Gela - Il cratere ritrovato 24-10-2010 Nuccio Mulè
Frutto di unoperazione di sequestro dei Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Cultura-le in collaborazione con la magistratura italiana ed elvetica e le polizie di Ginevra e Basilea, il cratere laconico a figure nere rientra a Gela dopo un peregrinare di diversi decenni tra trafficanti, asta londinese di Sothebys e mercato di Basilea. In origine il cratere faceva parte di una collezione privata gelese che poi, in un periodo imprecisato, fu venduto ad un trafficante per conto di tali Giacomo Medici e Robin Symes (questultimo curatore della vendita della Venere di Morgantina al Getty Museum di Malibù), persone senza scrupoli che tra gli anni 70 e 80 erano considerate come punti di riferimento europeo dei ricettato-ri di reperti archeologici clandestini, tantè che nel 1981, sicuramente attraverso lo smista-mento nel Porto Franco di Ginevra, si trovò nel mercato svizzero di Basilea. Il cratere, as-sieme ad altre centinaia di reperti, è stato sequestrato nel caveau di una villa di un com-mercialista svizzero, tale S. Bodishops di Basilea, che fungeva da spalla al commerciante giapponese Noryioshi Horiuchi, questultimo già entrato in passato nelle vicende dei traffici internazionali di opere darte e grande collettore di antichità archeologiche a suo tempo per il museo giapponese Miho a Shigaraki. Il catere laconico, che già compariva nel catalogo Christies London, fine antiquities - 8 june 1988, nel 1989, durante questo peregrinare, fu studiato da un archeologo olandese Michael Conrad Stibbe il quale ne tracciò i dati che lo contraddistinguono: provenienza da Gela, attribuzione dellopera al cosiddetto Pittore della Caccia, uno degli artisti più emi-nenti dello stile a figure nere della ceramica laconica, e datazione che, per forma e stile del vaso, stimò nel VI sec. a.C., in particolare tra il 560 e il 555 a.C. Opera darte greca rarissima, se non unica, di notevole valore artistico e di grande pre-gio, il cratere di Gela possiede una complessa figurazione ripartita essenzialmente tra il collo e il corpo, separati sulla spalla da una prominente decorazione composta da lingue rosse e nere alternate (due rosse ed una nera) e, subito sotto, da una fascia di spirali con-catenate. Un cratere rimasto quasi intatto, da cui il tempo non è riuscito a sbiadire via del tutto larte che il suo creatore aveva voluto esprimere. Decorazioni bicromatiche a pennel-late verticali, onde correnti e file di animali che si snodano sia sulla parte superiore che su quella inferiore del vaso. La creatività del pittore lasciò spazio ad unarte orientalizzante, giunta nel settimo seco-lo fino in Laconia (a Sparta), con una scena di predazione di un leone che azzanna un cin-ghiale e esseri a metà tra donna e aquila, come le sirene, ma anche sfingi alate e galli. Eppoi la scena figurata delle danze di comasti, sul collo del vaso, che seguono con movi-menti frenetici il suono della lira. Nelle anse a volute predomina la figura della testa di una Gorgone, figura mostruosa sopravvissuta nellimmaginario collettivo attraverso il mito di Medusa. Il cratere laconico di Gela, esposto subito dopo il sequestro dai Carabinieri al Colosseo assieme ad alcune centinaia di reperti, è stato riconosciuto nelle foto e dimostrato come proveniente da Gela, da Giuseppe Brugioni e da Nuccio Mulè dellArcheoclub dItalia, e, in seguito a ciò, consegnato dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali allassessore regio-nale Gaetano Armao che ne ha predisposto la collocazione definitiva al Museo Archeolo-gico di Gela; museo che oggi fa parte del Parco Archeologico Ambientale di Gela e dei comuni limitrofi, di recente istituzione, la cui direzione è stata affidata allArch. Salvatore Gueli. |