La cultura dei più 26-10-2010 Francesco Floccia
L'affermazione odierna di Filippo Facci sul quotidiano Libero - Appunto - Di chi è Saviano , p. 1: Cè unincultura suicida nel centrodestra.
che [tra laltro] può mettere uno come Sandro Bondi al Ministero della Cultura - non è polemica ma sintomo di una contraddizione epocale: ma che cosa ci sta a fare un Ministero della Cultura (o dei beni culturali che dir si voglia) nelle compagini governative italiane? Da quando nel 1975 si è istituito il Ministero per i beni culturali e ambientali la tutela e il tema delle opere darte è diventata occasione di scontro e di polemiche politiche. La tutela vista da sinistra (ossia la socializzazione del valore storico delle testimonianze artistiche guidata dalle classe borghese di giovani studiosi divenuta la terza componente della gramsciana alleanza tra contadini e classe operaia) è stata lungamente vincente nella politica culturale italiana dellultimo quarto del Novecento. Gran parte dei più anziani quadri dellattuale amministrazione statale dei beni culturali ha quella formazione professionale e fin tanto che la classe politica italiana ideologicamente si riconosceva nel pensiero secondo cui lintellettuale, sebbene privilegiato, difendeva per il bene delle classi popolari le testimonianze storiche nazionali, la funzione dei tecnici del Ministero ha assolto effettivamente un lavoro utile alla salvaguardia del patrimonio colto e artistico italiano. Ma poi è arrivato al governo dellItalia, sul finire dello scorso secolo, il centrodestra con la sua prassi scabra e comportamentale che come è ormai affermata vulgata e come scrive Bruno Zanardi in Strategia di un disastro, Patrimoniosos del 5/10/2010, ha decontestualizzato le opere nel nome dello slogan brutalmente economicistico: bisogna far rendere le opere darte. Sicché, perduta qualsiasi funzione critica o di valutazione storica, la compagine degli studiosi ministeriali è diventata necessariamente strumento operativo di una gestione politica che nella storia dellarte vede un aspetto idealistico della cultura e non documentativo e perciò stesso attraente e commerciabile in una società che in ogni momento e circostanza è appunto attratta dalla cronaca, dalleffimero, dal quotidiano, dal piccolo mistero o segreto che riguarda il prossimo ma che vive o riflette anche in se stesso. Si sa che una delle moderne accezioni del concetto di cultura vuole che questa rappresenti linsieme del sentire di una società e non la formazione o la coscienza del singolo individuo: inutile ricordare Benedetto Croce che vedeva tante piccole conoscenze negli individui ma non la Conoscenza. Oggi non si sbaglia nel dire che nellinsieme della popolazione italiana ci sono miriadi di informazioni ma non cognizione complessiva della realtà o dei propri atteggiamenti. Supponiamo avvalorati da certezze scientifiche e professionali cosa sia la cultura oggi sempre più imprevedibilmente correlata alle tecnologiche conquiste multimediali che permettono di saggiare allistante innumerevoli frammenti di un universo fatto di personaggi, musiche, immagini, idee, realtà apparentemente virtuali ma salde e concrete nella storia delloggi. Cosa vorrà mai dire allora beni culturali? Non lo sono più solo il dipinto, né il monumento, né lopera filosofica e letteraria o musicale che gli studiosi del settore hanno codificato: è cultura anche la capacità di ogni individuo che davanti a un abito, a un fatto, a un evento, a un gadget digitale, a un personaggio dello spettacolo o della politica sa elaborare una propria convinzione ascoltando o scremando dati e notizie che gli vengono prospettate. Naturalmente rispetto a un dipinto si informerà dei dati storici che la didascalia o il catalogo gli forniranno ma la vera cultura starà tutta in quelle personali ed essenziali idee o convincimenti che intimamente si è formato. Incoltura di destra contro cultura di sinistra? Ossia la prima è sfuggente mentre la seconda è impositiva? Filippo Facci nellarticolo di giornale da cui ho preso spunto per queste righe rimprovera allincultura del centrodestra di non saper produrre programmi televisivi o comunque di taglio culturale: ma ciò è coerente con un governo di centrodestra che almeno nel campo dellarte e della creatività non deve impostare regole e norme né prefiggersi propagande di sorta. Alla fine, valorizzare commercialmente un patrimonio artistico può dare fastidio a studiosi sensibili alla storia e alle classicità che essa simboleggia; ma presentare i beni culturali secondo la essenziale teoria che trattasi di testimonianze di un passato che è comunque stato nel suo complesso aristocratico, elitario, assolutistico, intollerante, bellicoso, preilluministico e sostanzialmente come si usa dire illiberale è operazione specialistica e di studiosi il che esula dai compiti di un dicastero a conduzione politica ed entra invece nel campo della ricerca o della scienza che appunto né retoriche né nostalgie persegue. Si rispettino tutti gradi di cultura che ogni cittadino può possedere: sarà sempre meglio un ministro che dà spazio a ogni espressività che non un altro che mostri di apprezzare solo coloro che hanno avuto la fortuna o lopportunità di affinare la propria cultura.
24/10/2010 |