PRATO - Così nacque il monumento ai Caduti ALESSANDRO ASSIRELLI MERCOLEDÌ, 29 DICEMBRE 2010 IL TIRRENO - Prato
Storia dell’“ara votiva” inopinatamente sistemata in piazza delle Carceri
Appresa la notizia che il monumento ai Caduti verrà spostato davanti alle scuole Guasti, il cuore si riempie di gioia. Infatti fino dagli anni Novanta avevamo proposto su queste colonne, la rimozione di quel mausoleo poco artistico assieme all’offensivo baraccone dei brigidini. Riproponiamo con orgoglio e amore per Prato, l’articolo di allora avvertendo che la moneta di allora era ancora la Lira.
Passando da piazza delle Carceri non sarà sfuggita ad alcuno quella mediocrità di monumento ancora lì a disarmonizzare l’equilibrio estetico senza che nessuno abbia preso provvedimenti. Il suo scultore, Antonio Maraini, così giustificò la collocazione di quella “Ara votiva” davanti al Castello: “ivi furon tenute le prime commemorazioni dei caduti e le prime adunate fasciste”. Vediamo come nacque l’idea di dedicare un dovuto ricordo ai caduti della prima guerra mondiale, in un clima di “preparazione” alla seconda e più disastrosa alcuni anni dopo. Si costituì un Comitato che lanciò una sottoscrizione il cui esito superò le più rosee previsioni. Venne raccolta, nel 1932, la somma di 400 mila lire equivalenti a circa 430 milioni di oggi (una lira= a 1072,811). Il Comitato, tra mille contrasti, si comportò salomonicamente nel decidere la destinazione dei fondi in un’affollata assemblea al cinema Garibaldi: fu accontentato tanto chi voleva una grande Ara da fare invidia a Roma quanto chi, invece, preferiva destinare il ricavato ad opere sociali. Al momento di concretizzare cominciarono le discussioni. A chi affidarne l’esecuzione? Dove mettere la scultura? Si propose un concorso nazionale con l’esposizione dei bozzetti per affidare la scelta ai cittadini, ma si ipotizzò anche una richiesta a Mussolini per avere dei cannoni nemici e utilizzarne il bronzo per il monumento. In quanto all’ubicazione era certa la piazza S. Francesco al posto dell’obelisco a Garibaldi, che avrebbe migrato nei giardini del Mercatale. Quando tutto sembrava acquisito, ecco arrivare un ordine direttamente dal segretario del fascio di Firenze Alessandro Pavolini il quale affermava, senza concedere replica, che con un patto privato si era delegato a scolpire il monumento il prof. Antonio Maraini, accademico d’Italia e fiorentino di adozione, segretario del Sindacato Belle Arti e deputato, che secondo il giornale “L’Universale” del 10 maggio 1934 “...sta riempiendo Toscana e Italia di mostri, di pezzacci di pietra, d’angeli sifilitici, di offese perpetue alla scultura e al Paese”. L’artista fu pagato con 200.000 lire (circa 230 milioni di oggi) e collocò la sua creatura dove si trova attualmente, anche per la ferma opposizione della massoneria allo spostamento della stele garibaldina in S. Francesco. Lo stesso giornale citato prima criticando la sistemazione scrisse del Maraini che aveva “letteralmente rovinato la bellissima piazza Santa Maria delle Carceri piantando il suo carciofo, più disfattista di cento discorsi contro la guerra, proprio di fronte al Castello di Federigo (sic!)”. Anche “Il Telegrafo” nella cronaca locale affermava che “...si è voluto imporre un angelo mancante di un’ala e semi sciancato sorreggente con aria da ‘me ne impippo’ una donna non si sa se dolente o preoccupata di ben muovere il primo passo di un ballo...”. L’inaugurazione avvenne nel 1934 contemporaneamente alla Direttissima presente, anche se obtorto collo, il Re in persona. Dopo pochi mesi l’ara votiva costata a peso d’oro cominciò a cadere a pezzi. Le sottili lastre di marmo verde si sfaldavano e la gente sbigottita chiedeva di vederci chiaro, ma intanto emersero nuovi particolari. Lo scultore avrebbe percepito solo 130 mila lire e le altre 70 mila sarebbero finite nelle casse del fascio fiorentino. Quindi una brutta faccenda, anche se oggi si tende a rivalutare lo stile del Maraini; ci sembra impossibile che in 60 anni non si sia pensato a collocare il monumento davanti alle scuole Guasti, luogo affine per stile e cadente sulle coordinate dei cortei celebrativi ufficiali. Inoltre l’edificio scolastico conserva ancora alcuni altorilievi scolpiti, nel periodo fascista, dal giovane scultore pratese Mario Cappelli».
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