2006-06-05 - Università degli studi «La Sapienza» di Roma CONVEGNO: il punto sugli scavi della "pars fructuaria" nella Villa del Casale di Piazza Armerina Università degli studi «La Sapienza» di Roma http://www.gazzettadelsud.it/index.asp?Pagina=edizioni.asp&Edizione=edz-cu.asp&ART=002&PAG=14
Il cinque giugno a Roma il punto sugli scavi della "pars fructuaria" nella Villa del Casale di Piazza Armerina Dal Medioevo un messaggio siciliano L'insediamento venuto alla luce rivela la casa-tipo isolana Girolamo Sofia Si terrà il prossimo 5 giugno, all'Università degli studi «La Sapienza» di Roma, una conferenza in cui verranno esposti gli aggiornamenti dei risultati sugli scavi condotti nella «pars fructuaria» della Villa del Casale di Piazza Armerina (En), portati a termine dal dipartimento di Scienze dell'Antichità dell'ateneo romano, durante le due campagne di esplorazione del 2004-2005. Le indagini archeologiche condotte sotto la direzione scientifica del professore Patrizio Pensabene (Università la «Sapienza» di Roma) e della dottoressa Caterina Greco ex dirigente dei servizi archeologici della Soprintendenza di Enna, hanno riportato alla luce un insediamento medievale che è il risultato di più fasi costruttive. Durante le ricerche è chiaramente emerso un primo «villaggio» (Periodo I Medievale), di cui restano almeno cinque ambienti caratterizzati da muri spessi circa cm 50-55, a doppia cortina di ciottoloni fluviali rinzeppati con tegolame a vacuoli di colore rossastro e numerose tegole bizantine, con riempimento di pietrame minuto, tenuto assieme con semplice terra (ambienti III, IV, XXI, XXIII, XXIV, XXV, XII, XXVI, e in parte del XVI). Per la ceramica ritrovata e per la stratigrafia, la fase costruttiva si ascrive a un periodo tardo arabo o primo-normanno. Alle costruzioni di tale periodo si sovrappongono in parte gli edifici di una seconda fase, di piena età normanna (Periodo II Medievale), che, dal punto di vista della tecnica muraria, sono innanzitutto caratterizzati dalla mancanza di riuso di tegole bizantine: compaiono come pietra da costruzione blocchetti di arenaria a clasti quarzitici, in parte con tracce di malta, o anche di interi grumi di malta biancastra, probabilmente prelevati dai ruderi della villa o da altre costruzioni di età tardoromana o bizantina; in un caso (ambiente I) è anche riutilizzato nella muratura un frammento di pavimento a mosaico. Le rinzeppature di tegolame (sempre del tipo a vacuoli e di colore rossastro, di epoca arabo-normanna) sono poco rigorose nell'allineamento, così come la spiombatura delle pareti e la regolarità dell'apparecchiatura muraria (ambienti I, II, VI, VII, VIII, XI, XIII, XV, XX, XIX, XXII). La fase finale (periodo III medievale), della fine del periodo normanno o svevo iniziale, è rappresentata da muri addossati alle costruzioni precedenti, che creano ambienti esterni di carattere provvisorio (ambienti V, IX, X, XIV, XVI, XVII, XVIII, XXVII). Si tratta di muri costruiti in pietrame e terra, spesso senza cura nella spiombattura delle cortine, con rare rinzeppature di tegolame, che si impostano al livello degli alzati degli edifici del periodo medievale II. infine, sugli strati alluvionali successivi al definitivo abbandono, si fondano alcuni tratti di muri, costituiti da filari di pietrame singoli o doppi, che appaiono formare una recinzione attorno alla zona dell'insediamento (periodo post-medievale: XIV-XV secolo). Più sporadici sono invece i resti di fasi più antiche probabilmente anche perché lo scavo è andato in profondità solo in alcuni punti. Si è potuta comunque individuare una prima fase di frequentazione del sito (periodo tardo romano) attestata da un muro (Usm 32), rinvenuto circa 20 cm sotto le fondazioni del primo insediamento medievale, caratterizzato da malta biancastra, e da una serie di frammenti di ceramica sigillata africana D trovata in saggi profondi. Ancora, in un altro saggio, presso il limite nord-ovest dello scavo, a una quota di circa m 2,5 sotto il livello medievale normanno, è stato portato alla luce un tratto di fondazione rasato su cui si installava successivamente un grosso muro angolare in opera cementizia (Usm 600): questo è stato attribuito alla fase bizantina, in quanto dotato di antemurale (Usm 581) e riconosciuto come appartenente a un muro di fortificazione della villa, il primo invece ascrivibile alla fase precedente alla villa tardo imperiale. Si tratta di una fase già emersa in alcuni saggi di Gentili al di sotto delle murature di IV secolo e interpretata come la testimonianza di una villa della media età imperiale precedente a quella tarda. Le strutture tardoantiche e bizantine furono sepolte da due alluvioni che riempirono di terra sabbiosa lo spazio tra di esse. Alcuni frammenti di ceramica sigillata africana D (V-VI d.C. secolo) trovati in questo contesto, confermano che si tratta di strutture tarde, anche se la presenza di tegole con vacuoli reimpiegate in alcuni settori della cortina fa pensare che tali muri abbiano subito dei restauri in piena età bizantina o araba. Solo pochi elementi d'uso e di arredo sono stati trovati «in situ», in seguito al lento abbandono dell'abitato e alla spoliazione dell'interno degli ambienti; non è quindi agevole ricostruire la funzione delle singole aree degli edifici rinvenuti, anche se si possono tentare ipotesi ricostruttive grazie a una serie di indizi, come la concentrazione di materiali ceramici in aree particolari dei vani, oppure il confronto con altri siti medievali siciliani dove sono meglio conosciute le funzioni dei vani abitativi; infatti, è noto che ni questo periodo le abitazioni riunivano in sé diverse funzioni, non solo abitative, ma anche di rifugio per gli animali domestici, di aree per piccole lavorazioni artigianali, di luoghi per la conservazione di derrate. La casa-tipo del contadino di età arabo-normanna in Sicilia è stata indagata di recente soprattutto negli scavi di Segesta e Monte Iato: la cellula fondamentale è costituita da un vano rettangolare, nel quale si svolgevano tutte le principali funzioni abitative, che si poteva moltiplicare attorno a una corte o a un vicolo, in modo da creare planimetrie a forma di L, U, O. Tale organizzazione dei vani è stata messa in relazione dalla studiosa Alessandra Molinari con un'edilizia spontanea di contadini, che si adatterebbe all'abitazione di vari nuclei familiari pertinenti a un clan, focalizzati su un cortile interno utile anche come area per lavorazioni. Alla conferenza presenzieranno Patrizio Pensabene, docente della cattedra di Archeologia Greca e Romana dell'Università «La Sapienza» di Roma, gli archeologi che hanno seguito gli scavi nel 2004-2005 Paolo Barresi e Girolamo Sofia e i rilevatori Giuseppe Verde e Leandro Lopes che hanno curato l'intera documentazione grafica dell'area di scavo.
(domenica 21 maggio 2006)
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