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Il maxi-concorso del Ministero per i Beni e le Attività Culturali
19-12-2002
Franco Faranda, Soprintendenza di Bologna

Nel Ministero per i Beni e le Attività Culturali è in corso di svolgimento un maxi corso concorso di riqualificazione dei dipendenti che prevede la possibilità, per un congruo numero di impiegati, di accedere a qualifiche e a mansioni diverse da quelle che rivestono attualmente.
Questa tornata concorsuale interna, in parte provvederà a sanare una situazione che è ormai in atto da decenni nel suddetto Ministero: regolarizzare, ad esempio, la posizione di quelle persone che hanno svolto, da sempre, mansioni diverse da quelle per le quali erano state assunte e per le quali avevano dimostrato di possedere, tramite concorso esterno, i requisiti atti a svolgere un determinato compito.
Successivamente, però, entrati in Amministrazione, sono stati coinvolti in compiti e ruoli diversi e, sempre, di livello superiore. Questo è accaduto per mancanza di personale, per più o meno celate simpatie dei Soprintendenti, per riconosciute e apprezzate capacità operative.
Molte di queste situazioni vanno di fatto sanate e i corsi di qualificazione che stanno per partire, dovrebbero risolvere questo annoso problema.
Vorrei a questo punto evidenziare la particolare situazione prevista per l’accesso al ruolo di storico dell’arte direttore coordinatore e di archeologo direttore coordinatore. L’accesso a questo ruolo, (per semplificare prendo in considerazione il ruolo dello storico dell’arte) il più alto tra i funzionari del Ministero, è riservato innanzi tutto agli impiegati in possesso di “laurea in lettere o in filosofia o in materie letterarie o in pedagogia o diploma delle arti, musica e spettacolo” – e fin qui niente da obiettare, ma è anche consentito accedere al suddetto ruolo, -“in assenza dello specifico titolo di studio” - al personale in possesso “ di diploma di scuola secondaria superiore ed esperienza professionale di quattro anni nella posizione economica C2; diploma di scuola secondaria superiore ed esperienza professionale di otto anni nella posizione economica C1”.
In aggiunta, si specifica ulteriormente che “Possono proporre istanza di partecipazione alla procedura oggetto del presente bando anche coloro che, pur appartenendo a profili afferenti ad altre professionalità delle posizioni economiche C1 e C2, abbiano esercitato per almeno tre anni – alla data del 31 dicembre 2001 – le mansioni corrispondenti alla professionalità oggetto del presente bando”.
Provando a tradurre il bando per i non addetti ai lavori, l’ultimo comma specifica che un ragioniere o un tecnico amministrativo che, per avventura, negli ultimi tre anni avesse esercitato delle funzioni afferenti alla “professione” di storico dell’arte, può diventare, almeno in teoria, storico dell’arte.
Il caso non è poi del tutto impossibile. Sempre per la cronica mancanza di personale può accadere che un soggetto animato da buona volontà, ma privo di ogni conoscenza in campo storico artistico, abbia, ad esempio, svolto mansioni afferenti allo storico dell’arte. Immaginiamo che possa aver coordinato l’ufficio mostre ove, magari nell’ambito di una più vasta attività facente capo al Soprintendente, ha tenuto i rapporti con i musei stranieri, ha verificato lo stato di conservazione delle opere, ha valutato la qualità e l’idoneità degli imballi ecc…
Il diploma di scuola media secondaria superiore, come si sa, non prevede lo studio della storia dell’arte, a parte la superficiale infarinatura nei licei classici e, credo, nelle scuole magistrali. L’esperienza lavorativa, per quanto attinente al ruolo dello storico dell’arte, non può aver supplito, in nessun caso, alla formazione generale che lo storico dell’arte ha acquisito nei quattro anni di corso universitario e nei due o tre di scuola di specializzazione, necessaria, fino a questo momento, per accedere al concorso per storico dell’arte. Anzi, mi permetto di sostenere, che il lavoro svolto nelle Soprintendenze, più che formare, disinforma. Si lavora e si è oberati da numerosi atti amministrativi, necessari per portare a compimento ogni attività di ricerca e di valorizzazione (più di quindici atti successivi per un restauro, atti per i prestiti finalizzati ad una mostra, norme da seguire e conoscere inerenti la sicurezza delle opere, dei cantieri ecc..). Procedure amministrative fondamentali, che rappresentano una parte non secondaria dell’attività dello storico dell’arte il quale, nello svolgere questi compiti, attinge, per la sua sopravvivenza culturale, alla pregressa formazione universitaria che gli è da stimolo per nuove ricerche e conoscenze.
Ma al di là di ogni opportuna considerazione credo vada sottolineato che, con questo concorso interno, il Ministero affermi che si può aspirare a diventare direttore storico dell’arte coordinatore o Archeologo direttore coordinatore, senza la laurea in lettere. Viene sancito cioè il principio, e lo si afferma in sede ministeriale, dunque ai massimi livelli istituzionali, che lo storico dell’arte e l’archeologo non sono dei professionisti, ma dei praticanti che imparano il mestiere dietro una scrivania e non sui banchi di scuola.
Con questa enunciazione ministeriale in pratica può accadere che il direttore della Pinacoteca Nazionale di Bologna o degli Uffizi, possa essere un funzionario del ministero, eventualmente infarinato di storia dell’arte, ma privo di laurea.
Per conseguenza, in un prossimo futuro, si potrà sostenere a maggior ragione che essendo gli storici dell’arte del Ministero privi anche di laurea, occorrerà affidarsi a delle società private per gestire i suddetti musei, ma anche per allestire eventi espositivi, per scrivere i cataloghi delle mostre e così via.
Ora è indubbio che la laurea non è certo un toccasana, ma è un requisito minimale, indispensabile per proporsi come storico dell’arte o archeologo del Ministero per i Beni Culturali. Vanno bene tutti i concorsi interni di questo mondo, ma senza prescindere dalla specifica laurea.
Il principio introdotto dal Ministero, per il quale la laurea non è più un requisito fondamentale per accedere a questi ruoli, è il più grave attacco alla qualità del lavoro dalla nascita del Ministero e a firmarlo è un Ministro che è anche docente universitario, dunque una persona consapevole del danno che produce.
Lascio ad altri eventuali considerazioni sulle strategie politiche che mirano, attraverso la dequalificazione del personale dello Stato, a distruggere un’immagine di Stato impegnato nella tutela del proprio patrimonio storico e artistico. E’ però facile intendere che, perseguendo la sistematica distruzione delle proprie risorse umane, sarà poi conseguente sostenere e provare che i restauri sono mal fatti, che non ci sono le giuste competenze, che i Soprintendenti sono degli asini e che, per la valorizzazione del patrimonio storico e artistico della Nazione, è bene che subentrino i più efficienti soggetti privati.



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