Venezia, restauri per 1,7 miliardi. «Il mondo si rassegni agli spot» Sara D'Ascenzo Corriere del Veneto 14/10/2010
2 miliardi Sono gli euro ricevuti in 18 anni (1992-2009) da Venezia con la legge speciale. Di questi, 1,9 miliardi sono stati spesi in manutenzioni e restauri
2,8 milioni I soldi necessari al restauro di Palazzo Ducale. Le maxi pubblicità coprono 1,5 milioni. Dottor Group ha messo 700mila euro, ne mancano 600mila euro
108 milioni Sono gli euro che ogni anno saranno necessari a Venezia per sole manutenzioni. Negli anni passati sono stati spesi 69 milioni all'anno
Zero E' la cifra ricevuta da Venezia nel 2006 con la legge speciale. Appena 7 milioni negli ultimi tre anni. Tra il 2000 e il 2003 erano arrivati 615 milioni
ROMA — Lo scandalo lui non ce lo vede. L'indignazione del mondo non la capisce. E di fronte a chi arriccia il naso guardando all'insù e trovandosi di fronte un cielo finto invece del Ponte dei Sospiri, il sindaco di Venezia Giorgio Orsoni ha voluto scandire nel modo più chiaro possibile la sua versione sulle maxi-pubblicità che campeggiano sui mai ori restauri della sua città. Di fronte ai giornalisti della stampa estera, convocati ieri mattina a Roma, Orsoni l'ha detto senza filtri «Lo scandalo non c'è. Venezia ha bisogno di 108 milioni di euro l'anno per le sole manutenzioni degli immobili. Sono qui proprio per chiedervi dov'è il problema: le maxi pubblicità si fanno in tutta Italia, non vedo perché a Venezia non si possa». Di fronte a lui un nutrito gruppo di giornalisti delle più diverse testate: dal Daily Telegraph a Le Monde, dal Suddeutsche Zeitung a Der Spiegel. Tutti a chiedere al sindaco perché anche a Venezia trasformare i cantieri di restauro in una ghiotta vetrina per gli sponsor. Orsoni ha risposto con un dossier di dati, sgomberando subito il campo dagli equivoci: sui 1.000 cantieri in attività oggi a Venezia negli edifici vincolati dal ministero dei Beni Culturali, quelli ricoperti dai maxi-cartelloni sono 6 contro i 37 di Firenze, i 67 di Roma, i 261 di Milano: «Non sta a me giudicare il patrimonio artistico di Milano - ha detto in modo provocatorio il sindaco - o dire se è paragonabile con quello di Venezia, ma evidentemente loro ricoprono tutto e noi no. Di più: i cantieri sui quali si fanno sponsorizzazioni sono solo quelli in cui si eseguono i lavori di restauro e solo sugli edifici pubblici, perché su quelli privati le maxi pubblicità sono vietate. Noi non facciamo trucchi come fanno altri». L'intento, nemmeno troppo velato, è di mandare un messaggio chiaro ai comitati privati, quei gruppi di cittadini stranieri (facoltosi) che dopo l'alluvione del '66 si sono dati da fare perla salvaguardia di Venezia e che in più occasioni hanno fatto sentire la loro voce contro le affissioni formato extra large: «Il lavoro che i comitati privati fanno è importante e fortemente apprezzato. Però dal punto di vista sostanziale è una goccia. Gli interventi dei comitati arrivano a 200mila euro l'anno, sono restauri preziosi ma spesso minimi: 5.000 euro di qua, 50mila di là. Io andrò alla loro riunione con la "lista della spesa". un elenco degli interventi che si possono fare: 63 interventi per un totale di 13 milioni di euro, vediamo cosa verrà fuori. E non vengano a dirmi di fare un fondo internazionale per far gestire gli interventi su Venezia ad altri: lì mi offendo. Posso solo pensare a una pianificazione delle maxi pubblicità».I casi più clamorosi di «sollevazione» contro le maxi affissioni hanno nomi e volti di marchi e pubblicità celebri: prima la Coca Cola con tutti i colori «sparati» che campeggiava su Palazzo Ducale, poi quella di Bulgari con una Julianne Moore vestita di «qualche gioiello», mai arrivata sulla facciata in restauro: «Per la Coca Cola, mi sembra assurdo dire che fosse offensiva. Per Bulgari l'immagine, una bellissima immagine, ovviamente, a costo di passare per bigotto l'ho bocciata perché non idonea al luogo». Nonostante questi incidenti di percorso, che sono valsi all'amministrazione gli strali dei comitati privati, del Fai e dell'architetto Norman Foster, che fu direttore della Biennale Architettura (e all'origine della conferenza stampa di fronte ai giornalisti stranieri), l'equazione di Orsoni «pubblicità uguale soldi che nessuno dà più a Venezia» è stata spiegata dal sindaco con un po' di numeri. Per esempio con una «simulazione» fatta confezionare a Edilvenezia mettendo insieme tutti gli edifici (anche non di competenza comunale) che avrebbero bisogno di restauri. Il totale dei soldi necessari rende l'idea: 1,7 miliardi di euro per mettere a posto tutta la città, dalle scuole alle strutture pubbliche, passando per l'Arsenale, le carceri, le caserme di tutte le anni. Una provocazione necessaria da offrire al mondo nei giorni in cui il ministro Renato Brunetta sta riscrivendo la legge speciale: «Una legge speciale senza finanziamenti speciali - dice Orsoni - trovo assurdo si arrivi a questo. Come pure penso sia un passo indietro il federalismo fiscale per Venezia: così la si omologa a tutte le altre realtà, mentre nel '73la legge speciale ne sancì la particolarità rispetto a tutte le altre, compresa Firenze che pure subì l'alluvione del '66 come Venezia». Basterà a far cambiare idea alla stampa internazionale? A giudicare dalle domande dei giornalisti, no. Per il corrispondente di Le Monde il sindaco non riusciva a capire le ragioni dei turisti, per la giornalista di un network televisivo nordamericano la cosa più importante era l'angoscia di sentirsi preda delle merci anche in una città antica come Venezia: «Io vi capisco» ha chiuso Orsoni. Ma sulle maxi pubblicità non si torna indietro.
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