FIOCCO VIOLA SULLA TUTELA 2016-01-20 FP CGIL - FP CGIL Mibact
Roma, 20 gennaio 2016
Alle Strutture territoriali FP CGIL con preghiera di inoltro alle delegate e ai delegati FP CGIL Mibact
Care compagne e cari compagni, purtroppo siamo stati facili profeti, nel nostro comunicato del 21 dicembre scorso, a prevedere un ulteriore scossone al MIBACT causati dalla famosa normetta buttata nel calderone della legge di stabilità 2016. Siamo in presenza di un vero e proprio blitz normativo che modifica radicalmente il precedente assetto appena riformato e propone una nuova riorganizzazione di tutto il ciclo delle tutela. L'operazione, formalmente giustificata dal doversi uniformare alla legge Madia, nella parte che disciplina il silenzio assenso e la nuova conferenza dei servizi, in realtà comporta due ordini di valutazioni: la prima è che questo adattamento alla legge Madia non è altro che una resa anticipata e senza condizioni ai successivi passaggi previsti, in primis la famosa riorganizzazione dell'apparato periferico dello Stato con a capo gli Uffici Territoriali dello Stato guidati dai prefetti tanto cari al nostro Presidente del Consiglio. Non ci può venire a dire che il silenzio assenso e la nuova conferenza dei servizi, che dovrà uniformare i criteri di presenza del rappresentante unico dello Stato, designato di volta in volta dal prefetto competente per territorio possa essere la sola causa di un tale sommovimento organizzativo. C'erano altri strumenti per identificare una procedura uniforme nel rilascio dei pareri, anche la famosa conferenza dei soprintendenti, ad esempio. Quindi un problema che poteva essere benissimo risolto per via organizzativa senza mettere mano di nuovo ad una struttura appena riformata ed ancora del tutto in mezzo al guado della confusione organizzativa. Inoltre, considerato l'impatto deleterio della norma sul silenzio assenso, ci chiediamo quale potrà essere l'autorevolezza di una amministrazione nella valutazione di un prefetto incardinato in un territorio dove certamente l'operato del Ministero, soprattutto in materia di vincoli paesaggistici, cozza quasi sempre con interessi localistici. La bozza proposta, non solo accorpa le Soprintendenze, ma ne modifica i compiti e ne aggiunge di nuovi ai Poli Museali. In particolare, in modo del tutto inopinato e inconferente, toglie alle Commissioni Regionali il compito di concedere i beni culturali pubblici, e lo attribuisce (per la quasi totalità dei beni) ai direttori dei Poli Museali. A chi saranno concessi i beni? Tutto ciò mentre nei CDA entrano ‘esperti del patrimonio culturale’ (come chiederebbe la norma) quali ex amministratori delegati di aziende, su tutto il territorio nazionale. In sostanza si coglie la palla al balzo per infilare questa norma al volo. Senza passaggi parlamentari. Senza pareri del Consiglio di Stato. Tutto per gestire il nostro patrimonio da parte di soggetti di nomina politica e non per concorso. La seconda valutazione è sull'impianto delle riforma: siamo ad un cambiamento radicale nelle politiche di tutela, un cambiamento che evidenzia in tutto e per tutto l'indebolimento ormai insopportabile delle sue funzioni e competenze. L'idea delle Soprintendenze miste ci pare in questo contesto, ove i Soprintendenti sono già, insieme ad Archivi e Biblioteche, l'anello debole del modello organizzativo tarato sui Musei e sulla valorizzazione separata nella gestione dalla tutela, una operazione esiziale. Quindi si rischia semplicemente di creare strutture acefale, senza un ragionamento consolidato sull'impianto organizzativo. L'operazione del resto scopre le sue vere finalità nella sottrazione di 10 dirigenze alla tutela ed il loro riversamento sui nuovi siti autonomi. Una operazione dal nostro punto di vista censurabile anche sotto il profilo applicativo della normetta in stabilità. Non ci pare di cogliere in quelle quattro righe scritte in croce una delega ad istituire nuovi uffici che non siano quelli derivanti da accorpamenti. Invece il nodo cruciale diventa proprio l'istituzione di questi nuovi 10 siti dotati di autonomia e alcune operazioni gridano vendetta proprio per le implicazioni che propongono. Ci chiediamo ad esempio quale finalità abbia l'istituzione dell'autonomia sul Parco archeologico dell'Appia Antica o sull'area Flegrea. Strutture del tutto prive di ogni dimensione organizzativa e spesso senza alcuna possibilità di introiti. Sull'area dell'Appia antica sappiamo tutti quali sono gli appetiti e conosciamo la strenua battaglia che i funzionari della Soprintendenza hanno fatto e stanno facendo contro la speculazione edilizia e anche la proposta della società Autostrade di farne una fondazione. Con questa operazione i funzionari addetti alla tutela vengono tagliati fuori e si mette in piedi il grazioso meccanismo della selezione internazionale dove tra i requisiti certamente non entra la conoscenza delle norme e delle leggi che regolano il diritto amministrativo italiano ma le cosiddette capacità manageriali di cui stiamo verificando purtroppo in molti casi il segno. Pertanto siamo di fronte ad una vera e propria sottrazione di importantissime aree archeologiche alla tutela, altro che il rafforzamento dei presidi sul territorio, come il trionfale comunicato ministeriale stile Istituto Luce vuol far credere. Il tutto tra i peana del Consiglio Superiore, sempre più orpello nelle mani del Ministro, e degli illustri archeologi che ne fanno parte. E non basta più al Ministro rifugiarsi sotto il comodo ombrello della spending review per giustificare le sue scelte al risparmio. Il ministero è stato falcidiato dalla spending review e avrebbe potuto invece richiedere l'implementazione dell'organico dirigenziale, dimostrando dati alla mano che non esiste in nessuna altra amministrazione pubblica un numero così esiguo in rapporto alla dimensione organizzativa. Invece si procede con blitz normativi e la completa assenza di un dibattito politico parlamentare sulle scelte adottate e non si ha il coraggio di chiedere revisioni ad una politica sbagliata, fatta di tagli orizzontali che con la vera spending review c'entra ben poco. Una operazione analoga la si fa accorpando le Soprintendenze archivistiche con quelle neo istituite bibliografiche: in questo caso abbiamo una decisione conseguente alla norma che assegna allo Stato competenze in materia di tutela del patrimonio archivistico e bibliografico prima esercitate da province e regioni. Una norma di cui non si era valutato minimamente l'impatto organizzativo e adesso si tenta di metterci una pezza con questa invenzione organizzativa, anch'essa artificiale nei risvolti organizzativi e nella duplice dipendenza dalle rispettive direzioni generali. Una operazione che, alle attuali condizioni dell'organico previste dal DM 7 agosto, rischia di non produrre altri effetti se non quello di sovraccaricare oltremisura il poco personale assegnato a questi settori. Infine c'è una revisione ed una integrazione di siti e aree in diversi Poli Museali sui quali ci riserviamo, anche alla luce delle osservazioni che ci perverranno, ulteriori approfondimenti- Restano da comprendere e verificare tutte le conseguenze sul personale, che sta già vivendo una fase di profonda incertezza. Ci chiediamo al riguardo che senso possa avere emanare adesso un bando di mobilità volontaria quando non sono ancora chiari i riferimenti agli organici a seguito di questa nuova riforma. Dal nostro punto di vista l'Amministrazione avrebbe dovuto ampliare i tempi previsti per le modifiche agli organici e invece si parte senza che ai lavoratori vengano assicurate le necessarie certezze sulle destinazioni. Insomma fiocco viola per la tutela del nostro patrimonio culturale, ormai giunta ad uno dei punti più bassi della sua gloriosa storia. Noi abbiamo avuto formale richiesta di produrre nostre osservazioni su questo nuovo impianto di riforma e graziosamente ci è stato concesso il termine di domani per produrle. Noi pensiamo di inviare questo comunicato e non ci eserciteremo in stilismi inutili e che sicuramente non produrranno alcuna modifica sostanziale alle scelte adottate. Ci eserciteremo invece in una azione di contrasto capillare ad un progetto di riforma che riteniamo profondamente sbagliato e non ci lasceremo rinchiudere in un recinto corporativo che non rappresenta certo la nostra idea di sindacato generale.
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