. Probabilmente la tensione accumulata, e sfociata in un'aspra discussione in Consiglio dei ministri, non ha assunto i toni granguignoleschi dipinti da Repubblica. E' difficile credere che Tr-monti pensi davvero che "non è che la gente la cultura se la mangia", frase da pescivendolo pitl che da statista. Tuttavia la lesina dei fondi a questo settore, come alla scuola, è un fatto incontestabile. Sandro Bondi, che ha sollevato il problema, non è un demagogo e non ha esitato a farsi tanti nemici negli ambienti radical chic cercando di bloccare le tante mangiatoie girevoli destinate agli intellettuali di corte. Ma la valorizzazione dei beni culturali certamente spreco non è. Per un paese come l'Italia, la ricchezza artistica e monumentale non può diventare un peso insostenibile. E' giusto che a questo progetto di valorizzazione, che ha consistenti ricadute economiche, concorrano anche i privati, ma questo richiede un'iniziativa pubblica consistente e garantista. Investire in questi settori dell'istruzione e della formazione, e nello spettacolo dal vivo, nel teatro, nel cinema e nella musica è essenziale, è parte della battaglia per la crescita del Pil e antidoto all'analfabetismo di massa. Tremonti queste cose le sa benissimo. Il che rende il suo atteggiamento una punta provocatorio. Pur con tutta la comprensione dovuta a chi ha l'obbligo di maneggiare la colossale bomba inesplosa del debito, ora è però evidente anche la sua responsabilità nel bloccare o rallentare iniziative di forte impatto civile e, nel caso dell'Università, di buon riformismo. In fondo persino Quintino Sella, il rigorista alla cui scrivania Tremonti lavora, trovò le risorse per la scuola elementare obbligatoria senza rinunciare al mitico pareggio di bilancio. Tocca a Silvio Berlusconi, dopo il grido di dolore di Bondi, trovare e proporre con forza persuasiva e determinazione politica l'equilibrio tra il controllo della spesa e l'impulso alle iniziative che danno aria, che fanno respirare la società. Tremonti non è l'avaro Arpagone, fa bene il suo mestiere, ma non deve esagerare.
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