Riorganizzazione territoriale del sistema di tutela italiano 14-07-2014 Marisa Dalai Emiliani
All’On. Ministro dei Beni e Attività culturali Dario Franceschini
e p.c. al Segretario Generale Arch. Antonia Pasqua Recchia al Presidente del Consiglio Superiore per i Beni culturali e paesaggistici Prof. Giuliano Volpe
OGGETTO: Riorganizzazione territoriale del sistema di tutela italiano
Onorevole Ministro,
nell’avvicinarsi della scadenza ormai ineludibile per la presentazione del piano di riorganizzazione territoriale della tutela, come imposto dalla cosiddetta spending review, apprezzando il metodo democratico di consultazione da Lei adottato in particolare nei confronti di chi opera sul campo per un’azione efficace di salvaguardia, cioè i suoi funzionari tecnico-scientifici, sento il dovere di far sentire anche la mia voce accanto a quella di quanti già si sono rivolti a lei con validi argomenti per scongiurare il rischio di un accorpamento di tutte le Soprintendenze ai beni storico-artistici ed etnoantropologici con quelle dei beni architettonici e paesaggistici. Mi riferisco all’appello rivoltole dagli storici dell’arte universitari italiani coordinati dalla CUNSTA, inviatole il 25 giugno scorso dalla presidente prof. Rosanna Cioffi e, prima ancora, all’appello dei dirigenti storici dell’arte del MIBACT, datato 31 maggio 2014. L’intera comunità scientifica degli storici dell’arte italiani, come vede, è in attesa delle sue decisioni, con la speranza che non contraddicano il suo importante recente accordo con la Min. Giannini per una più incisiva presenza dell’insegnamento storico-artistico nelle strategie condivise da MIUR e MIBACT al fine di una più diffusa educazione di tutti i cittadini alla conoscenza e al rispetto del Patrimonio, bene comune.
La mia prise de parole origina dai due mandati consecutivi di presidente del Comitato tecnico scientifico per il Patrimonio storico artistico ed etnoantropologico del MIBACT, tra il 2006 e il 2012: da un’esperienza cioè di conoscenza molto ravvicinata dei problemi vecchi e nuovi dell’amministrazione della tutela, con la quale so di aver sviluppato un rapporto dialettico, costruttivo e sinergico, ma anche di faticosa supplenza, insieme al mio Comitato, per la scomparsa dal 2007 della Direzione Generale Centrale di riferimento, con la creazione di quella per la Valorizzazione e con il conseguente accorpamento di competenze e uffici nella Direzione Generale Centrale per l’Architettura e il Paesaggio.
Da allora, a dirigere quest’ultima è sempre stato chiamato un architetto, e da ultimo una figura amministrativa, sia pur valida, mentre contemporaneamente la presidenza del Consiglio Superiore veniva affidata a personalità di spicco delle discipline archeologiche come Salvatore Settis, Andrea Carandini e da ultimo Giuliano Volpe. L’eclisse in questi anni di politiche peculiari per il patrimonio artistico – sia diffuso che conservato in musei e gallerie - è stata la conseguenza inevitabile di tutto questo. Mi permetto di allegare due documenti che testimoniano la battaglia condotta nel 2007 avverso quelle decisioni dal Comitato tecnico scientifico per il Patrimonio storico artistico ed etnoantropologico e all’interno del Consiglio Superiore. E insieme mi permetto di osservare che la presunta apparente razionalizzazione legata a un sistema di soprintendenze territoriali miste per i beni architettonici e storico artistici, afferenti alla Direzione Generale Centrale da tempo unificata - quale sembra si prospetti -, dovrebbe essere ribaltata nell’esatto contrario, ripristinando cioè la Direzione Generale Centrale per il Patrimonio artistico ed etnoantropologico, con gli stessi preziosi compiti di indirizzo scientifico e coordinamento a scala nazionale che svolgono efficacemente le altre Direzioni Generali Centrali di settore (ultima confermata, quella alle Antichità). Peraltro funzioni di coordinamento e unificazione metodologica dell’azione di tutela vengono già ora svolte dalle Direzioni regionali, costituite proprio per essere centri di raccordo dell’attività svolta dalle Soprintendenze di settore sul territorio.
Non mi si fraintenda, la mia non è e non vuole essere una presa di posizione corporativa, né tanto meno da laudator temporis acti. La prospettiva di un cambiamento profondo della filosofia stessa della tutela, non più settoriale e disciplinare, ma globale, mi sembra una via da provare a percorrere, sia a livello centrale che regionale. Ma non in una logica di meri tagli alla spesa, al contrario come obiettivo culturalmente e politicamente fondato e soprattutto salvaguardando in misura assolutamente paritetica la specificità delle diverse competenze tecnico-scientifiche. Viceversa quanto si va prospettando ora è la subalternità di un settore – e quale settore! - ad un altro, forse burocraticamente più forte perché quei funzionari afferiscono a un Ordine professionale.
Per concludere, da studiosa di Piero della Francesca mi lasci dire che non so davvero immaginare - per fare un esempio retrospettivo - il lungo difficilissimo sapiente restauro del ciclo di affreschi in San Francesco ad Arezzo affidato ad altri che alle raffinate specifiche competenze della soprintendente storica dell’arte Anna Maria Maetzche, che lo diresse giorno dopo giorno sui ponteggi per oltre dieci anni sino alla conclusione e alla sua stessa scomparsa.
A sua disposizione per ogni chiarimento o un eventuale incontro, Le auguro un proficuo lavoro
Marisa Dalai Emiliani Professore Emerito della Sapienza, Università di Roma Roma, 7 luglio 2014
In allegato una testimonianza del 2007:
Al Presidente e ai Colleghi del Consiglio Superiore per i Beni culturali e il Paesaggio La riformulazione della proposta di decreto di riorganizzazione del MIBAC […] di fatto ignora totalmente le questioni di principio da noi ritenute irrinunciabili e le precise richieste che abbiamo formulato nel parere espresso in tre tempi dal Consiglio Superiore circa la precedente, prima proposta di decreto riorganizzativo. La gravità di questa constatazione, per quanto mi riguarda, mette seriamente in forse la mia ulteriore partecipazione ai lavori del Consiglio stesso, vista l’inutilità di un impegno non poco gravoso. In particolare, nella mia veste di Presidente del Comitato tecnico- scientifico per il Patrimonio storico-artistico e demoetnoantropologico - che da tempo si è espresso in modo inequivocabile in proposito - ritengo aberrante e inaccettabile la prevista abolizione della Direzione Generale Centrale per il Patrimonio storico-artistico e demoetnoantropologico, che verrebbe accorpata e riassorbita nella Direzione Generale Centrale per il Patrimonio Architettonico, senza alcuna motivazione di carattere tecnico, organizzativo, gestionale né tanto meno culturale. Avevamo tutti convenuto che la necessità di ridurre le Direzioni Generali Centrali non avrebbe dovuto in alcun modo legittimare accorpamenti di quelle a carattere tecnico- scientifico, a cui il MIBAC deve la sua stessa ragion d’essere. Si intende negare viceversa uno specifico ruolo e l’indispensabile autonomia proprio alla Direzione che dovrebbe garantire unitarietà di indirizzi e metodi scientifici nella tutela del patrimonio artistico nazionale, da un lato, dall’altro del patrimonio demoetnoantropologico, certo non meno ingente. Se quest’ultimo, tra l’altro, è oggi al centro dell’attenzione mondiale in tutti i paesi grazie alla recente Convenzione di salvaguardia della cultura immateriale (“intangible Heritage”) lanciata dall’UNESCO, lascia sgomenti che si possa negare la centralità del patrimonio storico-artistico nell’azione di tutela italiana e insieme la peculiarità delle competenze indispensabili per continuare a garantirla. Mi associo dunque a Mariella Guercio per chiedere che il Consiglio Superiore venga convocato d’urgenza, prima che le Commissioni Parlamentari si esprimano, al fine di una presa di posizione tempestiva e condivisa. Con amicizia (e non poca amarezza) Marisa Dalai Emiliani Presidente del Comitato tecnico-scientifico per il Patrimonio artistico e demoetnoantrolpologico
Roma, 4 giugno 2007
Per ulteriore documentazione si rimanda all'indirizzo: http://www.bianchibandinelli.it/2014/07/11/7-luglio-2014-lettera-aperta-al-ministro-franceschini-di-m-dalai-emiliani/
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