La sfida dell’economia Luciano Baldacci L’Opinione delle libertà 28/06/2002
Tante le parole d’ordine che nell’attuale congiuntura economica e finanziaria più che mai stanno ad indicare gli obiettivi da raggiungere, nel contempo, ripensando un adeguato o sostenibile cammino di sviluppo alla luce degli attuali mutamenti strutturali che da un lato coinvolgono il mondo industriale, dall’altro quello istituzionale in senso lato. Così si moltiplicano le occasioni di confronto, cui prestano la loro autorevole presenza esperti testimoni “da vicino” delle principali strategie, in cui le visioni della crescita e della stabilità economico-sociale, tentino di rapportarsi all’imperativo categorico delle riforme, tese a modificare lo stato centrista, con eventuale ma non certo auspicabile potere sostitutivo in sede regionale. Pena, il ricadere in quelle situazioni del recente passato “statalista” da cui si intende recedere, in senso evolutivo, nel rispetto di tutte le sottostanti esigenze della collettività, sicuramente garantite dall’odierno sistema della costituzione materiale. Tali problematiche si inquadrano nella ulteriore valenza programmatica confermata con l’entrata in vigore, in quanto legge dello Stato, del controverso decreto dell’Esecutivo, che in termini chiaramente economici e quindi esatti, si propone il preventivo aggiramento, più che contenimento, dato il drastico tenore delle misure ivi previste, di un deficit di bilancio, cui è improrogabile porre mano, in quanto dovuto, nel senso più elementare della questione a continuo scostamento tra le entrate e le spese. Per inciso, le fantasiose definizioni con cui esso viene, a destra e a manca, chiamato in causa, per intenderci quelle che ne indicano le funzioni di panacea, ovvero “ taglia “ e passi per questo termine, e ancora più “ barocco”, ma non in senso aristotelico, di “salva” deficit, possono, diciamo così, essere bene assimilate solo in un contesto di squisite informazione– formazione dell’opinione pubblica media, da parte degli organi di stampa. Al di fuori di tali confini, francamente esse non possono che apparire inadeguate e fuorvianti, a rappresentare la corposa congiuntura correttiva, auspicata dal decreto in questione che, pertanto, non si propone affatto di “salvare” il “buco” di bilancio, ci mancherebbe altro, semmai di eliminarlo “ spietatamente” alla prima occasione utile e per sempre, senza alcun rimpianto, tanto meno da parte di chi, come la collettività, in caso di insuccesso, potrebbe altrimenti rischiare un indesiderato aggravio di pressione fiscale! Ed il momento più propizio è stato colto, sempre per volontà del governo, attraverso la contigua creazione di due Enti-Spa originati dalla trasformazione-estinzione della Cassa Depositi e Prestiti, fra le attività anche “gloriosamente” deputata per molti e molti decenni a consentire l’accensione di mutui ai comuni e alle province per la realizzazione di opere pubbliche, con conseguente contabilizzazione delle spese di finanza locale e regionale, ai fini dei documenti programmatici. Tralasciamo volentieri di continuare a soffiare sul fuoco delle recenti polemiche che hanno investito il primo dei due Enti, la “Patrimonio SPA”, limitandoci ad annotare che lo statuto costitutivo di società è alle prese con il concetto di rendere “redditivo” l’immenso nostro patrimonio pubblico, tra culturale, ambientale, architettonico-immobiliare. Sull’inevitabile impossibilità di acquisire scientemente la funzione reddituale nello Stato, al pari che in una qualsiasi Azienda, peraltro nel caso di specie enormemente diversificata per contenuti ed obiettivi da raggiungere, spesso, per così dire, al di fuori di un “valore” di mercato, vi sono già stati sufficienti e ben rigorosi pronunciamenti in proposito. In realtà, per l’altro Ente, la “Infrastrutture Spa”, le prospettive almeno in teoria, vanno in altra direzione, ovvero reperimento di fondi per la costruzione i di grandi opere pubbliche, ponendo a garanzia, guarda caso, parte dei beni pubblici, fra quelli alienabili, concetto da specificare una volta di più, in ossequio alle dette garanzie costituzionali che non zaffato scontato richiamare, in questa come in altra opportuna sede. Dopodiché in una delle sue prime uscite in qualità di Presidente del suddetto Ente, l’ex Ragioniere Generale dello Stato Monorchio, ha ripreso con forza l’argomento Ponte, quello calabro-siculo, sulla cui edificabilità ebbe a pronunciarsi nell’ormai epocale 1951, il compianto Don Luigi Sturzo, Presidente del Partito Popolare, in recentissimo odore di beatificazione, di cui al Tribunale gia insediato in Vaticano. Si intende quella del prete che aveva la vocazione “di portare Dio nella Politica”; all’altra canonizzazione, quella del “Ponte”, bisognerà ugualmente pensarci, insediando, a tempo e luogo, apposito consesso di esperti della variegata materia. http://www.opinione.it/3.commenti/archivio_commenti/2002/24-06_30-06/28-06-02_baldacci.htm
|