Sgarbi: «Farò esplodere la Biennale e torno a fare il sovrintendente» Sara D’Ascenzo 13 ottobre 2010, CORRIERE VENETO
Il critico spiega l’esposizione diffusa del 2011. Il braccio destro di Bondi: «Porto Toscani a Forte Marghera. Saviano, Cacciari, Eco: le opere scelte dagli intellettuali»
ROMA - Alla povera Bice Curiger, curatrice ufficiale della Biennale d’Arte 2011, bisognerà dirlo con le dovute cautele, comunicandole le cose a piccole dosi. Dovesse mai ritrovarsi da sola in una stanza con Vittorio Sgarbi, probabilmente verrebbe travolta dal Padiglione Italia che il critico d’arte sta allestendo e collezionando in maniera esponenziale, moltiplicando ogni giorno e ogni singolo minuto gli artisti, le partecipazioni nazionali, gli intellettuali curatori. Saltata all’ultimo momento la conferenza stampa romana organizzata al ministero dei Beni Culturali per presentare il Padiglione firmato Sgarbi, il critico non ha rinunciato a parlare di sé e di quella che a tutti gli effetti si annuncia come una propria opera. Ma prima di tutto ha voluto sgomberare il campo dagli equivoci: sarà di nuovo lui il sovrintendente del polo museale veneziano. Con un nuovo bando? Più probabilmente con una chiamata diretta: «La Corte dei Conti ha puntualizzato anche martedì che ho i titoli, ma bisogna rifare la nomina. Probabilmente con una chiamata diretta. Io speravo di ritornare in servizio già venerdì,ma mi sono dato come scadenza il 20 novembre. Per la procedura facciano come vogliono, io aspetto, ma è chiaro che non ci può essere Padiglione Italia 2011 senza i musei veneziani».
Perché? Perché Sgarbi a ogni museo del polo ha già dato il volto di un artista: alle nuove Gallerie dell’Accademia, che riapriranno a giugno (Sgarbi assicura) con una mostra curata da lui, al secondo piano di Palazzo Grimani con un’esposizione di artisti contemporanei e un’esposizione della collezione Tyssen. «E poi - spiega ancora Sgarbi - l’idea è di creare un ulteriore rapporto tra il museo di palazzo Grimani e Giorgio Vasari, che a Venezia influenzò Tintoretto, Veronese, Tiziano. E anche il soffitto della Salute, che scopriremo restaurato dopo l’incendio in quell’occasione, è debitore del Vasari». Poi ci sarà Franchetti alla Ca’ D’Oro: «Dal Giorgio Franchetti che donò le sue opere alla Ca D’Oro al Franchetti che colleziona i vari Cy Twombly. Poi altri artisti che farò venire a "chiamata" mia a palazzo Marcello vicino al Casinò dove faremo il museo della mafia, uguale identico a quello che mi ha allestito Cesare Inzerillo a Salemi e il museo della follia, di Serafini: la mia "vendetta" nei confronti della Biennale: lo invitai a palazzo Grassi negli anni ’80 e la Biennale non l’ha più chiamato ».
E poi la cosa che farà felice molti in questo complicato mosaico della Biennale diffusa: una sezione tutta speciale a Forte Marghera: «Un posto più bello dell’Arsenale - si sbilancia Sgarbi - dove porteremo tutto il lavoro sul paesaggio violato che hanno fatto Oliviero Toscani e Salvatore Settis: pale eoliche, fotovoltaico, San Giobbe, l’imbarcadero dei Giardini, un campionario degli orrori mandato dai cittadini comuni». Insomma, un campionario che adesso è così, ma già mentre ne parla Sgarbi allenta, espande. Perché il corpo vero e proprio del padiglione Italia avrà tre cuori pulsanti: uno nello spazio all’Arsenale, che l’anno prossimo sarà ancora più grande e ospiterà 150 artisti selezionati da 150 tra scrittori e intellettuali, un cuore diffuso nelle venti regioni, dove verranno scelti gli artisti più rappresentativi da esporre nelle sedi più adatte delle diverse regioni (per il Veneto, oltre Venezia e Forte Marghera anche la Gran Guardia a Verona) e infine 98 artisti selezionati dagli istituti italiani di cultura (con supervisione finale di Sgarbi) in tutto il mondo.
Una Biennale mondialista e localista insieme, dove Sgarbi «rinuncia» al padiglione Italia con tutti i rischi del caso: «Gli artisti lì saranno scelti dagli intellettuali: Massimo Cacciari, Alberto Arbasino, Tahar Ben Jelloun, Bernard-Henri Levy, Umberto Eco, Furio Colombo, Guido Ceronetti, Aldo Busi, Roberto Capucci, Emanuele Severino, Roberto Calasso, Roberto Saviano, Giorgio Pressburger, Giorgio Reale, Raffaele La Capria, Paolo Mieli: persone dall’intelligenza manifesta alle quali sia manifesta l’arte, non come Francesco Bonami e Achille Bonito Oliva e la loro arte "curatoriale" che sa di ospedale». Un’idea, quella di ristabilire il rapporto tra Biennale e intellettuali, che è piaciuta molto al ministro Sandro Bondi, che pensa anche a un convegno da organizzare a Palazzo Ducale. E dato l’ascendente di Sgarbi, martedì il critico, oltre al suo progetto, ha caldeggiato al ministro anche il nome del veneziano Toto Bergamo Rossi per la direzione di Palazzo Te a Mantova.
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