MILANO - Così grande, così fragile ecco l' arte vulnerabile BARBARA CASAVECCHIA La Repubblica 22-10-10, pagina 15 sezione MILANO
UN VOLTO solcato di rughe, alto otto metri e impresso magicamente dalla fotosintesi sui sottilissimi fili d' erba di un «prato» verticale. L' installazione Testament del duo inglese Ackroyd & Harvey è l' opera che traduce meglio lo spirito della mostra Terre Vulnerabili, inaugurata ieri sera all' Hangar Bicocca. Il lungo sottotitolo dell' esposizione, Le soluzioni vere vengono dal basso, serve a spiegare come è nata: anziché farsi prestare opere già finite, la nuova direttrice artistica Chiara Bertola (affiancata da Andrea Lissoni), ha chiesto agli artisti tempo per incontrarsi e disponibilità a lavorare in gruppo, per decidere insieme come partire alla conquista dell' Hangar. Un passo alla volta. Anche la mostra crescerà lentamente: ad ogni nuovo capitolo - a gennaio, marzo, aprile 2011 - si aggiungeranno altri artisti e lavori ai 14 già presenti, fino a raggiungere quota 30. Niente colpi di scena spettacolari: il percorso è giocato sull' evanescenza e la fragilità, il tema scelto da Bertola come filo conduttore per il 2011. «Vorrei che il pubblico immaginasse questa mostra come un giardino da coltivare», ha spiegato. Un po' spoglio, almeno in questa fase autunnale. Nella prima sala, al buio, il film Terra Madre di Ermanno Olmi si confronta con il video girato da Rä Di Martino nella casa parigina dell' architetto Yona Friedman, ingombra fino al soffitto di maquette delle sue «utopie concrete». In un angolo, scorrono le vignette de La Terra spiegata agli extraterrestri di Friedman, mentre Christiane Löhr stende a terra un paesaggio lillipuziano in gesso e crini di cavallo. Nell' Hangar vero e proprio, dove campeggiano imponenti le Torri di Kiefer, Mona Hatoum appende alle travi una gigantesca ragnatela in fili d' acciaio e sfere di cristallo. Alberto Garutti fa piovere fogli di carta bianca da una fotocopiatrice appesa al soffitto, dedicando la sua opera A chi guarderà in alto. Stefano Arienti nasconde un' Italia in schegge di vetro tra due dipinti alti 20 metri, un albero e una trave metallica, in bilico tra natura e tecnologia. Mario Airò evoca il mito di Atlantide, Alice Cattaneo disegna ombre sottili con le sue scultura, mentre i vasi di ghiaccio di Elisabetta Di Maggio, scioltisi nottetempo per un incidente, sono in riallestimento. Da ultime, come un fregio ironico, sfilano le Monna Lisa in pongo rimodellate dall' irriverente collettivo austriaco dei Gelitin, spogliate da ogni aura. Per capire se la mostra riuscirà, proprio abbassando i toni e intrecciando i dialoghi, a vincere la sua scommessa con la grandeur dello spazio, bisognerà aspettare i prossimi mesi. Del resto, come ha ricordato in conferenza stampa l' AD Gianluca Winkler, la Fondazione Hangar Bicocca sta marciando sul filo di un' economia ridotta all' osso. Il budget necessario al funzionamento annuo della struttura si aggira attorno ai 300.000 euro, la metà di quanto entra in cassa tramite i soci fondatori e le sponsorizzazioni, lasciando poco margine per l' organizzazione delle mostre. Inevitabile - e onesto cambiare strategia e fare i conti con la fragilità della propria situazione.
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