RISPOSTA A FUMAROLI 'LA CULTURA HA PERSO UCCISA DALLA POLITICA' MARINA PAGLIERI La Repubblica 29-10-10, pagina 17 sezione TORINO
IL VEEMENTE articolo di Marc Fumaroli, storico della cultura e membro dell' Académie Francaise, uscito ieri sulla prima pagina di Repubblica («Sei musei dimenticano l' arte per inseguire il mercato» è il titolo), contesta l' abdicazione dello Stato ai compiti di tutela, la deriva culturale legata all' introduzione nei musei di sfilate di moda e concerti rock, la «confusione semantica tra patrimonio culturale e intrattenimento di massa», il conflitto tra politica culturale e affari. Un commento che coinvolge i luoghi della cultura in Italiae Francia e pone interrogativi anche sotto la Mole. Nelle stesse pagine un' inchiesta denunciava la grave crisi in cui versano i musei di arte contemporanea in Italia, chiamando direttamente in causa anche il Piemonte e in particolare il Castello di Rivoli, che, come è noto, non si trova certo, dati i tagli, in condizioni brillanti. Che reazioni hanno suscitato questi articoli tra chi si occupa su vari i fronti di arte e cultura a Torino? «Sono molto pessimista, credo che non si possa più tornare indietro, oggi mancano le basi culturali: è come un vaso che si rompe, non sarà più come prima - dice il direttore del Giornale dell' Arte, Umberto Allemandi - C' è oggi un' antitesi tra qualità e quantità, la nostra è una cultura dei numeri. Poiché la classe politica non ha la competenza richiesta, ragiona sui numeri, quelli dei visitatorio del costo di un' opera». Lo stesso vale, secondo Allemandi, per l' arte contemporanea: «È difficile peri piùe non porta grandi numeri, quindi nemmeno voti: allora i politici tagliano. Ma se la cultura nella loro vita non esiste, in base a che cosa possono tagliare?».È invece assai più ottimista Luca Beatrice, storico dell' arte e critico: «Oggi siamo in crisi, è vero, ma non è detto che le idee vengano solo se ci sono i soldi. Su un punto concordo con quanto è stato scritto ieri su Repubblica, e cioè sulla necessità di rivedere la norma della Finanziaria che prevede che i musei non possano spendere per mostre ed eventi più del 20 per cento di quanto destinato l' anno precedente. È una norma pericolosa, che elude l' ingresso dei privati. Per il resto, contesto le critiche di Marc Fumaroli, nel senso che la grande arte del passato, da Picasso agli Impressionisti, alla nostra Arte Povera, è stata fatta e lanciata con l' aiuto fondamentale dei mercanti. Per quanto riguarda ancora i musei di arte contemporanea, il problema è che l' 80 per cento delle risorse va al mantenimento dei contenitori, mentre si dovrebbe investire sui progetti culturali e sugli artisti». Guido Curto, direttore dell' Accademia Albertina, concorda su quest' ultimo punto: «Guardi, per quello che mi riguarda il Castello di Rivoli potrebbe anche chiudere come museo e divenire un grande centro di formazione, perché è lì che si gioca la scommessa per il futuro. Ed è solo nell' alta formazione che l' Italia può competere coni paesi emergenti, come la Cina. Penso anche che i musei di arte contemporanea si trovino in una sorta di crisi ontologica, nel senso che c' è una contraddizione tra la creatività che guarda al futuro e il concetto di museo. In base a quali criteri si definisce quali opere di oggi devono entrare in un museo? Per quanto riguarda infine quanto scritto da Fumaroli, concordo solo in parte. Non credo che i nostri spazi museali debbano diventare frigoriferi che custodiscono il passato, quel concetto non funziona più. Sono d' accordo invece quando critica un certo marketing che si fa nei musei, l' idea veltroniana della società dello spettacolo e il prevalere dei numeri».
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